La Prof.ssa Giusy Rosato dialoga con il Prof. Marco Omizzolo e con la Dott.ssa Francesca Diletta Figini che, in occasione della XII edizione della Giornata del Laureato lo scorso 17 giugno, ha ricevuto il riconoscimento di “Laureata Eccellente” per la Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia, Comunicazione, organizzata da Fondazione Roma Sapienza e Sapienza Università di Roma proprio per premiare i migliori laureati dell’Anno Accademico 2022/2023.
Un riconoscimento che la Dott.ssa Figini ha ricevuto per una tesi di laurea davvero encomiabile, frutto di un lavoro di ricerca molto attento, accurato, dettagliato.
Un lavoro di ricerca-azione svolto sul campo, che ha realizzato per il Dipartimento di Scienze politiche, Corso di laurea in Relazioni internazionali e sicurezza globale, dal titolo: “Sulla frontiera franco-italiana: gestione dei flussi migratori, evoluzione politica e criminalizzazione degli aiuti umanitari”.
Il lavoro si apre, nel primo capitolo, con una interessante analisi storica, semantica e simbolica del concetto di “confine”.
Spesso, nel linguaggio corrente utilizziamo confine, frontiera, limite come meri sinonimi, ma non sono termini indistintamente sovrapponibili. Al contrario, vi sono tra loro sfumature di significato, che sono differenze sostanziali.
Il limite indica una barriera, una linea che delimita, blocca, restringe, chiude.
La frontiera è un confine dinamico, un punto di passaggio, scoperta, contatto.
La frontiera apre ed invita ad andare oltre, oltre limiti personali, sociali, culturali, come la Dott.ssa Figini dimostra con il suo lodevole lavoro, sull’esempio di un Maestro di “apertura all’Altro”, qual è il Prof. Marco Omizzolo, soprattutto se questo “Altro” è l’ultimo della fila, lo scarto, il reietto, il diseredato, l’emarginato.
Dalla globalizzazione dell’indifferenza alla cultura dell’accoglienza: di questo cambio di prospettiva il Prof. Omizzolo e la Dott.ssa Figini, docente e discente, danno una illustre testimonianza.
Il mio altro è l’altro nel villaggio globale e l’incontro con l’altro diventa la sfida cruciale del XXI secolo. Come sostiene, infatti, Emmanuel Levinas: “l’autre me regarde”.





