«La misura rappresenta il volano necessario per avere una Nazione in cui i diritti dei cittadini possano essere garantiti»

L'INTERVISTA al consigliere regionale Regione Campania Severino Nappi, Capogruppo Lega.

«La misura rappresenta il volano necessario per avere una Nazione in cui i diritti dei cittadini possano essere garantiti»



La riforma sull'autonomia differenziata è stata approvata anche alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perché?

Sono assolutamente favorevole alla misura, rappresenta il volano necessario per avere una Nazione in cui i diritti dei cittadini possano finalmente essere garantiti allo stesso modo, e con le stesse prestazioni, senza alcuna distinzione di territorialità. E questo, checché ne dica la sinistra, ridicola e ipocrita, significa proprio andare nella direzione di coesione del Paese, di rilanciarlo unito e rafforzato.

Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?

Cominciamo da una premessa: come tutte le cose di questo mondo, non esistono leggi perfette, ma sicuramente migliorabili. Dopo aver esaminato approfonditamente, anche da tecnico, la legge che porta la firma del ministro Roberto Calderoli, posso dire che si parte da una base solidissima per centrare l’obiettivo del superamento di barriere ideologiche, partitiche, di attaccamento alla poltrona, e quelle paludi burocratiche che, fino ad ora, hanno impedito ad alcune Regioni, e parlo in particolare della Campania, di giocare un ruolo fattivo per la crescita dei territori di pertinenza e contribuire alla crescita dell’intero Paese.

C'è chi dice che per primi, questa legge, l'ha voluta il centrosinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?

Lo dicono i fatti. L’autonomia differenziata è stata inserita nella Costituzione per volontà della sinistra che, in occasione della riforma del Titolo V della Carta, la votò compattamente in Parlamento. E dirò di più: molti dei principali attori di quel voto, oggi guidano le file della protesta e del referendum.

Qualche nome? Massimo Villone, Isaia Sales, Massimo D’Alema, Umberto Ranieri, Giuliano Amato e persino l’attuale Presidente della Repubblica.

Il Presidente Mattarella prima fu capogruppo dei Popolari e Democratici e poi ministro della Difesa proprio del Governo Amato, quello stesso Governo che presentò la proposta di riforma costituzionale.

Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal Ddl di attuazione? Se no, perché?

Differenziazione e sussidiarietà sono due principi legati a doppio filo tra loro, a partire dal fatto che l’articolo 118 della Costituzione li richiama entrambi. Senza contare che rispetto al ddl Boccia, la legge Calderoli non solo ne conferma i medesimi principi (tra cui, appunto, quello della sussidiarietà) a cui deve conformarsi lo Stato nella sottoscrizione delle intese, ma ne integra le previsioni.

In particolare è incontestabile il richiamano alla coesione sociale e territoriale che peraltro vengono accompagnati da una serie di obiettivi, come semplificazione e accelerazione delle procedure, responsabilità e trasparenza.

Titolo V nel 2001 voluto dal centrosinistra e criticato dal centrodestra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centrosinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?

Non mi sembra che nel 2001 ci sia stata una “caccia alle streghe” da parte del centrodestra. Detto ciò, credo che questa domanda la dovrebbe rivolgere innanzitutto a chi oggi, a sinistra, fa le barricate contro l’autonomia differenziata, solo perché la misura vede la luce grazie a un Governo di centrodestra, mentre qualche anno fa la proponeva e ne chiedeva l’attuazione. Prima le ho fatto già dei nomi.

Ne aggiungo degli altri: il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca (Pd), che il 10 luglio del 2019 era talmente ansioso di introdurre l’autonomia differenziata da precipitarsi ad inviare al Governo di allora la nota con la richiesta di adesione della Campania non condizionata neppure alla preventiva introduzione dei Lep.

Oppure vogliamo parlare del presidente dell’Emilia Romagna, Bonaccini (sempre Pd)? Sa cosa diceva appena 2 anni fa? “L’autonomia differenziata è una opportunità prevista dalla nostra Costituzione che noi vogliamo cogliere”. E se non basta, le ricordo le testuali parole dell’ex premier Conte (M5S): “Sull’autonomia c’è assoluta unanimità e pieno consenso delle forze politiche che sostengono il Governo, è un impegno che abbiamo assunto e che è nel contratto di Governo”.

