Diciotto anni dopo, la verità è emersa dalle tenebre della camorra. È stato fatto luce sull’omicidio di Pasquale Aiello, ucciso a sangue freddo nel cuore di Castellammare di Stabia. Dopo lunghe indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, sono stati arrestati il presunto killer e i mandanti dell’esecuzione ordinata dal clan D’Alessandro.
L’ordine di morte partì da un summit clandestino, convocato in un palazzo abbandonato di Castellammare, quartier generale del clan. A prendere parte all’incontro, secondo gli inquirenti, fu anche Vincenzo Ingenito, 48 anni, già detenuto per essere ritenuto il mandante di un altro efferato delitto: l’omicidio di Pietro Scelzo, detto ‘o nasone, freddato nei vicoli del rione Capo Rivo il 18 novembre 2006.
Aiello fu condannato a morte dal clan per aver venduto armi appartenenti all’organizzazione senza autorizzazione. Una violazione punita con una spietata esecuzione: secondo la ricostruzione degli investigatori, Vincenzo Guerriero si presentò una notte alla porta della madre di Aiello, dove quest’ultimo viveva, fingendosi un fattorino delle pizze. Una volta ottenuto l’accesso, estrasse una pistola calibro 7,65 e sparò senza pietà. Ad attenderlo in strada, pronti a garantirgli la fuga, c’erano altri due complici in moto.
Gli arresti, giunti a distanza di quasi due decenni, testimoniano la persistente capacità criminale del clan D’Alessandro, che continua a rappresentare una potenza pericolosa nel panorama della criminalità organizzata. Nonostante le numerose condanne e gli ergastoli inflitti ai vertici, la struttura camorristica viene tuttora considerata, dalla DDA, attiva, ramificata e letale.
Il clan vanta interi arsenali a disposizione, ed è al centro di un sodalizio con la ’ndrangheta, consolidatosi nel tempo attraverso il traffico internazionale di stupefacenti. Proprio in questo settore, la ’ndrangheta si impone come uno dei cartelli criminali più forti a livello globale, fornendo al clan D’Alessandro canali privilegiati e sicuri per importare droga da Sud America e Asia.
I milioni di euro ricavati vengono poi reinvestiti nell’economia legale, non solo in Italia ma in tutta Europa e perfino oltre oceano, attraverso società di comodo, attività commerciali e immobili di lusso.
Una rete criminale che unisce violenza, affari e silenzi. E che, anche dopo 18 anni, continua a lasciare dietro di sé una lunga scia di sangue, paura e denaro sporco.




