«La Legge Calderoli rappresenta la negazione dell'autonomia stessa»

L'INTERVISTA al deputato Gian Antonio Girelli, membro della Camera dei Deputati eletto in Lombardia ed in quota Partito Democratico.

«La Legge Calderoli rappresenta la negazione dell'autonomia stessa»


La riforma sull'autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perché?

Il giudizio non può che essere negativo sia nel metodo sia nel merito. Ricordo sempre che il Partito Democratico è sempre stato favorevole all’autonomia, ma nell’ambito dell’articolo 5 della nostra Costituzione, che afferma che la Repubblica, una e indivisibile, riconosce le autonomie locali, attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento”. Eravamo pronti a discutere, cercando di migliorare un testo che, invece, aveva evidentemente l’effetto di spaccare il Paese dando vita a quella secessione tanto desiderata dalla Lega delle origini, e alla fin fine mai dimenticata nemmeno da quella “sovranista” guidata da Salvini. Ci siamo, invece, trovato di fronte ad un muro ed alla pervicace volontà del Governo di andare avanti col suo progetto senza nessuna modifica.

Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?

La semplice lettura del provvedimento evidenzia come la Legge Calderoli rappresenti la negazione dell'autonomia stessa. Penso a come si guarda alla regione come riferimento dell'autonomia e penso alla storia delle regioni nel nostro Paese. L’autonomia differenziata come voluta dal Governo Meloni non fa altro che accentuare ed aggravare difetti non nuovi nella concezione generale dell’autonomia nel nostro Paese, rafforzando quella vera e propria sostituzione del centralismo statale con un centralismo regionale che, sotto molti punti di vista, è più dannoso non altro perché più presente, più opprimente rispetto alle vere autonomie che, a mio parere, sono i comuni. Il problema, quindi, non è solo (e già sarebbe abbastanza!) pratico ma anche culturale. Si è pensata l’autonomia senza conoscerne la storia, la cultura, con una semplificazione che porta ai disastri che vediamo.

C'è chi dice che per primi, questa legge, l'ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?

Direi proprio di no! A parte che se qualcuno ha fatto qualcosa che si ritiene sbagliata ciò non autorizza a fare di peggio, ricordo che le stagioni politiche sono diverse, e che l’esperienza del passato dovrebbe insegnare ad evitare eventuali sbagli commessi e a non farne di peggiori. Ricordo, poi, che l’articolo 116 comma 3 della Costituzione come modificato nel 2001, non prevede una “devoluzione” totale e senza limiti e risorse come voluta, invece, dalla legge Calderoli, in risposta ai desiderata di presidenti di regione del Nord.

Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal Ddl di attuazione? Se no, perché?

L'articolo 5 della Costituzione che ho sopra ricordato dice con chiarezza cosa sia la vera autonomia, intesa come decentramento amministrativo volto a raggiungere l’obiettivo di strutturare un Paese complesso come il nostro. Invece la legge Calderoli accentua volontariamente la frammentazione di un Paese sempre più evidente che riguarda il Nord e il Sud del Paese, ma riguarda le città, le aree interne e le aree montane, riguarda la spaccatura sociale legata al reddito delle famiglie e delle persone, che sempre di più ci frantuma e ci divide. È quindi il bisogno di un messaggio unitario, di ritrovare le ragioni dello stare assieme e del superare queste disparità la sfida vera che abbiamo davanti, oltretutto mettendo tutto questo in relazione con il bisogno di Europa. Invece, la visione della nuova Legge è antistorica, retriva ed incapace di realizzare quella prossimità delle istituzioni ai cittadini che pretende, invece, di attuare.

Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?

In realtà è il Governo Meloni a non ascoltare i veri bisogni dei cittadini, attuando, invece, un mero scambio di potere tra le sue forze maggiori. La Lega pretende l’autonomia per dare il via libera al Premierato caro alla Meloni, che contraccambia, mentre Forza Italia vuol mettere mano alla giustizia non per risolvere i problemi di un settore vitale per il nostro Paese, ma solo per piantare una bandierina. Il Partito Democratico, invece, ha presentato proposte concrete, dal salario minimo alla Legge Schlein sulla sanità, evidenziando la sua volontà di non fare mera opposizione ostruzionistica ma svolgendo il ruolo di opposizione propositiva, disposta al confronto. Come detto, lo eravamo anche nel dibattito sulla Legge Calderoli, soffocato, invece, in Commissione e che non ha trovato nessuna volontà di ascolto in Aula, laddove spesso l’opposizione parlava davanti ai banchi vuoti della maggioranza.

Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull'autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensa?

