«Ti insegnano a non splendere. E tu splendi, invece» esorta Pier Paolo Pasolini nella Lettera Luterane inviata a Gennariello il 29 maggio 1975. Il poeta friulano invita Gennariello a non lasciar vincere i campioni dell’infelicità, i «destinati a morire», di non arrendersi all’imposizione alla rinuncia alla vitalità.
Cinquant’anni dopo queste imposizioni sociali, in maniera più subdola ma allo stesso tempo strutturale, serpeggiano, dilagano, sono presenti nella società. I “gennarielli” moderni a cui si tenta di imporlo sono, soprattutto, le vittime, le persone più fragili, spesso indifese. Identificate come mera categoria sociale che deve adempiere ad un copione. Le donne sopravvissute alla violenza maschile, le vittime di ogni violenza maschile, sono tra le più bersagliate, additate, troppo spesso dai media, sui social e ovunque.
Ma così non è, non deve essere, non può essere. La violenza non cancella la vita, la violenza non cancella l’umanità, non rende non persone. Non è la vittima, la sopravvissuta, che deve subire imposizioni, che deve essere confinata. Si può rinascere, si può continuare a vivere, si continua ad avere un cuore, un’anima, un corpo vivo e vitale, si può continuare a splendere.
«Dalle ferite profonde – come ci insegna Alda Merini – possono nascere farfalle». Di vita, di arte, di colore, di poesia, di note e melodie sul pentagramma della vita. «Gli uomini sono bruchi prima di diventare farfalle. Ma ci sono uomini che fanno mettere le ali alle donne, altri che le calpestano» scrisse sempre Alda Merini.
Queste due frasi della poetessa milanese, ancora oggi, ci donano insegnamenti fondamentali. Il primo è fin troppo lineare, dovrebbe essere scontato in una società che sia degna di esser tale. E, proprio per questo, invece viene omessa e negata, quotidianamente, da coloro contro cui si scagliava Pasolini cinquant’anni fa. La violenza contro le donne non è tema femminile, è una responsabilità maschile. E non la vittima a dover giustificare la vita e la vitalità quando sopravvive e continua a colorare e suonare, è il violento e solo il carnefice che deve essere giudicato e condannato. E l’impegno nel contrasto alla violenza maschile contro le donne deve essere collettivo, di tutte e soprattutto di tutti. «Nessuna donna dovrebbe sentirsi sola nel suo percorso di rinascita» è stata la riflessione condivisa dall’assessora alle politiche sociali del Comune di Vasto Anna Bosco nel marzo di quest’anno. «Spesso, chi vive queste situazioni non ha la forza di denunciare da solo e ha bisogno del nostro supporto, della nostra attenzione e della nostra volontà di agire – è proseguita la riflessione – Il silenzio non protegge: mette solo a rischio altre vite». Un silenzio che va infranto impegnandosi ogni giorno contro ogni subcultura maschile sessista, violenta e intimidatrice, contro ogni pretesa di dominio e possesso maschile, a sostegno della rinascita, della vita, dei colori della vitalità da parte di tutte e, soprattutto, di tutti.
La seconda è che le farfalle sono diritto di ogni donna, di ogni vittima, e possono volare, continuare a volare, donare dono.
È diritto di ognuna poter vivere, colorare, esprimere arte e poesia. Senza doversi giustificare, senza essere additata, senza dover aver paura. Alice non ha paura, splendono i colori della sua arte, l’arte che si impegna contro la violenza contro le donne. Ce lo racconterà dal 14 novembre nell’ala Quarto della Marchesa di Palazzo d’Avalos a Vasto la curatrice della mostra “Alice non ha paura – L’arte contro la violenza di genere” Ilaria Centola. Una mostra di arte contemporanea promossa dal Comune di Vasto in collaborazione con l’Associazione Dafne ETS, che gestisce per conto del Settore Welfare e Servizi Sociali il Centro Antiviolenza DonnAttiva, sostenuta dalla Regione Abruzzo e realizzata in sinergia con il Comitato per l’Imprenditoria Femminile della Camera di Commercio Chieti Pescara. L’inaugurazione ci sarà con un vernissage venerdì 14 novembre alle ore 17, la mostra sarà aperta al pubblico dal martedì al giovedì dalle 10:00 alle 12:00, il venerdì dalle 16:00 alle 19:00, il sabato e la domenica dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 16:00 alle 19:00.
