«Credo che qualcuno abbia festeggiato troppo senza essersi fatto bene i conti in tasca»

L'INTERVISTA all'onorevole Mario Giambona, deputato all'ARS (Assemblea Regionale Siciliana) in quota Partito Democratico.

«Credo che qualcuno abbia festeggiato troppo senza essersi fatto bene i conti in tasca»


La riforma sull'autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perchè?

Assolutamente contrario. So che potrebbe sembrare una presa di posizione, ma potrei elencare autorevoli pareri sui possibili effetti negativi dell’Autonomia differenziata riguardanti la compromissione della già fragile unità del Paese.

Banca d’Italia, ad esempio, nonostante abbia espresso considerazioni favorevoli agli emendamenti migliorativi apportati al testo della riforma, afferma tuttavia alcuni profili problematici che riguardano l’impatto di tale processo sull’efficienza economica, sul coordinamento della finanza pubblica, nonché sull’uniformità territoriale del grado di tutela dei diritti civili e sociali.

Potrei proseguire con le preoccupazioni espresse da SVIMEZ, GIMBE o, in ultimo, dalla Commissione Europea. L’offerta dei servizi pubblici non può e non deve dipendere dalla Regione in cui si risiede, il gap Nord-Sud va colmato, non ampliato.

Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?

Credo che qualcuno abbia festeggiato troppo senza essersi fatto bene i conti in tasca. L’attuazione del regionalismo differenziato ovvero l’attribuzione di funzioni aggiuntive alle regioni a statuto ordinario, avverrà attraverso un procedimento di approvazione delle intese fra Stato e Regione e in subordine alla definizione dei cosiddetti Livelli essenziali delle prestazioni - LEP. E proprio al riguardo si pone in evidenza che le clausole finanziarie della norma indicano che dall'applicazione della stessa e di ciascuna intesa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e, al contempo, che qualora dalla determinazione dei LEP derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica si potrà procedere al trasferimento delle funzioni solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di stanziamento delle risorse finanziarie volte ad assicurare i medesimi livelli essenziali delle prestazioni sull'intero territorio nazionale. Bene, a tal proposito ritengo impossibile che non vi sarà un aggravio di spesa.

Come espresso dallo stesso Ufficio parlamentare di bilancio, l’introduzione di LEP che implichino l’aumento dei livelli delle prestazioni nelle realtà più deficitarie richiederà necessariamente il reperimento di risorse per finanziarli e dotazioni infrastrutturali,  quindi, mi chiedo dove troveranno le risorse necessarie tenuto conto che l’ostacolo principale che in questi anni non ha permesso la totale definizione dei LEP riguarda proprio il piano finanziario. Inoltre - mi preme sottolinearlo - la Sicilia attende da tempo immemore la totale applicazione del suo Statuto regionale, infatti la Regione fatica ancora oggi ad ottenere un livello di entrate adeguate all’espletamento delle funzioni attribuite, come più volte ribadito dalla Corte dei Conti.

C'è chi dice che per primi, questa legge, l'ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?

E’ vero che le basi per la riforma del Titolo V furono gettate da un Governo di centro-sinistra, ma tale importante riforma, che fra le innovazioni ha riconosciuto l’autonomia degli enti locali, introdotto il principio di sussidiarietà e inciso sul rapporto Stato-Regioni, va analizzata nel suo insieme e tenuto conto del contesto storico-politico in cui è nata.

Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché?

Il “sacro” principio di sussidiarietà è previsto sia dalla nostra Costituzione, sia dal Trattato della Comunità europea e, a tal proposito, è bene ricordare che benché il suo fine sia attribuire la generalità delle competenze e delle funzioni alle autorità territorialmente più vicine ai cittadini, al contempo la distribuzione delle funzioni deve anche tener conto del rispetto dei principi di differenziazione (quindi delle caratteristiche che il dato livello di governo possiede per l’espletamento di un determinata funzione) e adeguatezza, altrettanto costituzionalmente garantiti.

Pertanto, alcune competenze necessitano di un esercizio unitario. Alla luce di quanto detto, rispetto alla riforma dell’autonomia differenziata rimango convinto che alcuni settori, come quello dell’istruzione, non possano essere smembrati.

Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centrodestra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?

Credo che gli argomenti delle opposizioni non siano fantasie, lo dimostrano gli autorevoli pareri citati. Cosa significa fare gli interessi dei cittadini? Portare avanti ciecamente delle riforme che rappresentano le “bandiere” dei partiti di maggioranza per una questione di equilibri o mettere al centro dell’agenda politica quelle misure lungimiranti che siano alla base di una società civile sana?

Mi riferisco agli investimenti su scuola e sanità prima fra tutti, proseguendo con il contrasto all’enorme problema dell’evasione fiscale che vale ben oltre 80 miliardi di euro. Bè, direi che in questo momento non si stanno di certo affrontando i temi fondamentali del nostro Paese.

Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull'autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensa?