Non mi sorprendo: Al Nord come al Sud, i Sindaci sono sempre in prima linea nell’affrontare i problemi concreti dei cittadini, e non possono essere interessati davvero, al di là del colore politico, ad una riforma che spacca l’Italia, che viene usata solo come propaganda, e che oltretutto, come ho detto, sostituisce un (presunto) accentramento “romano” con uno delle regioni, che non fa altro che schiacciare i Comuni, privati di fondi e di personale e in sempre maggiore difficoltà ad attuare i loro compiti istituzionali, Che se ne fanno i Sindaci di una riforma vuota e che al tempo stesso spacca il Paese non solo tra Nord e Sud ma anche tra metropoli e aree interne con queste sempre più sacrificate e dimenticate?

Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c'è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c'è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d'Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perché?

Non si tratta di contrapporre Nord a Sud. Il danno viene fatto a tutto il Paese, e per quel che riguarda i, i LEP non sono stati definiti non essendoci stata la distinzione, tra le materie sottoposte ai LEP per le quali devono essere previsti spostamenti di risorse, e quelli non direttamente ascrivibili a tale fattispecie. Anche perché lo stesso Ministro Calderoli ha ammesso che non si sa quanti fondi siano necessari per attuare i LEP e che non è in grado nemmeno di indicare dove trovare i fondi. Durante le audizioni in Commissione, inoltre, molti auditi hanno evidenziato che la non definizione, in termini concreti dei LEP e, soprattutto, il non vaglio degli effetti finanziari sul bilancio generale dello Stato della riforma, lede i principi di eguaglianza e perequazione previsti dalla Costituzione. Non posso non osservare, inoltre, che la stessa procedura di definizione dei LEP è inaccettabile, in quanto vengono definiti da Dlgs e resi modificabili con DPCM senza che ci sia la determinazione dei principi su cui si fondano, pur riguardando diritti civili e sociali.,V e senza alcun coinvolgimento del Parlamento che viene, ancora una volta, marginalizzato da un Governo ipertrofico che intende fare tutto da solo, o meglio in collaborazione con alcuni Presidenti di regione.

C'è chi afferma, però, che con l'autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno...

È evidente, anche perché nella Legge Calderoli è stata inserita la possibilità del cosiddetto residuo fiscale: con questa espressione s’intende che alcune regioni che hanno maggiori risorse dalla fiscalità regionale possano trattenere quelle risorse nel loro territorio e sottrarle alla fiscalità generale, portando ad una sempre maggiore crescita della distanza tra regioni ricche e regioni povere, accentuando in maniera intollerabile le diseguaglianze, riducendo anche la possibilità dello Stato di poter intervenire.

Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?

Proprio per quanto detto poco fa è chiaro che i LEP non bastano. La riforma Calderoli accentua quelle differenze tra territori che già esistono, e che, invece, devono essere superati, perché solo un Paese più equilibrato e giusto può davvero competere in un mondo dove i giganti, siano essi Stati o aziende, non sono alla portata delle “piccole patrie” tanto care alla visione leghista che innerva tutta la Legge.

Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro Paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?

Insieme ai colleghi della XII Commissione - una Commissione che lavora anche piuttosto seriamente, indipendentemente dalle appartenenze -, abbiamo fatto molti incontri con i vari mondi della sanità e sempre la richiesta più forte che ci è stata fatta è quella relativa al bisogno di maggior unità nazionale nell'affrontare il tema della sanità, laddove già oggi i modelli territoriali differenziati tra le varie regioni non reggono, come abbiamo visto durante l’epidemia di COVID, dove hanno mostrato tutta la loro fragilità e impossibilità di essere sufficientemente capaci di far fronte all'emergenza da soli. Ma tutto questo si inserisce anche in un contesto in cui vediamo anche un'involuzione del presunto efficientismo del Nord. Infatti – sono lombardo -, ci siamo spesso vantati di dire che la miglior ricetta per un cittadino meridionale è un biglietto del treno per venire nel nostro ospedale. E tutto questo lo abbiamo fatto, mettendo una marea di soldi in tutto questo, dimenticando la medicina territoriale, consegnando anche i cittadini delle regioni del Nord al dramma che il COVID ci ha ben evidenziato.

Trova aspetti critici in questo Ddl? Se sì, quali e perché?

È tutto il disegno che non può che essere respinto. Dobbiamo dire no, e lo stanno facendo anche i cittadini che in pochi giorni hanno firmato in più di 500 mila per il referendum abrogativo, per respingere una visione miope, antistorica, ed anche egoista. Invece, c'è bisogno di unità, di solidarietà e di stare insieme. Inoltre, nella Legge Calderoli appare tutto quello di cui non abbiamo bisogno ed è fondamentalmente falso e pericoloso.

A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?

L’attuale maggioranza non ha vero collante politico, ma solo di potere, e vive di ricatti reciproci. Ho già ricordato prima che questa legge è il frutto amaro, per gli italiani, di un accordo di scambio tra Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia (che a parole mostra disagio ma che nei fatti vota tutto). Per questo ci siamo opposti e ci stiamo opponendo: la maggioranza ha diritto a governare ma non a distruggere il Paese con leggi che scardinano l’unità e rafforzano le differenze invece di ridurle.

 

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