41 bis: lettera aperta dei familiari delle vittime di mafia

«Siamo indignati e disgustati dalla politica promossa da questo governo che libera pericolosi criminali, che in virtù di un giuramento suggellato con il sangue (la punciuta), saranno sempre mafiosi con al soldo, uomini pronti ad eseguire eventuali vendette. Lo Stato oggi ha perso».

41 bis: lettera aperta dei familiari delle vittime di mafia
ph, fonte informareonline.com

Il CELM, Comitato Europeo per la Legalità e la Memoria, con sede a Foligno e Palermo, costituito da componenti della società civile e da familiari di vittime di mafia, nella persona del Suo Presidente, Prof. Pippo Di Vita, desidera porre all’attenzione della Stampa nazionale, delle autorità governative, politiche ed istituzionali, del mondo della cultura, della società civile, delle associazioni e dei cittadini tutti, quanto sta succedendo, in questi giorni, relativamente alla riduzione da 41 bis allo stato di detenzione domiciliare, di boss mafiosi, condannati per aver ucciso vittime della mafia, che li hanno combattuti in nome dello Stato Italiano e per il bene dei cittadini.

Con estremo rammarico e preoccupazione si apprende che, un funzionario in comando presso la DG Detenuti e Trattamento, del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia e Direttore della UOC Medicina protetta – Malattie infettive del Presidio ospedaliero Belcolle di Viterbo, con una nota del 19 marzo scorso, in riferimento allo stato di emergenza nazionale Covid 19, ha comunicato, al Dr Giulio Romano, Direttore dello stesso Dipartimento, in cui esso si trova in stato di comando, un elenco di patologie che potrebbero apportare complicanze nei detenuti, in caso di infezione da coronavirus.

Ciò non porterebbe alcun problema, se si trattasse semplicemente ed ovviamente di una comunicazione per trovare delle soluzioni di messa in sicurezza sanitaria, all’interno dello stesso contesto carcerario, per quei detenuti affetti da patologie, che potessero compromettere, in caso d’infezione, la loro vita o portare a gravi complicazioni.

Ma, sottolineo, tale operazione dovrebbe svolgersi solo ed esclusivamente trovando soluzioni adeguate all’interno di spazi adeguati, sempre in un contesto carcerario di un istituto di pena (si pensi, a proposito, per favorire la soluzione al problema del distanziamento sociale, se ci fossero carenze di celle, alla possibilità di utilizzare quelle delle carceri militari, ormai tutte in disuso).
Ma il fatto diviene sconcertante ed assume una gravità inaudita, in quanto, sulla base di tale segnalazione, la D.ssa Assunta Bozzacchiello, per conto del Direttore Generale Dr Romano, in data 21/03/2020, invia una nota a tutti i Provveditori ed ai Direttori degli istituti penitenziari nazionali, in cui si richiedono i nominativi dei detenuti, che si trovassero “nelle predette condizioni di salute”, “per le eventuali determinazioni di competenza”.

Viene, infine richiesta, tra l’altro, l’”esistenza di familiari che effettuano colloqui” e la “disponibilità di un domicilio”. Ma è ancor più aberrante il fatto che alcuni di questi sanguinari mafiosi, come Bonura, Sansone e Santapaola (quest’ultimo, tanto per intenderci, è colui che decise la morte di Giuseppe Fava) i primi ad essere stati ridotti in stato detentivo domiciliare, o che lo saranno a breve, con tutto il carico di brutale bestialità, sono uomini che hanno ucciso persone onorate nel pieno del loro servizio istituzionale di lotta alla mafia, rappresentando lo Stato ed adesso lo Stato li ripaga in questo modo deplorevole.

Oggi per tutti i familiari delle vittime di mafia, è una giornata triste. Ma lo dovrebbe essere per tutti i cittadini onesti. Nessuna, delle famiglie che si sono viste sopprimere il suo familiare, nel pieno del proprio servizio, avrebbe mai chiesto la pena di morte, per dei vili assassini e mafiosi, tuttavia, mai si potevano aspettare la scarcerazione (perché per questa gente gli arresti domiciliari questo sono) di capi mafia e boss che hanno ucciso centinaia di persone e reso la Sicilia una terra di sangue e desolazione.

Siamo indignati e disgustati dalla politica promossa da questo governo che libera pericolosi criminali, che in virtù di un giuramento suggellato con il sangue (la punciuta), saranno sempre mafiosi con al soldo, uomini pronti ad eseguire eventuali vendette.
Lo Stato oggi ha perso.

È assolutamente vero, che in uno Stato di democrazia bisogna salvaguardare la vita e la salute di tutti i cittadini, anche, conseguenzialmente, quella dei detenuti, ma un paese realmente democratico non può dimenticare il passato (altrimenti sarebbe condannato a riviverlo), cancellando, con una spugna, fatta di buonismo e di falsa umanità, condanne di uomini che hanno sposato la mafia, per il loro tornaconto spregiudicato e per i loro sporchi affari criminali.

Chiediamo a “voce alta”, a tutti indistintamente di farsi portavoce di questa grave situazione, attuata da un dirigente dello Stato, e chiediamo alla politica tutta, fino alle alte cariche dello Stato, di far si che questa decisione venga annullata e si continui a mantenere in galera, a continuare a pagare il loro debito con le vittime e con lo Stato, pur apportando i dovuti accorgimenti per non compromettere la loro salute. 

Ci rivolgiamo, altresì, al capo dello Stato, Presidente Sergio Mattarella, in quanto anche Lui familiare i vittima di mafia.

In Fede
Foligno, 22 aprile 2020

Il Presidente
Prof. Pippo di Vita

Sottoscritto dai familiari delle vittime di mafia soci del CELM:
Andreozzi Francesca (nipote di Beppe Fava)
Castelbuono Antonio (figlio del vigile urbano Salvatore)
Chinnici Giovanni (figlio del giudice Rocco)
Costa Michele (figlio del giudice Gaetano)
Mancuso Carmine (figlio del maresciallo di polizia Lenin)
Nuccio Francesco Paolo (figlio dell’artificiere dell’esercito Pasquale – Strage di Ciaculli)
Piazza Andrea (fratello dell’agente di polizia Emanuele)
Rizzotto Placido (nipote del sindacalista corleonese Placido)
Centro Studi “Pio La Torre”