Omicidio Dalla Chiesa: tra ricordi e negazioni

Ultimamente tutti abbiamo assistito alle varie dichiarazione e dibattiti televisivi.

Omicidio Dalla Chiesa: tra ricordi e negazioni
collage creato da Antonino Schilirò


Rita Dalla Chiesa, figlia del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ucciso a Palermo il 3 settembre 1982, ha dichiarato in televisione:

“Mio padre ucciso per fare un favore a un politico. Una persona che, quando mio padre è andato a Palermo, gli aveva detto 'Stia attento a non mettersi contro la mia corrente perché chi lo ha fatto è sempre tornato in una bara'”.

L'ex conduttrice poi chiede “Ma se io dico Andreotti?” e da lì il silenzio assenso di Rita Dalla Chiesa che ha suscitato non poche polemiche.

Dichiarazione all'apparenza pesanti quelle della figlia del Generale, ma andiamo ai fatti. Il Generale Dalla Chiesa fu il numero due dell'Arma dei Carabinieri, fondò il Nucleo Speciale Antiterrorismo con il quale sconfisse le Brigate Rosse e poi, dopo un periodo di isolamento, accettò l'incarico di Prefetto a Palermo, durato 100 giorni perché fu ucciso il 3 settembre 1982. Gli erano stati promessi poteri speciali a Palermo, come per la lotta al terrorismo, ma non arrivarono mai. Fu isolato e mandato a morire.

Ma dalla stessa sera dell'omicidio iniziano le stranezze:

la sera dell'assassinio di, due uomini, tra cui l'economo della prefettura allontanato mesi prima dal Generale, andarono a casa del prefetto per cercare dei lenzuoli con cui coprire i cadaveri. In seguito a questo episodio la chiave della cassaforte scomparve, per ricomparire diversi giorni più tardi.

All'apertura della cassaforte da parte dei figli questa fu ritrovata svuotata. Qualcuno quindi rubò il suo contenuto, parecchi documenti sensibili, tra cui anche un dossier sul caso Moro.

E sicuramente ad entrare in prefettura non furono Pino Greco o altri mafiosi.

Da lì in avanti arrivano le denunce pubbliche dei figli, soprattutto di Nando, i quali affermano che l'omicidio fu politico per fare un favore ad Andreotti. E questo viene affermato per 40 anni. Adesso Rita, la quale ha fatto scelte politiche abbastanza dubbie, se ne esce con queste dichiarazioni, abbastanza veritiere, e tutti si scandalizzano. E qui la domanda sorge spontanea: tutti quelli che si sono scandalizzati, dove sono stati per 40 anni?

Certo che queste giuste parole vengano dalla figlia Rita fa riflettere, visto che si ritrova deputata con un partito fondato da

  • Berlusconi che pagava Cosa nostra,
  • Marcello Dell'Utri condannato per concorso esterno in associazione mafiosa,
  • Tonino D'Alì condannato per concorso esterno in associazione mafiosa,
  • Nicola Cosentino condannato per concorso esterno in associazione mafiosa ed altri.

Ma nessuno può comunque contrastare la volontà di una vera voglia di giustizia, forse arrivata in ritardo e con scelte ambigue, di una figlia.

La replica è stata lampante del figlio di Giulio Andreotti, Stefano, il quale in una intervista all'Adnkronos, pubblicando pure una lettera che si sarebbero scambiati i rispettivi padri:

“Tra loro ci furono rapporti sempre ottimi, che durarono nel tempo. Mio padre sconsigliò a Dalla Chiesa di andare come Prefetto a Palermo, gli consigliò di farsi dare poteri maggiori, per poter coordinare la lotta alla criminalità, non soltanto siciliana, ma anche quella delle altre regioni del Sud, la 'ndrangheta in Calabria e la camorra in Campania.

Mio padre restò colpito da quell'omicidio. Tra l'altro conosceva bene la moglie Setti Carraro e la sua famiglia, con lei era stato amichevole e l'aveva aiutata ai tempi della Croce Rossa”.

Poi parlando delle lettere che Andreotti lasciò ai figli afferma:

"Mio padre se ne è andato sereno, lui aveva una fede vera, in quelle righe che abbiamo letto la sera della scomparsa, c'era scritto 'io giuro davanti a Dio di non avere avuto niente a che vedere con la Mafia, se non per combatterla, né con le uccisioni di Dalla Chiesa e Pecorelli'".

A questo punto è normale che un figlio cerca di difendere un padra, soprattuto se parliamo di qualcuno che ha avuto un grosso potere fra le mano e ha gestito un “sistema” enorme. Ma non si può dimenticare la prescrizione dei reati di Andreotti fino al 1980, non si possono dimenticare le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, credibili quando si parla di manovalanza mafiosa e non credibili quando si parla di indicibili patti.

Dopo questa intervista arriva la replica di Rita Dalla Chiesa:

“Io me lo sono chiesto perché sia venuta fuori questa valanga. Sono cose che io e i miei fratelli andiamo dicendo da quarantadue anni, da quando è morto papà. Lo abbiamo sempre detto: l’omicidio di mio padre è stato un omicidio politico.

E quella frase («Preferisco andare ai battesimi che ai funerali», ndr) non è stata una battuta sbagliata, purtroppo (Giulio Andreotti, ndr) l’ha detta. Io ricordo ancora che avrei voluto spaccare il televisore, non ci credevo. Non pensavo potesse dire una cosa del genere.

"Era uno schiaffo alla sua memoria" (le parole del figlio di Andreotti). Mio fratello disse, subito dopo la morte di papà, “Cercate i mandanti nella Democrazia Cristiana”. La corrente andreottiana in Sicilia era veramente molto forte. Quando mio padre fu mandato come Prefetto a Palermo, è vero che Andreotti in quel momento non aveva alcun incarico politico, lo andò a salutare, come andò a salutare tutti i politici. Andreotti gli disse una frase, che non è una mia frase.

È una frase scritta da mio padre sul suo diario che scriveva tutte le sere a mia madre da quando era mancata. Disse: Stamattina sono andato a salutare Andreotti e lui mi ha detto “Mi raccomando, abbia riguardo per la mia corrente in Sicilia perché chi si è messo contro la mia corrente poi in qualche modo è sempre uscito con i piedi in avanti”.

Questi diari sono stati consegnati, quando li abbiamo trovati, al giudice Falcone. Non è che noi non ci siamo rivolti ai magistrati. Le cose che diciamo le abbiamo constatate e dette al maxiprocesso Se Andreotti gli ha detto di non andare in Sicilia a fare il Prefetto è perché evidentemente non aveva nessun interesse che andasse a scoprire alcune grosse magagne della sua corrente in Sicilia. Il figlio di Andreotti non c’entra niente. Ha detto che vorrebbe incontrarmi, io sono qui.

Anzi, mi farebbe molto piacere incontrarlo, parlare con lui anche dei nostri padri perché niente deve ricadere sui figli”.