«Un grande risultato di rinnovamento dello Stato italiano»

L'INTERVISTA all'europarlamentare Anna Maria Cisint, in quota Lega.

«Un grande risultato di rinnovamento dello Stato italiano»


La riforma sull'autonomia differenziata è stata approvata pure alla Camera nella notte del 19 giugno, dopo un lungo iter fatto pure di scontri pressoché politici. È favorevole o contrario? Perchè?

Si tratta di un grande risultato di rinnovamento dello Stato italiano in linea con quanto previsto dalla Costituzione voluto e portato avanti dalla Lega. Avrà la funzione di migliorare la gestione dei servizi e delle politiche che riguardano i cittadini e i territori tenendo conto di ciascuna realtà e specificità e migliorerà la spesa pubblica. Contiene criteri che non dividono le condizioni fra le diverse Regioni, non spacca il Paese, ma piuttosto il contrario riducendo le attuali odiose disparità - dovute soprattutto a incapacità e inefficienza - attraverso l’introduzione dei livelli essenziali delle prestazioni. Ricordo, peraltro, che nel 2017 il referendum lanciato dalle Regioni Veneto e Lombardia ebbe risultati plebiscitari e che nel febbraio del 2018, gli allora presidenti Zaia, Roberto Maroni, per la Lombardia e Stefano Bonaccini per l’Emilia- Romagna, firmarono delle pre-intese con il governo Gentiloni per darne attuazione. Ma poi la riforma sparì dalle agende dei successivi governi Conte I e II e Draghi.

Che valutazione generale dà al Ddl Calderoli?

Basta leggere l’articolo 1 del provvedimento per dare il senso della riforma e smontare le speculazioni pregiudiziali della sinistra. Vi si afferma anzitutto che la cornice è quella dei principi di unità giuridica ed economica, indivisibilità, autonomia e decentramento amministrativo. Si precisa che il provvedimento serve per definire i principi per l’assegnazione, in forma congiunta o alternativa, delle competenze legislative o delle funzioni amministrative stabilendo le modalità da seguire. E che il riconoscimento di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia viene attuato ai sensi dell’articolo 116 della Costituzione: non c’è, dunque, nessun vulnus anticostituzionale bensì l’applicazione della nostra Carta fondamentale. L’articolo 116, del resto, è quello stesso su cui si basa l’autonomia speciale del Friuli Venezia Giulia che ha dimostrato di saper utilizzare questa facoltà nel modo migliore senza alcun stravolgimento dell’ordinamento statuale.

C'è chi dice che per primi, questa legge, l'ha voluta il centro sinistra con il Titolo V della Costituzione nel 2001. È giusta questa analisi?

E’ vero che la riforma approvata ora in via definitiva dalla Camera, dopo l’approvazione del Senato, trova le sue basi nella modifica del titolo V della Costituzione voluta in modo puramente strumentale dal centrosinistra nel 2001 con il chiaro intento di cercare di assecondare le istanze di autonomia del Paese di cui la Lega è sempre stata portatrice. Con il governo guidato da Giuliano Amato e con il ministro Franco Bassanini, venne approvata con la riforma del titolo V della Costituzione una modifica che contiene un riconoscimento importante: che nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa "salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato". Spetta alle Regioni, cioè, la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Ma poi la sinistra non seppe, e soprattutto non volle, dare attuazione a questo importante riconoscimento e principio.

Il Titolo V riformato nel 2001 afferma il principio di sussidiarietà verticale, non solo tra Stato e Regioni, ma tra Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni. Tale sussidiarietà, in linea di principio, oltre a venire incontro alle specificità dei territori, dovrebbe avvicinare i servizi ai cittadini, dando loro un maggior controllo su come vengono spesi i soldi delle tasse da essi pagate. Ritiene che tale principio sia valido, ben espresso dall’attuale Titolo V e, infine, ben rispettato dal ddl di attuazione? Se no, perché?

La riforma è molto chiara: stabilisce le modalità per l’assegnazione delle competenze legislative e quelle procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione. L’atto d’iniziativa relativo all’attribuzione di forme particolari di autonomia è deliberato dalla Regione, sentiti gli enti locali e con esso si apre il negoziato per l’approvazione dell’intesa. C’è quindi un meccanismo di partecipazione e coinvolgimento del sistema delle autonomie locali e di trasparenza dei contenuti e delle modalità per assicurare l’obiettivo che, ovviamente, non è fine a sè stesso bensì è quello di di migliorare l’autogoverno locale come prevede la stessa Costituzione.

