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L’esempio del Maxi Processo istruito da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

by Paolo De Chiara
17 Dicembre 2021
in L'Opinione
Reading Time: 6 mins read
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Questa giornata va ricordata poichè lo Stato, quello vero, per mezzo di Giudici giusti, incorruttibili e non "sensibili" a "pressioni esterne", ha applicato la legge nel senso più alto delle parola e senza se e senza ma, distribuiendo ergastoli ai componenti di "Cosa nostra".

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Quello che è accaduto dopo, è solo vergogna!!!

"Cosa nostra" non essendo riuscita a mitigare le condanne non le accetta reagendo: cerca la vendetta e la cerca proprio minacciando quella classe politica che da sempre aveva colluso con la mafia; uccide l'On. Lima, Democristiano, seguace della corrente andreottiana; uccide uno dei cugini Salvo, uomo di contatto tra mafia, imprenditoria, politica e poteri occulti; minaccia pesantemente di morte altri uomini della DC e loro familiari.

"Cosa nostra" non accetta il fatto che una grande parte di Stato colluso ha "beneficiato" da sempre dei servigi della mafia come il consenso elettorale e molto, altro. Lo stato che fa? Si impaurisce, è terrorizzato: cerca un contatto con la mafia nella persona di Vito Ciancimino che Falcone definiva il "più mafioso dei politici e il più politico dei mafiosi".

Lo stato chiede a Cincimino cosa vuole "Cosa nostra" per fare smettere questo attacco verso gli ex amici politici? Riina e i suoi preparano quel famoso papello con le richieste per finire l'attacco allo Stato. I punti principali che "Cosa nostra" vuole subito sono:

Abolizione dell'ergastolo e abolizione del 41 bis. Poi altri otto punti pro mafia!

Il Governo del tempo queste richieste non può concederle immediatamente, specialmente dopo la strage di Capaci, in quanto l' "opinione pubblica" avrebbe capito e sicuramente reagito a tali concessioni. Comunque, per calmierare "Cosa nostra", il Ministro Conso dispone l'abolizione di più di 300 regimi di 41 bis e lo fa in silenzio, in una notte, senza alcuna pubblicizzazione.

Gli organi di stampa riportano la notizia solo anni dopo. A Cosa nostra non basta! Vogliono tutto e subito. Nel frattempo, Borsellino viene messo al corrente della "trattativa" in atto tra parte dello Stato e "Cosa nostra". Non può un uomo come Paolo Borsellino accettare questo tipo di "accordi, trattative" con la mafia, specialmente dopo che gli avevano ucciso Falcone; sapeva che questo suo "opporsi" avrebbe decretato anche la sua morte!

Accetta fermamente tale scontata previsione e non si ferma: chiede di essere ascoltato dalla Procura di Caltanissetta, fa denunce pubbliche facendo capire lo schifo in essere, dice chiaramente che "la mafia lo ucciderà ma saranno altri a volere la sua morte". Perchè denunciare a Caltanissetta? Credo in quanto organo che stava indagando sulla morte di Falcone e credo anche per competenza; quando un magistrato che fa parte di una Procura, quella di Palermo, non può denunciare e contemporaneamente indagare sulla sua denuncia. Verosimilmente e intelligentemente cerca anche un'unità di intenti tra varie Procure per contrastare tale propositi governativi e mafiosi. Il Governo dell'epoca non può permettersi tale denuncia da parte di Borsellino, sarebbe successo un finimondo: ministri, onorevoli, capi di Stato, esponenti di vertice delle Istituzioni e delle forze dell'ordine, sarebbero stati investiti dallo tsunami di tale denuncia di Borsellino.

Dopo appena 57 giorni dell'attentato a Falcone, Borsellino muore nell'attentato di via D'amelio e tutti sappiamo ormai dei depistaggi e della sparizione dell'agenda Rossa, dove verosimilmente Borsellino aveva trascritto quello che era venuto a sapere. Nel contempo, "Cosa nostra" di Riina vedendo la debolezza e la paura inculcata nei politici tramite le sue minacce, aumenta la "pressione" e compie attentati stragisti in più città: Roma, Firenze, Milano. A questo punto, qualche mente eccelsa, ha il colpo di genio: fa un patto/accordo con l'ala più moderata di "Cosa nostra", quella di Provenzano a cui promettono l'impunità e le future iniziative governative per abolire l'ergastolo e i regimi di carcere duro per i mafiosi.

In cambio lo Stato chiede a tutta l'ala di Provenzano la consegna di Riina e tutti gli stragisti come i Graviano, e questo accade: viene arrestato Riina, i Graviano, Santapaola e molti altri. Lo Stato e i suoi infami politici sono al sicuro. Non permettono al buon colonello Riccio e al suo infiltrato di arrestare Provenzano a Mezzojuso. Arrestano incredibilmente Riccio, chiedendogli insistentemente di consegnare le sue agende dove aveva appuntato i nomi dei politici collusi come riferitogli da Ilardo.

Ilardo, dopo il fallito arresto di Provenzano e dopo che aveva incontrato i magistrati in una dichiarazione di intenti, per una clamorosa e devastante collaborazione, dove non verrà né verbalizzato né registrato, viene rimandato a casa, in attesa di in prossimo incontro, ma anche lui, come Borsellino, verrà in un'incredibile accelerazione, ucciso in un agguato.

Salvatore Borsellino dirà alla figlia di Ilardo, che sta conducendo una battaglia per la verità sulla morte del padre: "coloro che hanno ucciso mio fratello, sono gli stessi che hanno ucciso tuo padre"! 

