«Sono contrario a questa proposta perché spacca il Paese»

L'INTERVISTA al consigliere regionale Regione Lombardia Matteo Piloni, in quota Partito Democratico.

«Sono contrario a questa proposta perché spacca il Paese»

La riforma sull'autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perchè?

Sono contrario a questa proposta perché spacca il Paese. E non riguarda solo il Sud, ma anche il Nord con il rischio, ad esempio, di avere 20 leggi energetiche diverse con il rischio di fare confusione e non abbassare i costi per famiglie e imprese.

Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?

Una valutazione negativa perché, se attuato, distruggerebbe l’unità del Paese calpestando i principi di uguaglianza dei cittadini nell’accesso a beni e servizi essenziali a partire da sanità e istruzione. E poi perché è una merce di scambio all’interno della maggioranza: autonomia differenziata in cambio al sostegno al disegno del premierato della Meloni.

C'è chi dice che per primi, questa legge, l'ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?

No, non è giusta. Per il semplice fatto che il centrosinistra non ha voluto questa legge, ma nel 2001 ha modificato la Costituzione per prevedere la possibilità di maggiori poterei per gli enti locali.

Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché?

Assolutamente no. Il principio che stava alla base della riforma del 2001 era dare una possibilità, appunto, agli enti locali. Il DDL Calderoli apre una differenziazione tra regioni su tutte le materie che rischia solo di creare caos, maggiori costi e minori garanzie per i cittadini. Esattamente il contrario.

Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?

No se stiamo nel merito. Già sulla sanità abbiamo modelli diversi che hanno creato forti disuguaglianze sul territorio nazionale. Immaginiamo se le stesse differenze fossero applicate anche sulla scuola. Diversi gradi d’istruzione sul territorio nazionale e diversi trattamenti per i docenti. Un disastro.

Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull'autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensa?

Che hanno ragione, tant’è che come PD abbiamo iniziato a raccogliere le firme per far sentire la voce dei cittadini.

Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c'è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c'è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d'Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perchè?

L’attribuzione delle ulteriori funzioni alle regioni è subordinata alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale, senza alcuna garanzia sui relativi tempi. Non c’è alcuna garanzia che i servizi ai cittadini saranno sullo stesso livello.

C'è chi afferma, però, che con l'autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno...

C’è un tema vero di risorse. La narrazione leghista racconta che ci saranno risorse in più per le regioni, senza però spiegare come. Il rischio, dunque, è quello di rendere ancora più confusi e oscuri i criteri di allocazione delle risorse, sia nei tempi che nei modi.

Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?

Fissiamo un punto. I LEP dovrebbero garantire la parità dei servizi offerti ai cittadini in tutto il paese, da Nord a Sud. L’effettiva uniformità delle prestazioni dipenderà soprattutto dai finanziamenti che lo Stato sarà in grado di allocare. Oggi il Governo, da qui al 2028, sta tagliando risorse ai comuni e alle province. Di cosa stiamo parlando?

Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?

Il governo Meloni ha più volte dichiarato di avere come modello la sanità Lombarda. Ricordo che in Lombardia, oggi, 1 cittadino su 9 rinuncia alle cure perché non può permettersele. Un divario che si è ampliato negli ultimi 20 anni. Bastarebbe questo per capire cosa accadrà con la loro idea di autonomia: vuoi curarti? Paga.

Trova aspetti critici in questo Ddl? Se è si, quali e perché?

Si, perché aumenterà il divario e apre la strada alla privatizzazione del servizio sanitario.

A conti fatti qual è il vero scopo di questa manovra?

Una scambio elettorale. Alla Lega l’Autonomia – che in 12 anni di Governo non è mai riuscita ad ottenere – e alla Meloni il premierato. Uno scambio che fa il male del Paese.

 

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