«Invece di promuovere la coesione e l’unità nazionale accentuerà le disparità territoriali»

L'INTERVISTA alla Senatrice Aurora Floridia, eletta in Veneto e Vicepresidente del Gruppo Misto.

«Invece di promuovere la coesione e l’unità nazionale accentuerà le disparità territoriali»


La riforma sull’autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perché?

La riforma sull’autonomia differenziata è fortemente controversa e sbilanciata. Sono contraria perché ritengo che invece di promuovere la coesione e l’unità nazionale accentuerà le disparità territoriali, specialmente tra Nord e Sud e creerà un corto circuito gestionale e amministrativo di cui l’Italia francamente non ha bisogno. Senza adeguate misure economiche di compensazione e un’accurata definizione dei Livelli Essenziali di Prestazione (LEP), le regioni più deboli saranno inoltre ulteriormente penalizzate.

Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?

Il Ddl Calderoli presenta molte criticità. Nascondendosi dietro l’obiettivo di ottenere un maggiore decentramento e autonomia, in realtà non lo centra. La mancanza di una chiara definizione dei LEP e dei costi standard rende questo disegno di legge potenzialmente dannoso per l’unità nazionale e apre le porte al caos. Mancano del tutto le coperture economiche, che il Governo non sa dove reperire, rendendo questa riforma una scatola vuota.

C’è chi dice che per primi, questa legge, l’ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?

È vero che la riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001 ha introdotto il principio di sussidiarietà e ha aperto la strada a forme di autonomia regionale. Tuttavia, l’attuale disegno propone una decentralizzazione “spacca Italia”, che non tiene sufficientemente conto delle disparità preesistenti, delle necessità di coesione nazionale e delle sfide cruciali da affrontare uniti e compatti nell’immediato.

Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché?

Il principio di sussidiarietà è valido e fondamentale, ma non è ben rispettato dall’attuale Ddl. Senza una preventiva armonizzazione delle prestazioni tra le diverse regioni, la riforma rischia di produrre ulteriori ineguaglianze. Questo può portare a un controllo inefficace della spesa pubblica e a una distribuzione iniqua delle risorse economiche. Inoltre una gestione frammentata delle materie che possono essere delegate alle regioni, come ambiente, energia, commercio estero o istruzione, causerà per giocoforza disguidi significativi, anche a livello europeo. Le regioni sostituiranno lo Stato italiano nel commercio estero che vale il 40% del PIL? Andranno in ordine sparso a trattare sull’indipendenza energetica? Ci saranno sistemi differenti nel riconoscimento dei titoli di studio? Sarebbe utile e necessario concentrare maggiore attenzione sui veri problemi urgenti dell’Italia e approvare atti normativi che potenzino l’efficienza amministrativa, rafforzando la coesione nazionale, piuttosto che aggravare la complessità di un sistema già difficile da gestire.

Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?

È un rischio reale. Tuttavia, durante la discussione in Senato, l’opposizione si è concentrata sul rilevare le criticità rispetto ai contenuti e le implicazioni pratiche del Ddl, piuttosto che cavalcare mere opposizioni politiche. Dobbiamo lavorare insieme per una riforma che davvero risponda ai bisogni di tutti i cittadini, da Nord a Sud, senza aumentare le diseguaglianze già presenti sul territorio nazionale.

Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull’autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensa?

Gli appelli dei sindaci sono legittimi e riflettono preoccupazioni reali riguardo alle pronosticabili disuguaglianze che questa riforma è in grado di produrre. La Corte Costituzionale dovrà esaminare attentamente la conformità della legge con i principi costituzionali di uguaglianza e solidarietà. Inoltre, come opposizione stiamo raccogliendo le firme per un referendum di abrogazione dell’autonomia differenziata, che sta ricevendo un grande consenso e che evidenzia ulteriormente il forte dissenso e la necessità di un ampio dibattito pubblico su questa importante questione.

Andiamo ai LEP (Livelli essenziali di prestazione) è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c’è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c’è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d’Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perché?

Ritengo che in mancanza di una chiara definizione e attuazione dei LEP, il dibattito che si sta svolgendo non solo è inutile, ma sta anche assumendo contorni surreali. Solo una volta che saranno definiti, se ne potrà discutere seriamente, anche alla luce di come si intenda garantire concretamente su tutto il territorio nazionale che i servizi essenziali rispondano al criterio di equità e uniformità.

C’è chi afferma, però, che con l’autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno...

E secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?

I LEP sono una condizione necessaria ma niente affatto sufficiente. I Livelli essenziali di prestazione devono essere accompagnati da un adeguato trasferimento di risorse economiche e da meccanismi di solidarietà che assicurino che tutte le regioni possano offrire gli stessi diritti di cittadinanza.

Che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?

L’autonomia differenziata contribuirebbe ad aggravare il divario già presente nella gestione ed erogazione dei servizi sanitari tra le diverse regioni. Tenendo presente che attualmente la sanità viene già gestita autonomamente dalle regioni, con evidenti disparità e criticità, non rappresenta sicuramente il biglietto da visita con cui promuovere il modello di autonomia differenziata che il Governo intende attuare. Invece di legiferare per aumentare la giungla dell’offerta dei servizi regionali, sarebbe necessario coltivare una cultura dell’autonomia in Italia, che veda i cittadini più coinvolti e consapevoli delle decisioni locali, prendendo esempio da altri paesi dove tale cultura è più radicata. Promuovere una maggiore autonomia locale può portare a una gestione più efficiente e responsabile delle risorse, se supportata da una partecipazione attiva e informata dei cittadini.

Trova aspetti critici in questo Ddl? Se è si, quali e perché?

Sì, ci sono molti aspetti critici. Tra questi, la già citata mancanza di una chiara definizione dei LEP, l’assenza di meccanismi di compensazione adeguati e il rischio di aumentare le disuguaglianze territoriali. Inoltre, la riforma non tiene sufficientemente conto delle implicazioni ambientali e della necessità di una governance centralizzata per la transizione ecologica. Tema a me caro. A giugno 2023 ho presentato una proposta di legge clima per affrontare in maniera strutturata, sistemica e scientifica la crisi climatica in atto. Spero che settembre inizi la discussione in ottava commissione ambiente del Senato. Ogni giorno assistiamo alla cronaca degli enormi danni provocati da eventi meteorologici sempre più frequenti ed estremi. Serve una governance nazionale e non frammentata e regionalizzata per affrontare le sfide climatiche, la gestione delle risorse idriche e la riduzione delle emissioni di carbonio. Sono sfide globali che non conoscono confini.

A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?

La situazione attuale rimanda al classico gioco del tiro alla fune. All’interno del Governo abbiamo da una parte la Lega, che spinge per l’autonomia differenziata, dall’altra Fratelli d’Italia con la sua spinta alla centralizzazione tramite il Premierato, un altro disegno di legge preoccupante. Diametralmente opposti nelle premesse e nelle finalità, queste due leggi rischiano di creare un vero corto circuito al sistema Italia.

 

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