Come Gruppo Parlamentare del Partito Democratico, a pochi giorni dall’approvazione della riforma, abbiamo provveduto a depositare una mozione per chiedere al Presidente  Schifani e alla giunta regionale l’approvazione di un’apposita delibera necessaria ad impugnare la legge sull’autonomia differenziata innanzi la Corte Costituzionale, tenuto conto della nostra convinzione, supportata da dati e autorevoli pareri, che detta riforma possa comportare il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico ovvero per i diritti dei cittadini, nonché compromettere l’espletamento efficace ed efficiente delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite alla Sicilia.

Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c'è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c'è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d'Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perchè?

La completa definizione dei LEP si attende da anni, proprio perché - come recita la nostra Costituzione - hanno il fine di individuare quelle prestazioni minime concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ovvero la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale e, pertanto, non solo sono indispensabili e rappresentano una base di partenza per colmare l’annoso gap fra Nord e Sud d’Italia, ma la loro definizione dovrebbe prescindere dall’autonomia differenziata e, quindi, dal conferimento delle funzioni aggiuntive alle Regioni a Statuto ordinario. La spaccatura non la creano i Lep, ma la distribuzione maldestra delle funzioni e delle correlate risorse economiche.

Il concreto rischio che a parità di carico fiscale i cittadini si ritroveranno paradossalmente ad usufruire di servizi essenziali di qualità nettamente differente sulla base della regione in cui si risiede, più di quanto non accada già oggi.

C'è chi afferma, però, che con l'autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno…

E’ chiaro che il regionalismo differenziato avrà un impatto finanziario notevole, anche perché si colloca in un sistema-Paese che non ha ancora ultimato alcuni processi, come quello riguardante la piena operatività del c.d. federalismo fiscale, al fine di assicurarsi che il riconoscimento delle risorse necessarie a finanziare l’autonomia differenziata non interferisca con l’implementazione del sistema ordinario di finanziamento delle Regioni.

Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?

Assolutamente no, come recentemente sottolineato dalla Commissione europea nelle raccomandazioni all’Italia, anche qualora venissero (finalmente) definiti i LEP, gli stessi garantiscono solo livelli minimi di servizi e non riguardano tutti i settori. Proprio per questa ragione il fatto che l’attuazione dell'autonomia differenziata sia subordinata ai Lep non mette al riparo dai rischi di un ulteriore aumento delle disuguaglianze regionali.

Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?

Il settore della Sanità è il principale esempio del perché la definizione dei LEP non è sufficiente a scongiurare un ampliamento del c.d. divario di cittadinanza. Infatti, il solo ambito in cui i livelli essenziali sono stati definiti in modo organico è proprio quello sanitario, in cui si configurano i livelli essenziali di assistenza (LEA).

L’Osservatorio GIMBE ha chiesto più volte di espungere la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie per diverse ragioni che partono dalle difficoltà finanziarie e dai gap già esistenti. Infatti, senza sanare almeno in parte tale “frattura strutturale” fra i sistemi sanitari, senza modificare i criteri di riparto del Fondo sanitario nazionale o senza superare il sistema dei Piani di rientro e dei commissariamenti, solo per fare alcuni esempi,  con l’autonomia differenziata la sanità pubblica di qualità diventerà definitivamente ad esclusivo appannaggio delle regioni ricche.

Ciò a cui assisteremo sarà un aumento della mobilità sia del personale sanitario, sia dei pazienti, innescando un meccanismo da cane che si morde la coda.

Trova aspetti critici in questo Ddl? Se è si, quali e perché?

Riassumo quanto già sostanzialmente detto in precedenza. Il testo può definirsi un manifesto di intenti privo di efficacia, ma pericoloso allo stesso tempo. Il conferimento delle funzioni alle RSO, come già rappresentato, è (per fortuna) subordinato alla definizione dei LEP, che però dovrebbero essere definiti nei prossimi due anni con appositi decreti legislativi. La norma non prevede maggiori oneri per la finanza pubblica, che in realtà saranno assolutamente necessari per definire i LEP.

Riusciranno a trovare in due anni le risorse che non sono riusciti a reperire dai tempi della riforma del Titolo V? Ovviamente nell’ottica del bene comune si spera di si, rammentando che i LEP dovrebbero avere portata generale e non essere necessariamente connessi al conferimento di maggiori forme di autonomia alle regioni. Inoltre, sottolineo nuovamente il fatto che la definizione dei livelli essenziali (minimi) di prestazioni non scongiura l’ampliamento dei divari territoriali.

A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?

Lo ripeto, la riforma sull’Autonomia differenziata è una bandiera politica da collocare nell’ambito degli equilibri della maggioranza del Governo Meloni. Basta guardare cosa sta avvenendo in questi giorni a Roma con le cc.dd. riforme della giustizia e del premierato. Non è necessario essere parte dell’opposizione per evidenziare che sono riforme anni luce lontane dalle reali e improcrastinabili esigenze del nostro Paese.

 

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