Ergastolo per il boss Gaetano Scotto

Dopo 35 anni anni la Corte d'Assise di Palermo, presieduta da Sergio Gulotta, ha condannato all'ergastolo il boss Gaetano Scotto per l'omicidio dell'agente di Polizia Nino Agostino e la moglie Ida Castelluccio. Assolto, invece, Francesco Paolo Rizzuto accusato di favoreggiamento aggravato.

Ergastolo per il boss Gaetano Scotto

 


Il 7 ottobre, dopo 35 anni dall'assassinio dell'agente di polizia Nino Agostino e della moglie incinta Ida Castelluccio, arriva una condanna:

dopo 7 ore di camera di consiglio, la Corte D'assise di Palermo condanna il boss Gaetano Scotto, boss dell'Arenella. Per lo stesso reato era già stato condannato con rito abbreviato, all'ergastolo, il boss Nino Madonia, a capo del mandamento di Resuttana e tra le famiglie più sanguinarie di tutta cosa nostra.

Il delitto è avvenuto il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini (Palermo) sotto gli occhi del padre di Nino, Vincenzo Agostino, il quale ha gridato agli assassini la famosa frase “Io Lo So Chi Siete”. Vincenzo Agostino era diventato il simbolo della lotta alle mafie da quando dopo il delitto ha dichiarato:

“non mi taglierò barba e capelli fino a che non saprò la verità sulla morte di mio figlio e di mia nuora”.

Adesso, però, che è arrivata questa condanna la barba non la può tagliare perché è morto il 21 aprile scorso all'età di 87 anni, proprio in attesa di conoscere la sentenza. 5 anni prima era morta la moglie Augusta Schiera e si fece scrivere sulla tomba

”Qui giace Augusta Schiera, mamma dell'agente Nino Agostino, una donna in attesa di giustizia anche oltre la morte”.

L'accusa era presente in aula, rappresentata dalla pg Lia Sava e dai sostituti Domenico Gozzo e Umberto De Giglio, e aveva chiesto al termine della requisitoria la condanna all'ergastolo per Scotto e l'assoluzione per Rizzuto. In aula erano presenti i parenti delle vittime, tra cui la sorella di Nino, Flora, e suo figlio Nino Morana. Alla lettura della sentenza presenti anche i giovani di Libera e don Ciotti. La Corte d’assise ha inoltre deciso l'interdizione dai pubblici uffici per Scotto e la condanna, oltre al risarcimento alle parti civili, di una provvisionale in favore dei familiari di Nino Agostino e Ida Castelluccio.

In aula l'abbraccio e le lacrime dell'avvocato difensore Fabio Repici con don Ciotti, e i parenti del poliziotto.

Nino Agostino era agente di polizia formalmente assegnato alle Volanti e collaborava con i Servizi Segreti alle indagini per la cattura dei grandi latitanti di mafia. Insieme a Emanuele Piazza, anche lui assassinato e ad altri componenti di vertice dei Servizi di sicurezza, avrebbe fatto parte di una struttura di intelligence dedicata.

Il pg Umberto De Giglio durante la requisitoria ha detto che gli elementi raccolti

“in questo processo dimostrano con certezza che l'agente di polizia Antonino Agostino è stato assassinato da soggetti appartenenti a Cosa Nostra e in particolare da Scotto e Madonia”.

Secondo la Procura Generale,

“Scotto ha eseguito materialmente l'omicidio come ci riferiscono concordemente Vito Lo Forte, Vito Galatolo e Oreste Pagano in base alle informazioni che gli stessi hanno appreso da fonti e in contesti diversi. Tutte le direzioni delle diverse visuali dalle quali si può analizzare il duplice omicidio si incrociano proprio sulla posizione della figura di Scotto. Tutte le traiettorie probatorie ci portano a Scotto”

Inoltre L'accusa ritiene il boss dell'Acquasanta quale “uno dei mandanti”. E ciò

“non solo in quanto esponente di vertice del mandamento di Resuttana, in stretti rapporti con Nino Madonia, ma anche in ragione dei rapporti particolari che Scotto intratteneva con uomini delle istituzioni come il maresciallo Salzano e Giovanni Aielo (l'agente dei Servizi soprannominato “Faccia da Mostro” morto qualche anno fa per infarto e che Vincenzo Agostino ricordava perfettamente aver bussato alla sua porta in cerca del figlio qualche giorno prima dell'omicidio. Inoltre, sempre Vincenzo Agostino, lo aveva riconosciuto in un “confronto all'americana” ndr). E quindi in ragione di quella particolare posizione occupata da Scotto proprio in quello spazio di complicità tra mafia e istituzioni. Quello stesso spazio in cui si era introdotto Agostino nella sua attività di raccolta di informazioni. E in cui si deve collocare l'omicidio di Agostino.”

La Procura Generale ha inoltre ricordato che il poliziotto Nino Agostino,

“era entrato in contatto con soggetti legati a Servizi segreti instaurando rapporti quantomeno di collaborazione operativa con costoro. Era entrato in contatto con il giudice Giovanni Falcone e aveva cercato di raccogliere informazioni sull'attentato all'Addaura in cui sarebbe dovuto morire Falcone.”

 

“Tutto questo lo aveva introdotto in quello spazio di contiguità in cui si verificavano le connessioni illecite tra mondo mafioso ed apparati dello Stato. Aveva visto incontri tra mafiosi ed esponenti delle istituzioni. O comunque aveva compreso il significato illecito delle relazioni sistemiche tra i due mondi. Manifestando la volontà di non finire in questo calderone, Agostino aveva guadagnato l'ostilità non solo di Cosa Nostra ma anche interna del suo mondo. In particolare di coloro nelle istituzioni che temevano che Agostino potesse rivelare quanto aveva vissuto e soprattutto quanto aveva visto.”

Il poliziotto quindi

“è stato ucciso anche per evitare che potesse rivelare quelle informazioni che aveva raccolto in merito ai rapporti esistenti tra esponenti mafiosi ed alcuni uomini dello Stato, appartenenti alla Polizia o ai Servizi Segreti.” “Risulta ancora accertato che in alcuni ambienti della polizia e dei Servizi l'eliminazione di Agostino fu salutata con favore. Risulta infine provato che soggetti legati o appartenenti a servizi di sicurezza realizzavano azioni depistanti, dirette a sviare le indagini sul duplice omicidio allo scopo di nascondere l'attività effettivamente svolta da Agostino".

 

“Questa sentenza è una vittoria della memoria di Vincenzo Agostino e Augusta Schiera, che con il loro impegno titanico di decenni della loro vita spesi alla ricerca della verità, hanno permesso alla giustizia italiana di conservare oggi una sua dignità”,

ha dichiarato Fabio Repici, legale della famiglia Agostino.

“Oggi mio nonno avrebbe tagliato la barba, e ce la tagliamo tutti metaforicamente. Con lui. E’ in parte una vittoria per tutti noi”,

ha detto Nino Morana, nipote di Vincenzo e Nino Agostino. Poi lancia un appello ai boss Gaetano Scotto e a Nino Madonia:

“Collaborino, chiariscano i punti scuri sull’omicidio di mio zio”.

 

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