Per concludere e rispondere alla sua domanda: mi sembra che siano la sinistra e i suoi politicanti a non avere a cuore i reali bisogni dei cittadini.

Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull'autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensa?

Credo che ogni amministratore può regolarsi di conseguenza. La cosa veramente paradossale è che nella stragrande maggioranza dei casi chi oggi si schiera a spada tratta contro la misura non ha letto nemmeno una riga delle legge Calderoli e lo fa soltanto per evidenti motivi politici e di partito.

Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c'è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c'è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d'Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perché?

Quello dei Lep è il principale strumento per l’azzeramento del divario tra i territori.

Certo, per questi signori di sinistra, che sui Livelli essenziali delle prestazioni continuano a diffondere balle, sarebbe complicato dover ammettere che la legge voluta dal centrodestra scandisce in maniera inattaccabile i criteri e le modalità per attuarli: 24 mesi per individuare i Lep e, man mano che vengono adottati, adeguata dotazione finanziaria per renderli operativi.

Senza questi presupposti, l’accordo non parte, l’autonomia non parte. Più garanzie di questa?

C'è chi afferma, però, che con l'autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno...

Falso anche questo. Mi limiterò a sottolineare che l’articolo 10 della legge Calderoli individua ben 4 modalità di finanziamento del fondo di perequazione, che sono appunto funzionali garantire le risorse necessarie per le regioni che non dovessero avere un proprio gettito fiscale sufficiente.

Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?

Lo ribadisco, l’individuazione dei Lep e la relativa copertura finanziaria sono uno dei passi da compiere per colmare il gap tra il nord e il sud del Paese. Si tratta di un meccanismo che, appunto, stabilisce il diritto di ogni italiano ad avere uguali servizi indipendentemente dal luogo di residenza. Però le dico una cosa: i soldi, anche quando parliamo di amministrazioni ricchissime, da soli restano soltanto dei soldi.

Per farli fruttare, per dare dei servizi migliori ai cittadini, bisogna spenderli e spenderli bene. Ma questo possono farlo solo amministratori capaci e che lavorano per la collettività, al nord come al sud.

Evidentemente a sinistra, per incapacità manifesta, non si sentono in grado di potere accettare questa sfida delicatissima per il futuro dell’Italia.

Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro Paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?

Guardi, sulle condizioni attuali della sanità sfonda una porta aperta, e glielo dice chi in Campania, lotta quotidianamente contro un signore, il presidente della Regione, che la sanità l’ha ridotta ad elemosina.

Solo per farle rendere conto del disastro realizzato da De Luca, in Campania ci sono le liste di attesa più lunghe d’Italia; i tetti di spesa si esauriscono nei primi 10 giorni del mese; ogni anno 65mila campani - di cui oltre 3.300 pazienti oncologici - sono costretti ad estenuanti trasferte fuori regione per farsi curare, affrontando anche notevoli sacrifici economici.

E poi, dramma nel dramma, negli ultimi anni sul territorio regionale sono stati chiusi e mai più riaperti oltre 20 pronto soccorso.

Potrei continuare ancora a lungo, ma mi fermo qui, non prima, però, di evidenziare che Palazzo Santa Lucia ha annualmente a disposizione oltre 15 miliardi di euro. E a questa marea di soldi occorre aggiungere oltre un miliardo e mezzo affidato con lo specifico obiettivo di ridurre le liste d’attesa nel 2023.

A fronte di ciò il dossier Svimez 2024 riporta nero su bianco, che per servizi effettivi erogati, la Campania è maglia nera, con appena 18 euro pro capite a fronte dei 41 della media italiana.

Ciò per ribadire che anche in campo sanitario, l’autonomia è l’unica misura per poter cambiare le cose in meglio e liberare l’Italia da amministratori cialtroni.

Trova aspetti critici in questo Ddl? Se sì, quali e perché?

Ripeto: ogni legge è migliorabile. Ma le legge Calderoli rappresenta l’unica strada da percorrere per un Paese coeso, in cui siano garantiti uguali diritti a tutti i cittadini al di là della regione in cui si vive.

A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?

Le rispondo con una sola parola: buongoverno.

 

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