«L’autonomia differenziata è la risposta adeguata»

L'INTERVISTA al consigliere regionale Regione Lombardia Matteo Forte, in quota Fratelli d'Italia.

«L’autonomia differenziata è la risposta adeguata»


La riforma sull'autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perché?

Ci troviamo in un periodo storico particolare in cui gran parte delle decisioni più impattanti sulla vita del popolo vengono prese da organismi sovranazionali spesso privi di legittimazione democratica. In questo senso l’autonomia differenziata è la risposta adeguata e può anche ridare il giusto valore al noto principio di sussidiarietà insito nella dottrina sociale della chiesa e saldamente ancorato alla nostra Costituzione. L’autonomia differenziata infatti, se correttamente interpretata, ben incarna quel principio secondo cui “non faccia il lontano ciò che meglio può fare il vicino”.

L’autonomia, inoltre, è stata sapientemente strutturata secondo il modello dell’intesa Stato-religione: come per le confessioni lo strumento negoziale apre lo spazio pubblico ad un pluralismo di fedi, così in quello del regionalismo differenziato l’intesa tutela il pluralismo politico, favorendo modelli governativi differenti a quello dello Stato centrale.

Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?

Positiva. Mi sembra che tenga dentro il motto del Presidente Meloni: “non disturbare chi vuole fare”. È infatti questo che prevede il ddl. Non vi è il desiderio di favorire alcune regioni a discapito di altre (come alcuni ipocritamente sostengono) bensì vi è quello di permettere a coloro che già amministrano le risorse in modo migliore dello stato centralizzato, di farlo anche in altri ambiti e settori. Senza per questo far venire meno Roma ai propri doveri di solidarietà e unità nazionale.

C'è chi dice che per primi, questa legge, l'ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?

La riforma costituzionale da cui proviene questo ddl, è stata varata da un esecutivo di centrosinistra (nella fattispecie era il governo Amato) per cercare di arginare la Lega di Bossi, rubandole il cavallo di battaglia.

L’articolo 116 che prevede l’autonomia differenziata l’hanno effettivamente scritto loro. Ma le dirò di più: la stessa legge Calderoli riprende il testo proposto dall’allora Ministro per gli Affari regionali del governo giallo-rosso, il Pd Francesco Boccia, che diede il via ad una legge-quadro prima di procedere con le singole intese Stato-Regioni. Si tratta nei fatti di una riforma istituzionale condivisa da tutte le forze politiche.

Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché?

La Costituzione nell’articolo 118 afferma il principio di sussidiarietà tout court. Chiariamo che cos’è: non si tratta di un mero trasferimento di poteri dal centro alla periferia, ma si tratta dell’inverarsi della democrazia, ovvero del fatto che il potere e la sovranità risiedono nel popolo, che liberamente associato può secondo moventi ideali condivisi organizzare la risposta a bisogni materiali e spirituali che le persone vivono. Se l’autonomia si traduce nel fatto che, per esempio, la scuola passa dall’essere statale a regionale, si disattende il principio di sussidiarietà.

Se autonomia significa invece che all’interno della cornice delle norme generali dettati dallo Stato, con la legge Berlinguer del 2000 che ha equiparato la scuola statale a quella paritaria, le Regioni hanno strumenti per permettere di superare la discriminazione economica che ostacola oggettivamente tante famiglie nella libertà di scegliere in quale scuola iscrivere i propri figli, allora l’autonomia differenziata attua la sussidiarietà.

Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?

Vale quel che dicevo prima: pochi anni fa Boccia propose la stessa legge-quadro che oggi porta il nome di Calderoli. Adesso che è capogruppo del Pd al Senato, Boccia Per evitare la mera contrapposizione ideologica che fa solo male al Paese, Fratelli d’Italia, che di certo non ha tra le sue storiche battaglie quella per una maggiore autonomia regionale ha però dato un contributo fondamentale e migliorativo al disegno di legge riaffermando “il rispetto dell’unità nazionale; la coesione territoriale e sociale; il finanziamento delle Regioni più in difficoltà, anche se non firmano le intese; il coinvolgimento del Parlamento per determinarne il buon esito e la partecipazione attiva delle Istituzioni interessate”.

Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull'autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensa?

Ripeto: la legge Calderoli dà piena attuazione al dettato costituzionale, in particolare, alla riforma del Titolo V fatta dal centrosinistra. Nondimeno, va ricordato come diverse Regioni, anche a guida centrosinistra come l’Emilia-Romagna, hanno intrapreso. Spiace constatare che alcuni governi regionali anziché guardare alla legge come a un’occasione per alzare l’asticella delle proprie politiche, così da ottenere maggiori responsabilità, pensino che tale riforma vada contro di loro.

