Non c’è spazio per i testimoni di giustizia nella nuova narrazione dell’antimafia targata Colosimo. A nulla sono servite le richieste, le lettere, le sollecitazioni: la presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Chiara Colosimo, ha scelto il silenzio. Non un incontro, non un’audizione, non una parola rivolta a chi, con il coraggio delle proprie denunce, ha messo in ginocchio boss, clan e sistemi criminali.
Un diritto negato, certo. Ma anche un messaggio politico chiaro: per Colosimo e per questo governo, i testimoni di giustizia non contano nulla. Peggio ancora: sono un ostacolo. Fastidiosi, scomodi, da rimuovere dal discorso pubblico.
E mentre Colosimo ignora, Nicola Molteni, sottosegretario agli Interni e presidente della Commissione Centrale ex art. 10, si muove sulla stessa lunghezza d’onda. Lascia tutto nelle mani del Servizio Centrale di Protezione, un apparato sempre più opaco, inaccessibile e lontano dai bisogni reali di chi ha rotto il muro dell’omertà.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: testimoni di giustizia dimenticati, abbandonati, lasciati soli di fronte alle ritorsioni. E con loro viene cancellato il lavoro decennale di chi, in Parlamento, aveva provato a costruire una vera tutela, una vera giustizia.
“Cara” presidente Colosimo, dal suo scranno parla di verità, legalità, lotta alle mafie. Ma allora, risponda pubblicamente: perché i testimoni di giustizia non meritano di essere ascoltati? Perché questa esclusione deliberata? È forse loro la colpa di aver denunciato, di aver spezzato legami, di aver mostrato il volto del potere corrotto?
Oggi, questa classe politica sembra aver decretato che i testimoni di giustizia sono nemici. Una sentenza che – nella sua brutalità – ricorda più la camorra che la Costituzione. E questo è un abisso in cui non si può più tacere.
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