«È la fotografia di un programma politico che costruisce e accresce le diseguaglianze nel nostro Paese»

L'INTERVISTA al consigliere regionale Regione Lazio Claudio Marotta, in quota Verdi e Sinistra – Europa Verde - Possibile.

«È la fotografia di un programma politico che costruisce e accresce le diseguaglianze nel nostro Paese»


La riforma sull'autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perché?

Sono fermamente contrario alla riforma sull’autonomia differenziata realizzata dal governo Meloni. È la fotografia di un programma politico che, al contrario della narrazione, costruisce e accresce le diseguaglianze nel nostro Paese.

Questo perché è una riforma che modifica profondamente l’assetto istituzionale italiano: propone un modello di amministrazione pubblica che aumenterà il divario tra la qualità della vita e dei servizi dei cittadini all’interno del territorio nazionale.

Da Consigliere regionale del Lazio posso dire che sono preoccupato. Il trattenimento del gettito fiscale su base regionale equivale alla sottrazione di ingenti risorse al sistema Paese e alla cittadinanza, con la conseguente disarticolazione di servizi e infrastrutture a partire dai trasporti e dalla distribuzione dell’energia, fino ad arrivare alla sanità o all’istruzione.

Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?

Credo sia un attacco diretto alla struttura dello Stato per come lo aveva immaginato l’Assemblea costituente: la sua attuazione mette in pericolo principi costituzionali fondamentali come quello della solidarietà economica e sociale. In ballo ci sono servizi pubblici essenziali, che sono lo specchio dell’idea di società che abbiamo.

Ci sono materie, come la sanità e l’istruzione, che hanno necessariamente bisogno di una struttura unitaria e di una dimensione nazionale. Per questo siamo chiamati a dare corpo e forza alla campagna referendaria.

C'è chi dice che per primi, questa legge, l'ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?

La riforma del Titolo V ha redistribuito le competenze legislative su materie fondamentali per l’organizzazione dello Stato. È una riforma di più di venti anni fa e la legge del governo Meloni interviene in un contesto decisamente mutato. Basti pensare al livello di integrazione con il diritto comunitario. All’epoca si rafforzava l’idea che un decentramento del potere potesse accrescere la qualità dell’amministrazione pubblica.

Oggi si interviene sulla gestione della fiscalità, il che sposta il discorso su un piano differente.

Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché?

Su questo la risposta è secca: no, non credo che tale principio resti valido. Il ddl in attuazione rischia di produrre una differenziazione insanabile nei livelli dei servizi pubblici messi in campo dalle Regioni.

Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?

Credo che fare opposizione rivendicando la scuola e la sanità pubblica e uguale in tutto il Paese, i trasporti e l’energia voglia dire concretamente difendere i bisogni dei cittadini. Qui c’è in gioco l’idea di società e la concretezza del servizio pubblico nella vita quotidiana delle persone.

Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull'autonomia differenziata dinanzi alla Corte costituzionale. Che cosa ne pensa?

Sono forme di opposizione che dovrebbe intraprendere anche la Regione Lazio. La Giunta regionale, però, non farà nulla perché vive un rapporto di totale sudditanza con il governo nazionale. Per questo noi ci batteremo nelle piazze, raccogliendo le firme dei referendum lanciati dai sindacati e sostenuti da ampi settori della società civile e associativa.

Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c'è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c'è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d'Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perchè?

La definizione dei Lep non sarà vincolante: questo è il punto intorno a cui si gioca la partita. Il Governo avrà un anno per stabilirli, altrimenti si procederà con la spesa storica. In sostanza, ad oggi non abbiamo alcuna garanzia che i Lep non rimangano altro che una formalità. Nel frattempo, si potrebbe realizzare quella che da molti viene già definita come la secessione dei ricchi.

C'è chi afferma, però, che con l'autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno...

Appunto, la questione è capire dove verranno indirizzate e distribuite le risorse.

Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?

Penso che i Lep rischiano di essere la foglia di fico di un sistema che punta a tutt’altro: ovvero a ridefinire la nostra repubblica secondo un disegno classista, aumentando il divario tra ricchi e poveri.

Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?

Il diritto alla salute è un principio fondamentale per la nostra Repubblica e la sanità pubblica e accessibile a tutti è un architrave del modello di giustizia sociale che vogliamo costruire. Per questo il ddl Calderoli è pericoloso: le regioni economicamente più solide saranno in grado di fornire servizi migliori, con il rischio di una progressiva privatizzazione a vantaggio delle fasce di reddito più alto, aumentando le disuguaglianze nei territori. Parliamo dei livelli delle prestazioni, certo.

Ma anche degli stipendi del personale sanitario, con il rischio di portare il meglio nelle Regioni in grado di pagare di più.

Trova aspetti critici in questo Ddl? Se è si, quali e perché?

Uno su tutti: l’aumento del divario tra Regioni che sono economicamente e strutturalmente più forti e Regioni che sono più fragili. In altre parole, la rottura del patto di solidarietà economica e sociale della cittadinanza tutta, a prescindere da dove si nasce.

A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?

Il vero scopo di questa manovra rimane quello di modificare l’impianto solidale della repubblica, con l’evidente speranza di chi l’ha proposta di rafforzare un sistema di servizi a due velocità e magari privatizzato, con totale trazione del Nord, a scapito delle cittadine e dei cittadini del resto del Paese. Non lo permetteremo.

 

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