L’OPINIONE di Salvo Germano
Già Italo Calvino nel suo breve racconto del 1980 “Apologo dell’onestà nel paese dei corrotti” aveva già immaginato quello che sarebbe successo in Italia, con maggiore vigore, prefigurando un immaginario paese logorato dalla corruzione. Un paese segnato da uno scambio di favori illegali da porre in essere a coloro che potevano disporre di mezzi e di potere. Un agire in nome di un falso bene comune sotto copertura del diffuso illecito, perché dominato da un sistema economico che abbisogna di cospicui mezzi finanziari per sostenere uno stile di vita con molti soldi, procuratosi per via del malaffare. Calvino aveva capito tutto quando non vi era ancora un sistema di corruzione così diffuso e evidente, nel nostro Paese. Se fosse ancora in vita avrebbe avuto la conferma di quanto da lui scritto, negli anni ’80.
Nella corruzione è implicita una visione antropologica, che diviene dallo stile di vita e si declina in scelte e comportamenti nelle cui radici si insidia la visione globale del male come sistema organico, all’interno del quale vige una propria religione interna.
Nel fenomeno della corruttela viene colto il valore essenziale della conoscenza personale di chi detiene una qualche forma di potere.
L’emblema più elementare in cui si può evidenziare un primigeneo dinamismo di corruzione è la Raccomandazione.
Questa parola, è molto usata e abusata nel nostro paese, in quanto radice di un tessuto sociale prono al sistema dello “scavalco”.
La raccomandazione rende veloce la pratica, fa superare gli ostacoli per i quali si rimarrebbe esclusi, apre porte che potrebbero rimanere chiuse. Spesso la raccomandazione basata sulla conoscenza di qualcuno che conta in quell’ambiente, e che detiene un certo potere, produce la possibilità, ma anche il dovere di restituire il favore. E si instaura così una catena di scambi e di favori, in una rete in cui ad un certo punto è difficile dirimere la soglia tra ciò che è lecito e ciò che non lo è.
E in questa soglia labile tra l’uno e l’altro confine s’annida il terreno di coltura – cultura delle attività illegali e del malaffare, che è mosso da una istanza di normale e ordinaria quotidianità. Ma esiste un livello più alto di corruzione che va al di là della raccomandazione, in quanto, oltre all’elemento conoscitivo del favore, subentra il facile denaro. Ergo, lo scambio di denaro come vantaggio economico, per uno o per entrambi i soggetti coinvolti.
E allora, a questo punto, facendo un salto di qualità verso il male, si passa da una cattiva gestione ad un episodio di tipo corruttivo.
La quotidianità ci pone all’attenzione di fatti eclatanti di malaffare, spesso nella indifferente aquiescenza del sistema in cui “così fan tutti”, e alla fine, in un impeto di indignazione iniziale, finirà col non suscitare reazione e protesta.
Abbiamo assistito alla compravendita di personaggi politici affinché cambiassero casacca, l’intervento chirurgico inutile, la compera della sentenza favorevole da un giudice: sono tutte espressioni tangibili in cui la corruzione genera nella società una percezione più forte, forse perché in quei casi, coinvolge un pubblico ufficiale. Diverso è il fenomeno della piccola regalìa per avere una facilitazione, ma anche essa rappresenta le stesse connessioni di appartenenza, che sottendeno la stessa mentalità e lo stesso modus operandi.
Modus operandi che va portato a consapevolezza nell’opinione pubblica, attraverso i disparati mezzi di comunicazione.
La corruzione ha la stessa faccia di un sistema in cui vige il princìpio di omertà, simile a quello della mafia, poiché le persone divengano complici in un intreccio di interessi, a detrimento e asservimento del più debole.
Il clima di omertà è causa del clima di paura imposto dalle mafie, ma anche il risultato bilaterale della corruzione in cui vige il silenzio tra i due attori: il corrompente ed il corrotto.
Nel periodo in cui assistiamo ad una retromissione del welfare e dello stato sociale, la criminalità trova ampio spazio di azione nel mondo del riciclaggio del denaro sporco, di acquisizione di posti di potere o di vantaggio.
La corruzione non è solo un fenomeno individuale ma si sviluppa in un sistema di “rete”, alla quale partecipano agenti individuali e sociali con interessi privati diversi e col potere di influenza per garantire condizioni di impunità, allo scopo di ottenere che un gruppo di funzionari pubblici o persone private, investite di potere decisionale, svolgano atti illegittimi, che violano i valori etici di onestà e giustizia. Possono anche essere atti illeciti che violano norme legali per ottenere benefici economici o di posizione politica o sociale a detrimento del bene comune.
Gli effetti della corruzione pesano sui poveri, incidono sugli assetti economici, generando immensi danni. Le conseguenze si riflettono anche nell’ambito della vita sociale e politica. Minano il riferimento ad una legge, determinando un venir meno dei rapporti di fiducia e di solidarietà tra le persone e anche delle generazioni future.
Molti giuristi si sono posti diverse riflessioni sul tema. Gustavo Zagrebeleski, già giudice della Corte Costituzionale italiana dal 1995 al 2004, fornisce alcuni elementi analitici del fenomeno. Egli sostiene che la corruzione è diventata il vero humus della vita politica. “Si fa carriera in politica, nel mondo della finanza e dell’impresa solo se si è ricattabili”.
Il meccanismo si basa su uno scambio, un sistema in cui i deboli, i disoccupati che hanno bisogno di lavoro e protezione, promettono fedeltà ai potenti in cambio di protezione. Un meccanismo pervasivo che raggiunge il culmine nei casi di criminalità organizzata come possiamo constatare nella nostra vita quotidiana. Se vivessimo in un Paese in cui i diritti venissero garantiti come diritti e non come favori saremmo donne e uomini liberi.
Ecco perché dobbiamo chiedere che i diritti siano garantiti dal diritto, e non serve prostituirsi per ottenere un diritto, ottenendolo come favore.
La corruzione è fenomeno dilagante che segna l’Italia, profondamente, toccata dalla criminalità organizzata e dalle mafie, ma anche da una illegalità diffusa, conseguenza delle disuguaglianze sociali, non solo della nostra nazione ma a livello globale.
Il termine corruzione adduce a sé un riferimento al cuore in frantumi. Ciò non afferisce alla sfera affettiva, piuttosto all’etimologia insita nel termine cor-ruptum aprendo a considerare come il cuore sia la sede di leggi non scritte e luogo decisionale delle persone.
Retaggio della cultura semitica attestata dai testi biblici.
Di qui la corruzione può aprirsi ad una narrazione del venir meno alla responsabilità, all’incapacità ad aprirsi al bene comune e quindi all’abdicazione ad ogni riferimento etico, ergo alla crescita dell’umanità.
La corruzione è legata ad una visione individualista dell’esistenza, che volge lo sguardo al proprio interesse personale che mina la società ed il vivere civile. Il corrotto non conosce la fraternità, l’amicizia ma la complicità: o amico o nemico.
A nulla valgono i moniti del Presidente Sergio Mattarella, che al suo lontano insediamento, parlando della corruzione, esordì dicendo che essa erode risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini. Favorisce le consorterie e penalizza gli onesti e i capaci “un cancro pervasivo, che distrugge le speranze, impone gioghi e sopraffazioni, calpesta diritti”.
Se non combattiamo per porre termine alla corruzione e al marciume, finiremo per farne parte anche noi.





