Attacco al testimone di giustizia

L'ennesima denuncia del collaboratore di giustizia.

Attacco al testimone di giustizia


Sembra un atto persecutorio quello del collaboratore di giustizia ai danni del Testimone di Giustizia Gennaro Ciliberto. Un attacco che non si limita ad essere singolo bensì rivolto a tutti i Testimoni di Giustizia, in modo di non farli rendere più credibili agli occhi degli inquirenti. Almeno questo sembra l'unica spiegazione.

E dopo diversi attacchi dell'ex camorrista ai danni del Testimone Ciliberto (ricordiamo la differenza tra testimoni e collaboratori), che sono stati documentati dal nostro giornale e che potete consultare nei link alla fine dell'articolo, arriva l'ennesima denuncia, volta a stancare e colpire l'operato di Ciliberto, e non solo.

Ma i fatti parlano chiaro e di questo vogliamo adesso accennarvi e  approfondiremo in seguito.

Il 14 agosto veniamo a sapere di questa denuncia di Fiore D'Avino ai danni di Gennaro Ciliberto, rispettivamente collaboratore e Testimone di Giustizia. Sorge un problema:

l'udienza è stata fissata al 10 settembre successivo a nemmeno un mese di distanza.

Da qui si intende pure la mancanza dello Stato nell'aiutare e nel dare la possibilità di difendersi a chi sta passando momenti difficili per la scelta fatta. Il testimone Ciliberto, con il programma di protezione da poco riattivato, ha avuto meno di un mese di tempo per organizzare la sua difesa, insieme ai suoi legali. E non sono pochi gli sforzi, psicologici e non, che si è trovato davanti e ha dovuto affrontare.

Grazie alla sua forza di volontà, e alla bravura dei suoi legali, si arriva in tempo ad organizzarsi per l'udienza del 10 settembre. Reato contestato: calunnia. È questa l'accusa. Ma il 10 settembre è arrivata la sentenza del G.I.P. che accoglie la richiesta di archiviazione del P.M.

Scrive il G.I.P.

“ritenuto che debba darsi seguito alla richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico Ministero, che ha correttamente rappresentato l'impossibilità di formulare alcuna ragionevole prognosi di condanna nei confronti della persona sottoposta ad indagini, attesa la ricorrenza di dubbi in ordine: alla riferibilità dei fatti alla persona indagata; alla portata diffamatoria del contenuto delle proposizioni oggetto del procedimento; alla tempestività della querela in atti; argomentazioni che non si prestano ad essere scalfite da quanto argomentato in funzione dell'opposizione alla richiesta di archiviazione”.

Tutte le varie accuse che sono state mosse dal collaboratore hanno avuto l’esclusivo intento di perpetrare, ancora una volta, una persecuzione giudiziario-mediatica? A erodere la personalità del Ciliberto, animata dai più alti ideali? A danneggiarne la sua pubblica immagine fino a tentare di non farlo rendere credibile?

I legali del Ciliberto hanno dichiarato: 

"Il procedimento originava da denuncia per diffamazione presentata dal D’Avino Fiore contro il Ciliberto Gennaro, testimone di giustizia.

All’esito delle attività investigative del Pubblico Ministero e delle memorie difensive di questi difensori, il G.I.P. archiviava il procedimento per assoluta infondatezza della denuncia di reato per diverse ragioni, in particolare, ravvisando l’assoluta inesistenza della riferita portata diffamatoria delle affermazioni del Ciliberto, nonché del tenore delle affermazioni incriminate dal D’Avino.

Preme rilevare, con profondo rammarico, come un testimone di giustizia, che ha diligentemente agito in nome della legalità e dell’intera comunità civile, sacrificando la propria vita ed esponendosi a mortali pericoli, debba ancora, dopo oltre un decennio, difendersi da solo da accuse manifestamente infondate e infamanti, con l’ausilio delle proprie forze e con gli esigui mezzi economici a cui la condizione di testimone manifestamente si accompagna."

 

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