«L'autonomia differenziata porterà a una cristallizzazione delle disuguaglianze»

L'INTERVISTA al consigliere regionale Regione Emilia-Romagna Mirella Dalfiume, in quota Partito Democratico.

«L'autonomia differenziata porterà a una cristallizzazione delle disuguaglianze»


La riforma sull'autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perchè?

Sono assolutamente contraria, perché porterà a una cristallizzazione delle disuguaglianze, tra i territori e tra le persone ed è evidente che in questo modo a pagare il prezzo più alto saranno le regioni del Sud e le aree interne, e i soggetti più fragili

Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?

Il mio giudizio non può che essere negativo. Del resto è abbastanza evidente il baratto tra FdI e Lega, tra legge Calderoli e proposta di premierato. Due provvedimenti apparentemente in antitesi ma convergono verso gli stessi obiettivi: depotenziare il ruolo del parlamento e allontanare i cittadini dalla partecipazione.

In una fase storica dove la democrazia si è indebolita e la disaffezione al voto è in aumento, questi provvedimenti allontaneranno ancora di più il “popolo”, tante volte evocato dai partiti di governo e dalla premier Meloni.

C'è chi dice che per primi, questa legge, l'ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?

La riforma del Titolo V afferma chiaramente che la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato (Art. 114 Costituzione). E prevede l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa e la disponibilità di risorse autonome, per l’esercizio delle proprie funzioni (Art. 119 Costituzione).

Sappiamo che così non è e che questo governo ha di recente confermato il taglio quinquennale di 250 milioni ai Comuni, taglio che colpirà in particolare i territori che hanno ricevuto più fondi del Pnrr.

Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché?

Ritengo che il principio di sussidiarietà verticale risponda proprio all’esigenza di avvicinare i servizi ai cittadini, ma questa riforma delega al governo la definizione dei livelli essenziali di prestazione (LEP) concernenti i diritti civili e sociali, senza aver definito principi e criteri direttivi.

Quindi il Parlamento non ha più voce in capitolo. Mentre la legge di bilancio 2023 ha istituito presso la Presidenza del Consiglio la Cabina di regia che se ne occupa.

Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?

L’opposizione politica in questo caso è necessaria proprio per garantire ai cittadini pari diritti e dignità indipendentemente dal luogo dove si è nati e dalla famiglia in cui si è cresciuti.

Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull'autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensa?

Quello che penso sta nell’aver contribuito col mio voto all’approvazione in Assemblea Legislativa delle due delibere di richiesta di referendum abrogativo della legge Calderoli, dopo una maratona di 24 ore per respingere 1300 emendamenti presentati dalle opposizioni di centro destra, ed in particolare dal gruppo della Lega.

Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c'è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c'è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d'Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perchè?

Se uno dei criteri per la definizione dei LEP sarà quello della spesa pregressa degli ultimi 3 anni, non ci saranno miglioramenti per nessuno. Se prendiamo il tema della sanità, tutte le Regioni sono concordi sulla necessità di aumentare le risorse.

Oggi ci sono Regioni più virtuose ed altre meno, se si premiano le ragioni virtuose, per il Sud non cambierà nulla, ma non è pensabile nemmeno il contrario, cioè di applicare ulteriori tagli alle regioni che oggi garantiscono le migliori cure e che sono meta di turismo sanitario.

Occorrono politiche che garantiscano una sanità pubblica e universalistica, dalla prevenzione alle cure più appropriate, e questo richiede più risorse, non meno. E questo va misurato in termini di percentuale sul PIL, non in termini assoluti.

C'è chi afferma, però, che con l'autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno...

Un ministro di questo governo ha affermato che le tasse sono un “pizzo” di stato. Solo per questo andrebbe censurato. Mentre serve una politica fiscale seria che non soffochi i cittadini onesti e lasci impuniti i grandi evasori e il sommerso. Proviamo a recuperare l’evasione fiscale e i soldi si trovano.

Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?

Come ho già detto non conosciamo su quali principi e criteri si baserà concretamente la definizione dei livelli essenziali di prestazione e quindi è difficile dire se saranno sufficienti.

Certamente i diritti non si possono garantire con le chiacchiere, ma attraverso servizi pubblici efficienti ed efficaci, cioè rispondenti ai bisogni reali: dal trasporto pubblico alla sanità, dal welfare alla scuola.

Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?

Per quanto detto sopra, non credo che questa legge possa produrre benefici per la nostra sanità. E lo dico da cittadina che può contare su una delle sanità migliori del mondo. Eppure anche qui per quanto attrezzati e competenti riusciamo a garantire l’eccellenza ma registriamo criticità nell’accesso alle prestazioni diagnostiche e specialistiche.

La Regione Emilia-Romagna continua ad innovare, lo sta facendo con l’apertura dei CAU, che contribuiscono a sfoltire l’accesso al Pronto Soccorso per problemi di piccola entità e con nuove misure per ridurre le liste d’attesa. Ma quando la coperta è corta si accorcia anche per i più efficienti.

Trova aspetti critici in questo Ddl? Se è si, quali e perché?

Mi pare di averne già enunciati diversi, ma voglio aggiungere un paio di considerazioni. La legge 194 che dovrebbe garantire la libertà di scelta delle donne in ambito riproduttivo e quindi anche la scelta di interrompere la gravidanza, dopo oltre 40 anni, ancora non è applicata allo stesso modo in tutte le regioni.

Di fatto in alcune regioni, soprattutto al Sud, questo diritto non è affatto garantito, per l’elevata presenza di medici obiettori. L’ultimo aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) in ambito sanitario non ha preso in considerazione questo tema e non lo faranno nemmeno ora. E invece di potenziare la diffusione dei consultori, anche per prevenire gravidanze indesiderate, si consente l’accesso dei pro-vita per condizionare la libera scelta delle donne.

E ancora, si parla tanto di denatalità ma non si affrontano le concause della crisi demografica: disoccupazione, lavoro povero, precarietà, gender pay gap, carenza di servizi per l’infanzia, carenza di alloggi sono tutti elementi che disincentivano i progetti di maternità e di genitorialità. Alla nascita del primo figlio ancora una donna su 5 è costretta ad abbandonare il lavoro, anche perché se nella coppia la donna è quella che guadagna di meno, più facilmente sarà lei a rinunciare allo stipendio.

Investire sui servizi per l’infanzia produrrebbe il duplice effetto di liberare il grande potenziale delle donne sul mercato del lavoro e di creare le migliori condizioni per il futuro scolastico dei bambini. Tutte queste disuguaglianza tra Nord e Sud, ma anche tra donne e uomini, non saranno risolte ma, al contrario, potrà accentuarsi, ancora una vola a scapito delle donne.

A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?

E’ un baratto tra i partiti della coalizione che in questo momento ci governa, fatto sulla testa dei cittadini. Ci stanno raccontando che così “decidono i cittadini”, in realtà col premierato a decidere sarà uno solo.

 

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