Qui non c’è disuguaglianza. Infatti, i meccanismi di solidarietà restano invariati: alle Regioni che non firmeranno intese, rimane garantito il finanziamento dello Stato centrale destinato allo sviluppo della coesione e della solidarietà sociale. Con questa norma, le Regioni diventano ancora più protagoniste del proprio futuro.

Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c'è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c'è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d'Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto, secondo lei, e perché?

Chiariamo una cosa: l’autonomia differenziata è su base volontaria, cioè i governi regionali eletti dai cittadini e forti della loro legittimazione possono chiedere, se vogliono, di ottenere maggiore autonomia su alcune materie e funzioni dallo Stato, quali l’istruzione, la tutela della salute, la protezione civile, il governo del territorio, la valorizzazione dei beni culturali e ambientali, ecc. Per ottenerla la singola Regione dovrà proporre un’intesa da stipulare con lo Stato e il Parlamento dovrà in seguito approvare una legge specifica a maggioranza assoluta. L’intero iter coinvolge le Istituzioni interessate e gli organismi di controllo, fino alla scadenza o al rinnovo dell’intesa stessa. Inoltre, dovranno essere preventivamente calcolati i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) su tutto il territorio nazionale.

Infatti, se una Regione chiede più autonomia su una materia, gli stessi costi devono essere previsti e coperti anche per quelle Regioni che non hanno chiesto di avere competenze ulteriori. Basti quest’ultimo punto. Chi crede di poter far meglio gestendo in maniera autonoma una determinata materia, è libero di chiedere di poterlo fare. Coloro i quali non sentono la necessità o non si sentono attualmente nelle possibilità di chiedere maggiori competenze non solo non saranno obbligati a farlo, ma non verranno lasciati soli dallo Stato. Questo è certo.

Al di là del processo individuato dalla legge Calderoli, perché di questo solo si tratta, la differenza la faranno i singoli governi regionali: se useranno bene questa autonomia saranno confermati dai propri elettori, se la useranno male saranno puniti. Il giudice ultimo torna ad essere il corpo elettorale e la sua libera volontà, non organismi anonimi, tecnici e distanti dai bisogni della gente.

C'è chi afferma, però, che con l'autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno...

Questo, storicamente, non è vero. Se io Stato, affido a te regione, una competenza che tu reputi di poter gestire meglio, anche finanziariamente c’è un guadagno. La miglior allocazione di risorse, infatti, prevede una minor dispersione. A parità di soldi li uso meglio, li investo meglio. Questa legge attualmente, non stanzia risorse in quanto – ripeto e sottolineo – è procedimentale. Il suo ruolo è quindi quello di determinare regole e criteri per attuare la Costituzione.

Le risorse saranno indicate successivamente. Il finanziamento dell'Autonomia dovrebbe avvenire senza aggravi per la finanza pubblica: nell'articolo 9 è infatti contenuta la clausola di invarianza finanziaria.

Ma, secondo lei, bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?

Credo possa contribuire a renderli tali. L’articolo 4 del ddl, voluto in particolare da Fratelli d'Italia e Forza Italia, decreta che l'attribuzione di ulteriore autonomia alle Regioni è consentita subordinatamente alla determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep).

Per evitare squilibri economici fra le Regioni che stipulano un’intesa e coloro che non lo fanno, la legge contempla misure perequative, cioè aggiuntive anche per chi non chiede maggiore autonomia. La garanzia assicurata da Lep uguali per tutti garantirà che non ci siano discriminazioni tra cittadini da regione a regione.

Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?

Secondo alcuni studi vi sono regioni che hanno saputo comunque esercitare ampie forme di autonomia in ambito sanitario (Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, Toscana), mentre Regioni e Province Autonome a statuto speciale non hanno valorizzato l’autonomia che avrebbero potuto attuare finendo infondo alle classifiche. La migliore o peggiore qualità dei servizi ai cittadini dipende molto dalla volontà e dalla capacità di chi governa una regione. L’autonomia dà più forza a chi già si prende questa responsabilità. E noi siamo tra questi.

Un tema da considerare in vista di una futura accentuazione della autonomia regionale in materia di sanità è l’adeguatezza dell’attuale sistema di monitoraggio nazionale degli attuali Livelli essenziali di assistenza (i cosiddetti LEA della sanità) e dei futuri LEP in considerazione del fatto che il sistema di monitoraggio nazionale non obbliga alcune delle regioni a statuto ordinario né quelle a statuto speciale alla verifica degli adempimenti.

Trova aspetti critici in questo Ddl? Se è sì, quali e perché?

Nella legge Calderoli non trovo aspetti critici, mentre sarà decisivo il coinvolgimento nelle regioni che si preparano a redigere l’intesa con lo Stato dei comuni, delle associazioni di categoria, dei consigli regionali con i rappresentanti eletti dai cittadini.

A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?

Non ce ne sono altri di quelli che ho già detto.

 

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