«Si rischiano squilibri e sperequazioni territoriali»

L'INTERVISTA al Sindaco di Ravenna Michele de Pascale, in quota Partito Democratico.

«Si rischiano squilibri e sperequazioni territoriali»


La riforma sull'autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perchè? Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?

Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché?

Trova aspetti critici in questo Ddl? Se è si, quali e perché?

C’è una grande confusione di fondo, il titolo V afferma il principio della sussidiarietà verticale per quello che concerne le funzioni amministrative e in merito a queste funzioni personalmente mi ritengo un fermo autonomista. Penso infatti, come indica la nostra Costituzione, che la gestione della cosa pubblica debba avvenire più vicino possibile al cittadino. Le funzioni amministrative sono assegnate principalmente ai Comuni, dove appunto i cittadini possono esercitare anche una forma di controllo, ma anche di sussidiarietà orizzontale, quindi è previsto anche un ruolo nel quale i cittadini possono partecipare attivamente all’esercizio di queste funzioni. Dove il titolo V ha mostrato difficoltà è sulla proliferazione di legislazioni e di regole diverse e diversificate regione per regione. Questo aspetto viene aggravato dall’autonomia differenziata, perché si accentua un’arlecchinata, quando invece la tendenza a livello europeo è sempre quella dell’armonizzazione delle norme. Da un lato si rischia di produrre degli squilibri e delle sperequazioni territoriali, dall’altro invece si rischia di rendere l’Italia un paese più complicato, in cui è più difficile vivere e investire; ci sono venti staterelli, ognuno con regole diverse e il cittadino o un’impresa faticano sempre di più dovendosi relazionare con venti sistemi legislativi diversi.

C'è chi dice che per primi, questa legge, l'ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?

Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?

Personalmente da presidente Upi ho discusso dell’autonomia differenziata con il Governo Gentiloni, col Governo Conte 1, Conte 2, col Governo Draghi e ora col Governo Meloni. È chiaro che ognuno di quei progetti aveva caratteristiche diverse, ma io penso che serva una critica alla legge Calderoli e anche un’autocritica di fondo. Nel titolo V ci sono tante cose giuste, ma è stata sbagliata questa proliferazione di legislazioni così diverse e anzi, servirebbe l’esatto opposto, più autonomia nell’amministrazione attiva e nella gestione e più omogeneità nella legislazione. Penso che il centrosinistra per essere critico con Calderoli (e io credo sia doveroso esserlo) debba mettere in campo anche una parte di autocritica.

Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c'è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c';è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d'Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perchè?

Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?

È evidente che l’autonomia differenziata è una concessione alla Lega rispetto a una secessione strisciante, ovvero l’idea di abbandonare il centro e il sud a sé stessi. Si tratta di un’autonomia egoista che non afferma “voglio spendere meglio le risorse che attualmente la Repubblica spende per il mio territorio”, ma “voglio trattenere più soldi sul mio territorio e non mi voglio far carico del principio di solidarietà”. Approccio che peraltro si scontra con i principi costituzionali; inoltre, prendendo ad esempio la sanità, i cittadini hanno comunque il diritto di andare a curarsi liberamente in qualsiasi regione d’Italia e dunque le regioni del nord in questo senso non traggono particolari benefici. È evidente che i problemi sono più dei benefici: in questa logica invece sarebbe un vantaggio anche per il nord che migliorasse la qualità della salute al sud; inoltre per il nord – la parte d’Italia più attrattiva per gli investimenti – il tema delle leggi arlecchino rappresenta un problema concreto. Al contrario sarebbe bello se la Lega si battesse per fare rilasciare i permessi di soggiorno ai Comuni o per togliere chilometri di strada ad Anas e assegnarli a Province e Comuni in un’ottica di maggiore efficienza gestionale, ma questo è un tipo di autonomia che sembra non interessi a nessuno.

C'è chi afferma, però, che con l'autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno...

Al di là dell’autonomia differenziata il tema delle risorse per il nostro paese è un problema serio e il Pnrr in larga parte ha rappresentato anche contrazione di debito ulteriore; quindi andiamo verso anni non facili sul tema della finanza pubblica, però più che l’autonomia differenziata è una questione di priorità. Il Governo dovrebbe mettere in priorità ad esempio la tutela della salute pubblica o la prevenzione contro il dissesto idrogeologico, temi di cui invece si disinteressa totalmente. Le risorse non ci sono e temo che non ci saranno neanche con l’autonomia differenziata.

Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?

Sulla sanità gli elementi critici trasversali a tutte le politiche assumono anche una dimensione etica, perché se in una logica competitiva tra territori posso legittimamente fare una battaglia per ottenere un finanziamento in più per realizzare ad esempio una pista ciclabile in Emilia-Romagna, rispetto a farne una in meno in Abruzzo (pratica che esiste e di cui va preso atto) in sanità questo approccio non è etico. Invece sul tema Sanità se cerco di ottenere più soldi per aprire una terapia intensiva neonatale in più in Emilia-Romagna e sottraggo queste risorse ad una terapia intensiva neonatale in Campania, sto tendenzialmente uccidendo dei bambini se non sono in grado di garantire questo servizio in prossimità in tutto il territorio nazionale. Quindi in sanità la competizione tra territori è immorale non solo sbagliata. Perseguire un maggiore equilibrio di offerta sanitaria in tutto il paese dovrebbe essere un dovere di ciascun essere umano e anche l’estrema proliferazione di norme Lea diversificate, organizzazioni sanitarie diverse, rapporti con le università diversi, non credo faccia bene al Servizio sanitario nazionale.

A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?

Lo scopo di questa manovra è consentire alla Lega di sbandierare un tema storico cedendo in cambio su una riforma costituzionale ancora peggiore dell’autonomia differenziata, quella del premierato, sogno proibito della destra italiana, una sola persona al comando col potere di mandare tutti a casa. E che questo avvenga con il voto di una forza autonomista è una vergogna, in ogni luogo del mondo le forze autonomiste si oppongono a schemi di questo tipo.

 

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