«Mi adopererò per l'abrogazione di questa legge»

L'INTERVISTA all'onorevole Valentina Chinnici, deputata all'ARS (Assemblea Regionale Siciliana) in quota Partito Democratico.

«Mi adopererò per l'abrogazione di questa legge»



La riforma sull'autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perchè?

Sono contrarissima e mi adopererò in ogni modo per raccogliere le firme per abrogare questa legge, perché è ingiusta, e rappresenta la realizzazione del sogno secessionista di Umberto Bossi, teorizzato dalla Lega Nord 30 anni fa

Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?

È un DDL che già nella relazione di presentazione fatta dal ministro rivela il suo intento, ossia di accelerare lo sviluppo delle regioni cosiddette virtuose, quelle settentrionali, facendo in modo che trattengano dentro i loro confini le ricchezze prodotte, fornendo maggiori servizi ai loro stessi cittadini. È una legge che cristallizza e amplifica le disuguaglianze territoriali, anche perché specifica che verrà attuata senza oneri per lo Stato, dunque senza fornire alcun sostegno alle regioni meridionali che da sempre non hanno capacità di riscuotere tributi locali minimamente paragonabili a quelli di regioni come Lombardia, Emilia Romagna, o Veneto, non a caso le prime tre regioni che firmarono già nel 2018 le cosiddette bozze del patto Gentiloni, che già allora l’economista Gianfranco Viesti definì “la secessione dei ricchi”.

C'è chi dice che per primi, questa legge, l'ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?

Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché?

Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?

La Riforma del Titolo V è stata in effetti, a mio modesto parere, il cavallo di Troia che ha poi spianato la strada alla realizzazione della autonomia differenziata, anche perché non è un mistero che l’intento di allora del centrosinistra fosse quello di venire incontro alle aspirazioni dell’elettorato del Nord per non farlo cedere alle lusinghe secessioniste della Lega Nord, cercando in tal modo di governare (e moderare) il processo autonomista. La riforma ha anche affermato il principio di sussidiarietà che in sè è certamente importante, ma che in decenni segnati dall’impoverimento della spesa pubblica e dello stato sociale, dal collasso dei Comuni meridionali a causa del patto di stabilità e dell’obbligo del pareggio di bilancio, oltre che dallo smantellamento delle ex Province, ha di fatto dato un colpo quasi mortale al Welfare italiano, alla sanità, alla scuola pubblica, provando a delegare in buona parte al terzo settore, alle imprese sociali e alle fondazioni, l’erogazione di servizi essenziali che prima avevano una impalcatura statale (e creando scontento anche nel terzo settore per tanti motivi): penso ai consultori, agli asili nido, agli sportelli psicologici nelle scuole. Dal concetto di servizi pubblici continuativi e strutturali si è passato in pochi decenni ai progetti di respiro corto e visione frammentata, sia nel tempo che nello spazio. Tutto questo era certamente già in atto, ma la riforma del 2001 ha contribuito a mio parere, insieme al tracollo economico per le nuove leggi di bilancio, a destrutturare quei pochi servizi pubblici che gli enti locali del Sud avevano faticosamente costruito, in nome appunto di una generica sussidiarietà e senza mai definire e finanziare adeguatamente i famosi e imprescindibili Livelli Essenziali di Prestazione (LEP).

Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull'autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensa?

Penso che gli amministratori locali e regionali siano perfettamente consapevoli dei pericoli dell’autonomia differenziata, tanto che anche quelli di destra, come nel caso della Calabria, si stanno opponendo strenuamente. A riprova che non c’è un pregiudizio ideologico e politico. Dispiace che invece il Governatore della Sicilia continui a sposare narrazioni mistificanti filogovernative.

Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c'è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c'è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d'Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perchè?

E c'è chi afferma, però, che con l'autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno...

Sui LEP c’è ancora grande confusione, e poco si sa, al livello della pubblica opinione, del lavoro della commissione che deve definirli, a parte le polemiche e le dimissioni di buona parte dei suoi componenti, che certo non ci rassicura. In ogni caso il DDL Calderoli specifica che non ci sarà uno sforzo economico dello Stato per sostenere il raggiungimento dei LEP, dunque mi chiedo a cosa serviranno realmente.

Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?

I LEP non basteranno perché sono legati alla cosiddetta spesa storica delle regioni e ai “fabbisogni standard” dei cittadini che le abitano, criteri assolutamente ingiusti. Basti pensare che, in base a questi, siccome in alcuni comuni del Sud non esistono gli asili nido o il tempo pieno, e dunque non c’è alcuna spesa storica legata a questi servizi essenziali, di fatto si certifica che in questi paesi calabresi o siciliani non c’è il bisogno, il fabbisogno appunto. Dunque non se ne creano e non si finanziano, perché semplicemente “non richiesti”. E questo proprio laddove sarebbero fondamentali per abbattere lo scandalo della dispersione scolastica e della povertà educativa a cui invece continueremo a inchiodare migliaia di cittadini italiani nati sfortunatamente nella parte sbagliata del Paese.

Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?

Per la Sanità vale lo stesso discorso che ho fatto per la Scuola. D’altronde la fissazione dei LEA, i cosiddetti livelli essenziali di assistenza, che nella Sanità esistono, non hanno determinato nessun miglioramento dei servizi sanitari al Sud, i cui cittadini continuano a o godere dei medesimi diritti alla salute degli altri Italiani, e continuano a fare “turismo sanitario” al Nord e a subire lo scandalo di liste d’attesa infinite, anche in situazioni di salute gravi dove il tempismo sarebbe essenziale. Ricordiamo anche che regioni come il Veneto chiederanno presto di poter pagare i loro insegnanti e i loro medici in base al gettito fiscale della Regione, dunque prevedibilmente molto di più che in altre parti d’Italia. Potremmo presto assistere al paradosso di avere venti sistemi sanitari e scolastici differenziati.

Trova aspetti critici in questo Ddl? Se è si, quali e perché? A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?

L’aspetto più critico sta proprio nel fissare per sempre la disuguaglianza legata alla mai risolta questione meridionale, poiché il vero scopo è quello di eliminare quella che viene vista da sempre come la zavorra economica, ossia il Meridione, illudendosi che spaccando l’Italia il Nord potrà decollare ancora di più. Tutto questo avviene in spregio dell’unità, della coesione e della solidarietà nazionale sanciti dalla Costituzione, ma soprattutto mostra la miopia politica di chi non vede come i Meridionali abbiano contribuito da sempre allo sviluppo e alla produttività di tutta Italia e del Nord in particolare, non solo con l’emigrazione di manodopera e cervelli, ma anche con il versamento di tributi che sono statali, come IRPEF o IVA, che, come scrive il giornalista Marco Esposito, “finiscono in un salvadanaio che è di tutti” e dunque non possono e non devono restare nei confini delle singole regioni. Che poi, a volere dirla tutta, dati ISTAT alla mano, è stato dimostrato che un bambino nato a Catanzaro ha una speranza di vita di 11 anni in meno di uno nato a Bolzano, che peraltro incide immensamente di più sulle casse dello Stato, visto che nella sua infanzia può godere di asili nido, mense e palestre scolastiche, tempo pieno e prolungato, tutti servizi quasi inesistenti o irrilevanti da Napoli in giù. Sono i bambini e le bambine meridionali che andrebbero risarciti di quello che le istituzioni non hanno saputo e voluto garantire, e di cui l’infanzia, spesso proprio negata, non può certo portare nessuna colpa.

 

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