«Il percorso espositivo si sviluppa come un viaggio emotivo e simbolico che attraversa le molteplici dimensioni della violenza e della rinascita – riporta l’Amministrazione Comunale di Vasto – Dalla condizione di silenzio e invisibilità delle vittime, alla rappresentazione del corpo ferito e violato; dalla voce che rompe il muro della paura fino alla forza della resistenza, della sorellanza e del riscatto. A chiudere il percorso, l’arte stessa si fa testimone e azione: un linguaggio universale capace di denunciare, curare e trasformare. L’iniziativa si inserisce nel quadro di un impegno costante che Vasto porta avanti da anni, in rete con istituzioni, associazioni e forze dell’ordine, per costruire una comunità capace di riconoscere, prevenire e contrastare ogni forma di violenza».
«Attraverso questa mostra – afferma il sindaco Francesco Menna – le artiste e gli artisti esprimono un potente messaggio di denuncia, che si unisce al lavoro quotidiano svolto dal Centro Antiviolenza DonnAttiva e dalle tante realtà del territorio».
Un messaggio condiviso anche dall’assessora alle Politiche sociali Anna Bosco, che sottolinea come «in un tempo in cui le parole rischiano di perdersi nel rumore, l’arte ci restituisce il tempo della riflessione, ci invita a comprendere e ad agire. Perché nessuna donna debba più sentirsi sola e perché la cultura continui ad essere strumento di libertà e di cambiamento. Un ringraziamento particolare va a Licia Zulli ed a tutte le professioniste che lavorano nel Centro Antiviolenza di Vasto oltre che con l’Associazione Dafne».
Per l’assessore alla Cultura Nicola Della Gatta, «la cultura è un presidio fondamentale contro ogni forma di violenza. Le opere esposte parlano con una forza che arriva dritta alle coscienze, trasformando l’esperienza artistica in impegno civile. Palazzo d’Avalos diventa così non solo luogo di bellezza, ma spazio in cui la comunità si riconosce, riflette e cresce nella consapevolezza».
«L’arte non dà soluzioni, ma interroga, provoca, illumina ciò che – spiega la curatrice Ilaria Centola – spesso resta nascosto o ignorato. Non cambia il mondo da sola, ma cambia le persone. E le persone cambiano il mondo. Per questo un percorso espositivo tematico contro la violenza di genere può diventare uno strumento educativo, emotivo e culturale potentissimo».
Il Centro Antiviolenza DonnAttiva rappresenta da anni un punto di riferimento per le donne che subiscono violenza, garantendo ascolto, accoglienza, supporto psicologico e legale, ma anche promuovendo progetti di educazione all’affettività e iniziative di sensibilizzazione rivolte a tutta la cittadinanza. La mostra “Alice non ha paura” nasce dunque come un tassello di questo percorso condiviso, in cui il linguaggio dell’arte diventa veicolo di consapevolezza, cura e trasformazione. Un invito a guardare, a sentire e a scegliere ogni giorno da che parte stare. L’inaugurazione è prevista per venerdì 14 novembre, alle ore 17:00, a Palazzo d’Avalos. Saranno in mostra le opere dei seguenti artisti: Isobel Blank, Antonella Casazza, Humberto Cazorla, Carolina Cuneo, Sabrina D’Alessandro, Gianni De Paoli, Roberta Gatto, Barbara Grossato, Marc Vincent Kalinca, Gabriella Kuruvilla, Giovanna Lacedra, Max Marra, Florencia Martinez, Mistiche Nutelle: Oscar Baccilieri, Vittorio Dario Brocadello, Mauro Luccarini, Maurizio Mantovi, Adriano Tetti, Michele Penna, Quena, Paolo Saladini, Livia Spinolo, Diego Tomasoni, Federica Zianni.





