«Presidenza del Consiglio e Ministero dell'Interno responsabili civili»

Sciolta la riserva sull'ammissione delle parti civili del Gip, David Salvucci, di Caltanissetta nel processo riguardanti i quattro poliziotti accusati di depistaggio sulle indagini della strage di via d'Amelio.

«Presidenza del Consiglio e Ministero dell'Interno responsabili civili»

foto di Antonino Schilirò

A Caltanissetta si sta svolgendo il processo che vede imputati Maurizio Zerilli, Giuseppe Di Gangi, Vincenzo Maniscaldi e Angelo Tedesco, poliziotti accusati di depistaggio per aver mentito durante il processo sul falso pentito Vincenzo Scarantino, legato alle indagini sulla strage di via D’Amelio dove persero la vita Paolo Borsellino e i 5 agenti di scorta.

Le richieste delle parti civili, tra cui i familiari delle vittime, sono state accolte la mattina del 3 ottobre, riconoscendo una responsabilità non solo personale degli agenti, ma anche istituzionale, con la presidenza del Consiglio e il ministero dell’Interno considerati responsabili civili. Il problema centrale del caso è il coinvolgimento di organi dello Stato che, negli anni Novanta, avrebbero dovuto vigilare sul corretto operato dei propri funzionari, ma che invece sembrano averli protetti.

Uno degli aspetti più controversi è relativo al ruolo del Sisde (servizio segreto civile) nelle indagini. Sebbene la legge vieti agli agenti segreti di indagare su mandato della magistratura, gli stessi furono coinvolti dall’allora procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra con la giustificazione che la squadra mobile non avesse le competenze necessarie per gestire un’inchiesta di portata elevata come lo era quella. Nonostante ciò dal processo è emerso che le indagini furono alla fine condotte dalla squadra mobile di Palermo, rendendo il coinvolgimento del Sisde non solo inutile, ma anche illegale. Un episodio particolarmente inquietante riguarda una nota del Sisde del 13 agosto 1992, poche settimane dopo la strage, in cui si anticipavano sviluppi sulle modalità del furto dell’auto utilizzata per l’attentato. Questo dettaglio ha sollevato dubbi sul livello di informazione di cui i servizi segreti disponevano, visto che la polizia, come confermato dall’ex funzionario Salvatore La Barbera, non era ancora arrivata a quegli stessi risultati.

Tornando alla giornata del 3 ottobre, come detto, la Presidenza del Consiglio e il Ministero dell'Interno sono stati citati quali responsabili civili, mentre sono stati ammessi come parte civile solo i figli del giudice Paolo Borsellino, rappresentati dagli avvocati Vincenzo Greco e Fabio Trizzino.
In caso di condanna degli imputati, quindi, saranno la Presidenza del Consiglio e il Ministero dell'Interno a risponderne perché non avrebbero vigilato sull’operato dei propri rappresentanti, per averli protetti oppure per aver avallato il loro presunto operato illecito.
Ricordiamo che dalla Presidenza del Consiglio dipendono anche i servizi segreti.

Come parte civile sono stati ammessi anche il Ministero della Giustizia, il Ministero dell'Interno e la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il Gip ha rigettato tutte le altre richieste avanzate dai parenti delle vittime della strage di via d'Amelio e da Antonio Vullo, unico superstite della strage. Quindi è stata rifiutata la richiesta di parte civile anche per Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso il 19 luglio 1992, per "difetto dei requisiti", come scrive il GIP nell'ordinanza.
Inoltre sono rimasti fuori anche i fratelli e la sorella di Claudio Traina, agente di scorta, Luciano, Giuseppe e Filomena Traina.
Per finire pure la vedova e i figli di Agostino Catalano e la sorella di Emanuela Loi.