La strage quotidiana a Gaza avviene sotto gli occhi del mondo intero. L’opinione pubblica globale si è espressa chiaramente contro il genocidio palestinese, eppure la macchina della guerra continua a macinare vittime con il sostegno del cuore dell’impero occidentale, incapace di accettare un dissenso popolare sempre più diffuso.
La finanza sionista, con il suo potere di influenza, appare oggi in grado di condizionare l’intera economia internazionale, incidendo persino sulla nomina del presidente degli Stati Uniti e sulle scelte politiche della superpotenza mondiale. I suoi interessi si intrecciano inevitabilmente con l’industria degli armamenti, favorendo il moltiplicarsi dei conflitti e alimentando la spirale della violenza.
Attraverso un sapiente controllo della comunicazione, è riuscita a diffondere una pericolosa confusione: quella tra antisionismo e antisemitismo. Una falsificazione che viene smentita da numerosi ebrei nel mondo, che denunciano pubblicamente come il sionismo non rappresenti l’ebraismo, ma un progetto politico di sopraffazione.
Sionismo e ideologia della sopraffazione
Il sionismo, nella sua versione più estrema, non cerca convivenza, ma occupazione. Non promuove pace, ma dominio. Si fonda sull’idea di espropriare un popolo della propria terra, calpestando i suoi diritti fondamentali, in una logica che richiama da vicino le tragedie del nazismo e del fascismo.
Con la propria potenza e la capacità di ricatto, le élite che sostengono questo disegno stanno progressivamente erodendo le organizzazioni internazionali che avrebbero dovuto garantire la convivenza pacifica tra i popoli. Sono la massima espressione di un neoliberismo decadente e di una globalizzazione fallimentare, dove la democrazia diventa un ostacolo da smantellare.
Dalla Palestina all’Ucraina: lo spettro della guerra globale
Il genocidio palestinese si intreccia con un’altra tragedia del nostro tempo: la guerra in Ucraina. Due conflitti che, pur diversi, finiscono per convergere in un’unica dinamica di destabilizzazione globale. Il rischio di una nuova guerra mondiale, con l’ombra dell’arma nucleare, non è più un’ipotesi da escludere ma una minaccia concreta.
Il futuro dell’umanità appeso a un filo
Questa situazione alimenta una angoscia collettiva: la percezione di un futuro senza prospettive, soffocato da conflitti che vengono alimentati scientificamente per mantenere lo status quo. Il genocidio di Gaza diventa così la cartina di tornasole per comprendere non solo il destino della Palestina, ma quello dell’intera umanità.
Se non si troverà il coraggio di spezzare questo meccanismo perverso, saremo trascinati verso un baratro senza ritorno. Impedire il genocidio palestinese non significa soltanto salvare un popolo: significa salvare la dignità, la giustizia e il futuro dell’umanità intera.