Titolo V nel 2001 voluto dal centro sinistra e criticato dal centro destra e Ddl Calderoli oggi voluto dal centrodestra e criticato dal centro sinistra. Non si corre il rischio che il tutto si concluda solo come una mera opposizione politica mettendo da parte i veri bisogni dei cittadini?

Siamo di fronte a un imbarbarimento del confronto politico per cui la contrapposizione della sinistra verso il governo di centrodestra ha un aspetto pregiudiziale al di là dei contenuti di merito. Ne è un esempio l’ex presidente dell’Emilia Romagna Bonaccini che ha si sta arrampicando sugli specchi per contestare la riforma quando, nel 2017, ai tempi del governo Gentiloni, aveva firmato una dichiarazione di intenti per attribuire alle regioni ulteriori “forme e condizioni particolari di autonomia”. Oggi il provvedimento non gli va più bene, ma in questi 7 anni, nei quali per lungo tempo il Pd ha influenzato il governo, quali proposte alternative ha portato avanti per promuovere appunto queste ulteriori forme di autonomia? Ci è voluto il ministro Calderoli per dare attuazione a questo obiettivo.

Diversi sindaci hanno fatto appelli o pressioni alle Regioni (vedi caso Calabria) per impugnare la legge sull'autonomia differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Che cosa ne pensa?

Per ora c’è solo una raccolta di firme dell’opposizione che si basa su una campagna di disinformazione sulla riforma che potrà essere facilmente smontata anche per i passi ulteriori che il provvedimento prevede e con l’avvio dei confronti Stato-Regioni su quelle materie non dipendenti dai Lep che già consentono di stendere gli accordi di attribuzione di nuove competenze.

Andiamo ai Lep perché è qui che la maggior parte del panorama politico si spacca: c'è chi afferma che sarà più dannoso per le regioni del sud e c'è chi dice che sarà un aiuto concreto e che finalmente farà mettere tutte le Regioni d'Italia sullo stesso livello. Quale dei due casi è giusto secondo lei e perchè?

I livelli essenziali delle prestazioni puntano a essere una garanzia per le aree meno avanzate perché, come recita anche una norma inserita nel testo della legge di bilancio, misurano “la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale” oltre che per regolare i rapporti finanziari fra Stato e autonomie e “favorire un'equa ed efficiente allocazione delle risorse collegate al Pnrr”. I livelli essenziali delle prestazioni» (Lep), rappresenteranno pertanto la misura minima dei servizi pubblici da garantire in tutta Italia. La norma prevede appunto che il trasferimento delle competenze, quasi tutte, ha luogo a seguito della definizione dei Lep da determinare entro un anno dall’entrata in vigore della legge.

C'è chi afferma, però, che con l'autonomia differenziata di risorse ce ne saranno sempre di meno...

Anche in questo caso la riforma è estremamente chiara. Le risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie all’esercizio da parte di una Regione delle forme di autonomia sono determinate, in sede di prima applicazione, da una Commissione paritetica Stato-Regione, nei termini di spesa storica sostenuta dalle amministrazioni statali nella Regione per l’erogazione dei servizi pubblici corrispondenti alle funzioni conferite. Un criterio di cui si prevede il superamento a regime con la determinazione dei costi standard, dei fabbisogni standard e dei livelli di servizio cui devono tendere le amministrazioni regionali quali strumenti di valorizzazione e valutazione dell’efficacia e dell’efficienza della loro azione amministrativa.

Ma secondo lei bastano questi Lep a garantire diritti di cittadinanza uguali per tutti?

Accanto ai Lep serve una capacità di buon governo amministrativo, di buona amministrazione politica, e questo dipende solo dalle scelte dei cittadini al momento del voto.

Andando al tema sanità, tema così tanto delicato nel nostro paese, che impatto avrà questa legge proprio sulla sanità?

In materia di sanità io penso che si deve puntare su equità ed eguaglianza di accesso alle cure perchè l'interesse da guardare è quello del cittadino. La riforma non potrà che favorire questo obiettivo.

 

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