«Alla fine mollerò: perché fare sta vita per far eleggere sta gente anche no»

Lo scandalo delle chat pubblicate dei gruppi di Fratelli d'Italia.

«Alla fine mollerò: perché fare sta vita per far eleggere sta gente anche no»

“Non avrò più rapporti con i gruppi parlamentari. Molto sconfortante”.

È questa la reazione della Premier Giorgia Meloni dopo che “Il Fatto Quotidiano”, circa una settimana fa, ha pubblicato alcuni scatti delle chat di gruppo di Fratelli d'Italia. La discussione all'interno dei gruppi parlava dell'elezione di un giudice della Corte Costituzionale, Francesco Saverio Marini, che è avvenuta martedì ma che è fallita. Ma su questo ci torniamo dopo.

Come dicevamo settimana scorsa “Il Fatto Quotidiano” pubblicava alcune foto di una chat: la chat è quella dei deputati della precedente legislatura ed è composta da 34 deputati e 32 tra ex parlamentari, dirigenti di partito e componenti degli staff.

La mattina del venerdì, alle 11,30, veniva inviato un messaggio con la convocazione da parte dei capigruppo di Camera e Senato Tommaso Foti e Lucio Malan:

“Attenzione, martedì 8 ottobre, ore 12,30, indispensabile la presenza di tutti al voto per la Corte Costituzionale. Eventuali missioni vanno rimandate o annullate”.

Lo stesso messaggio arrivava quasi contemporaneamente anche nelle chat degli altri partiti della maggioranza, Lega e Forza Italia. È importante questa votazione perché le ultime sette sono andate a vuoto. Quindi tutti puntavano sull'ottava: l'appuntamento per il successivo scrutinio era fissato per martedì 8 ottobre alle ore 12.30, con la convocazione del Parlamento in seduta comune, e a deputati e senatori di Fdi era stato ricordato con un messaggio che

“devono essere tassativamente presenti” in Aula.

L’accordo in maggioranza sul nome è stato trovato. In corsa c’erano il consigliere giuridico della premier Francesco Saverio Marini e il segretario generale di Palazzo Chigi Carlo Deodato. Pochi minuti dopo, proprio quel messaggio finisce sui siti. E la premier si arrabbia. Alle 16,17 scrive nella chat dei parlamentari minacciando addirittura le dimissioni. La sottosegretaria all’Interno Wanda Ferro è solidale:

“Immagino come ti senti”.

Paola Frassinetti:

“Resto senza parole e con tanta rabbia e delusione”.

Guido Crosetto aggiunge:

“Beh, però penso che lavorandoci un po’ gli o l’infame si trova”.

E a quel punto Meloni replica:

“Questo è ovvio. Pensi che non lo sappia già? Ma questo non cambia la natura delle cose”.

Il deputato Salvatore Deidda, spaventato, scrive:

“Io spero che chi sia stato faccia ammenda e capisca che ci sta danneggiando quotidianamente”.

Ma la premier risponde:

“Ma quale ammenda, c’è gente che per una citazione sul giornale si vende la madre  Solo non capisco come facciano a stare con noi che siamo sempre stati tutt’altro. Detto questo mi taccio prima che esca qualcosa pure da qui”.

Successivamente i parlamentari prendono in giro il ministro Matteo Salvini per i disservizi nei trasporti pubblici.

“Comunque hai notato che con me e Galeazzo come funzionano i trasporti? Impeccabili”,

scrive il presidente della Commissione Trasporti Salvatore Deidda. Meloni scherza:

“Ah sì, il blocco della linea. Ma sono molto soddisfatta invece. Pensavo saremmo tornati al dorso di mulo e invece ci sono ancora i treni dopo due anni”.

Chiude il deputato Marco Osnato:

“Tutto per non far dire che “con noi i treni arrivano in orario”! Bravi, strategia geniale…”.

E qui le citazioni sono tutt'altro che confuse; si nota benissimo che, seppur con tono scherzoso, in riferimento è sempre al ventennio fascista.