Verrà ucciso anche un medico illustre e capacissimo, Attilio Manca che operò, per conto dello stato, Provenzano alla prostata in una clinica francese. L'omicidio di Attilio Manca viene fatto passare come un maldestro e incredibile suicidio.

Ora si devono mantenere gli accordi del tempo con "Cosa nostra" facente capo alla parte non stragista di Provenzano e si deve abolire l'ergastolo ostativo e il regime di 41 bis per i mafiosi detenuti… intanto lo stato, nei processi, continua ad auto-assolversi e magistrati onesti e inflessibili continuano ad essere isolati!

Mario Ravidà, già ispettore della Dia

 

 

LEGGI ANCHE:

- Le giustificazioni di Mario Mori

- Stato e mafie: parla Ravidà, ex ufficiale della DIA

 

L'INTERVISTA a Salvatore Borsellino

PRIMA PARTE. «Borsellino: «gli assassini di mio fratello sono dentro lo Stato»

SECONDA PARTE. «Chi ha ucciso Paolo Borsellino è chi ha prelevato l’Agenda Rossa»

TERZA PARTE. Borsellino«L'Agenda Rossa è stata nascosta. E' diventata arma di ricatto» 

 

L'INTERVISTA al colonnello dei carabinieri Michele RICCIO

Prima parte: «Dietro alle bombe e alle stragi ci sono sempre gli stessi ambienti»

Seconda parte: Riccio: «Mi ero già attrezzato per prendere Bernardo Provenzano»

Terza parte: «Non hanno voluto arrestare Provenzano»

Quarta parte: Riccio: «L’ordine per ammazzare Ilardo è partito dallo Stato»

 

IL CASO MANCA: altra vergogna di Stato

LA SECONDA PARTE (Video) - IL CASO MANCA. Un Paese immerso nelle Trattative

- IL CASO MANCA, la seconda parte

- Borsellino sul caso Manca: «Gli stessi assassini di mio fratello Paolo»

- IL CASO MANCA, la seconda parte

- IL CASO MANCA – Una storia tra mafia e Stato corrotto.

 

LA PRIMA PARTE (Video) - Attilio Manca è Stato ucciso

- IL CASO MANCA. Le novità che potrebbero riaprire il caso

 

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Paolo De Chiara

FONDATORE e DIRETTORE WordNews.it - direttore@wordnews.it Giornalista Professionista, iscritto all’OdG Molise. Scrittore e sceneggiatore italiano. È nato a Isernia, nel 1979. In Molise ha lavorato con gran parte degli organi di informazione (carta stampata e televisione), dirigendo riviste periodiche di informazione, cultura e politica. Si dedica con passione, a livello nazionale, alla diffusione della Cultura della Legalità all’interno delle scuole. LIBRI: - Nel 2012 ha pubblicato «Il Coraggio di dire No. Lea Garofalo, la donna che sfidò la ‘ndrangheta» (Falco Ed., Cosenza); - nel 2013 «Il Veleno del Molise. Trent’anni di omertà sui rifiuti tossici» (Falco Ed., Cosenza, vincitore del Premio Nazionale di Giornalismo ‘Ilaria Rambaldi’ 2014); - nel 2014 «Testimoni di Giustizia. Uomini e donne che hanno sfidato le mafie» (Perrone Ed., Roma); - nel 2018 «Il Coraggio di dire No. Lea Garofalo, la donna che sfidò la schifosa 'ndrangheta» (nuova versione aggiornata, Treditre Ed.); - nel 2019 «Io ho denunciato. La drammatica vicenda di un testimone di giustizia italiano» (Romanzi Italiani, finalista del Premio Internazionale “Michelangelo Buonarrori”, 2019). Dal romanzo «Io ho denunciato», nel settembre del 2019, è stato tratto un corto e un medio-metraggio (CinemaSet, vincitore Premio Legalità, Fiumicino 2019). È autore del soggetto e della sceneggiatura del corto e del medio-metraggio «Io ho denunciato. La drammatica vicenda di un testimone di giustizia italiano», 2019 (Premio Starlight international Cinema Award, 77^ Mostra del Cinema di Venezia, settembre 2020). - nel 2022 «UNA FIMMINA CALABRESE» (Bonfirraro Editore). - nel 2023 «UNA VITA CONTRO LA CAMORRA» (Bonfirraro Editore). - Ha collaborato con CANAL+ per la realizzazione del documentario Mafia: la trahison des femmes, Speciàl Investigation (MagnetoPresse). Il documentario è andato in onda in Francia nel gennaio del 2014. Premio "Giorgio Mazzanti", San Salvo, 31 luglio 2025. Premio giornalistico letterario "Piersanti Mattarella", Roma, 30 novembre 2024. Premio Adriatico, «Un mare che unisce», Giornalista molisano dell’anno, Guardiagrele (Chieti), dicembre 2019. Premio Valarioti-Impastato, Rosarno (RC), maggio 2022. Premio Carlo Alberto Dalla Chiesa, San Pietro Apostolo (Catanzaro), agosto 2022. FONDATORE e PRESIDENTE di Dioghenes APS - Associazione Antimafie e Antiusura (dioghenesaps.it) - Ideatore, nel 2022, del Premio nazionale Lea Garofalo (giunto alla IV edizione). - Ideatore, nel 2025, del Premio nazionale Letterario e Giornalistico Pier Paolo Pasolini - www.dioghenesaps.com -- paolodechiara.blog

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