In passato erano già uscite chat, sempre di appartenenti a Fratelli d'Italia, quando per il 31 agosto, giorno in cui la premier era stata a Caivano, i dirigenti invitavano persone per sostenerla:

“Signori, giovedi mattina ci sarà il presidente Meloni a Caivano per il grave accaduto. L’appuntamento è per le 10 al Parco Verde presso la chiesa di S. Paolo Apostolo di Don Patriciello. Dobbiamo mobilitarci per portare persone, ma non con simboli di partito. Le persone devono sembrare persone qualunque che accolgano Giorgia festanti anche per bilanciare eventuali contestatori (lì sarà pieno di redditi di cittadinanza). Diamo queste indicazioni e non pensiamo di fare il codazzo dei politici e i selfie per noi”.

Nonostante l'invito a non far circolare i messaggi, questi erano stati dati in mano alla stampa.

Da sabato pomeriggio, però, nella chat dei parlamentari di Fratelli d’Italia cala il silenzio assoluto. Dopo lo sfogo della premier Giorgia Meloni, che minacciava le dimissioni contro le “infamie” dei suoi compagni di partito, la minaccia di fare un esposto per la fuga di notizie da parte del Ministro della Difesa Guido Crosetto e il fallito blitz per eleggere il giudice della Corte Costituzionale, i meloniani preferiscono non scrivere più niente per evitare che altri messaggi vengano “venduti” ai giornali.

Nel frattempo, però, è scoppiato il caso politico con la “caccia alla talpa” che avrebbe rivelato la conversazione. E ci sono state delle conseguenze: la prima è stata la decisione di votare scheda bianca martedì mattina scorso sul giudice della Corte Costituzionale, dopo la scelta delle opposizioni di uscire dall’aula. Però il blitz è fallito.

Nel frattempo all'interno del gruppo i componenti sono rimasti gli stessi, compresa la premier, ma hanno preferito evitare di scrivere qualsiasi cosa, anche per commentare quello che stava uscendo sui giornali.

Andando alla votazione del giudice per la Corte Costituzionale, l'obiettivo era quello, era difficile trovare un accordo perché è questione abbastanza delicata: ù

richiede una maggioranza molto ampia (i tre quinti, quindi 363 voti, mentre il centrodestra al momento arriva solo a 360 escludendo vari impegi istituzionali dei ministri o deputati).

Fino al giorno dei messaggi erano state 7 le votazioni ma erano andate tutte con una “fumata nera”, e così avevano trovato la soluzione per l'ottava che si è svolta martedì. All'uscita dei messagi pubblicati dal Fatto Quotidiano le opposizioni hanno protestato e così anche l'ottava votazione è risultata un nulla di fatto.

La decisione di rinunciare alla conta su Francesco Saverio Marini per l'elezione del giudice costituzionale, poi non andata in porto, sarebbe maturata la mattina del martedì intorno alle 11. Fino alla sera prima tra Palazzo Chigi e i capigruppo di centrodestra sono proseguiti frenetici contatti, per verificare i numeri dell'operazione. La convinzione della coalizione e della premier Meloni era quella di tirare dritto, poi, sempre raccontato da un esponente della maggioranza, è venuto meno un pacchetto di voti e si è deciso di tornare sullo schema della scheda bianca. Tra l'altro, tutti i gruppi della maggioranza avevano fornito l'elenco degli assenti, malati compresi. Arriva pure la rivelazione di sottosegretario

“in tanti avevano rinunciato alle missioni”.

Alla fine, le schede bianche sono state 323 (per il quorum servivano 40 voti in più), le schede nulle dieci, 9 i voti dispersi e nessun astenuto. Ma alcuni nel centrodestra, seppur presenti a Montecitorio, non hanno neanche votato dopo che è stato deciso di optare per la scheda bianca.

E qui la domanda sorge spontanea: è giusto che i giudici della Corte Costituzionale, ultimo scalino per la costituzionalità di una legge, siano massima espressione dei vari governi di turno?