Una puntata scomoda, senza compromessi
Il 21 luglio 2025, in diretta su TikTok, è andata in onda la sedicesima puntata del format “30 minuti con…” promosso dalla testata WordNews.it, condotto da Paolo De Chiara con la collaborazione di Antonino Schilirò. Ospite della serata: Antonio Ingroia, ex magistrato antimafia, avvocato, scrittore, protagonista di alcuni dei processi più delicati della storia giudiziaria italiana, a partire da quello sulla trattativa Stato-mafia.
L’appuntamento – come dichiarato in apertura – rappresenta una vera e propria “resistenza culturale e civile”, un format pensato per affrontare la verità scomoda, quella spesso ignorata dai grandi media e derubricata dalla politica.
Il tradimento della memoria di Falcone e Borsellino
Ingroia ha ripercorso con lucidità e amarezza i 33 anni dalla strage di via D’Amelio, ricordando Paolo Borsellino non come un eroe, ma come un uomo giusto, generoso, consapevole di camminare verso la morte, eppure mai disposto ad arretrare.
“Borsellino fu tradito dallo Stato che serviva. Tradito dai colleghi, da pezzi deviati delle istituzioni, isolato, delegittimato, pugnalato alle spalle dentro lo stesso palazzo di giustizia”.
Ingroia ha ricordato anche Giovanni Falcone, denunciando la narrazione revisionista e “commemorativa” che santifica i morti ma copre le responsabilità dei vivi.
Trattativa Stato-mafia: “C’è stata, lo dice la Cassazione”
Al centro della conversazione anche la trattativa tra Stato e mafia, documentata nel processo che vide tra gli imputati i generali Mario Mori e Antonio Subranni, ma anche l’ex senatore Marcello Dell’Utri. Ingroia ha ribadito che, nonostante le assoluzioni per singoli reati, le sentenze hanno riconosciuto l’esistenza della trattativa.
“La trattativa c’è stata. È stata confermata in via definitiva. Paolo Borsellino non l’avrebbe mai tollerata, e forse è proprio per questo che fu ucciso”.
Secondo l’ex magistrato, il cambio di strategia mafiosa – l’accelerazione della strage di via D’Amelio – può essere spiegato proprio con la volontà di fermare chi avrebbe potuto ostacolare la trattativa: Paolo Borsellino.
L’agenda rossa e i depistaggi di Stato
Ampio spazio è stato dedicato al mistero mai risolto dell’agenda rossa, trafugata dalla borsa di Borsellino pochi minuti dopo l’esplosione.
“Non fu la mafia a prendere quell’agenda. Fu lo Stato. Fu presa da uomini dei servizi, dei corpi investigativi, finì nelle mani di Arnaldo La Barbera, che poi fu riconosciuto come uno dei principali depistatori. Un uomo legato ai servizi segreti, alla massoneria, a dinamiche oscure”.
Depistaggi, coperture, silenzi. Ingroia ha ricostruito la rete che ha contribuito a insabbiare la verità e a proteggere i vertici istituzionali da un’indagine che avrebbe potuto far tremare il Paese.
Mancino, Contrada, Napolitano: le domande che non possono avere una risposta
Ingroia ha risposto a una domanda posta da Angela Napoli, storica esponente antimafia: qual è stato il vero ruolo di Nicola Mancino?
“Mai chiarito. Troppe amnesie. Non ricordava nemmeno se aveva incontrato Paolo Borsellino. Quelle intercettazioni con Napolitano? Cancellate, ma resta il dubbio: esistono ancora da qualche parte? Qualcuno le usa per ricattare?”
L’ex magistrato ha sottolineato la divaricazione tra legalità formale e verità sostanziale, denunciando il silenzio di molti e il tradimento di troppi.
Una commissione Antimafia al servizio del revisionismo?
Ingroia ha criticato duramente l’attuale Commissione parlamentare Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, definendola “una macchina del revisionismo politico”.
“Stanno tentando di riscrivere la storia delle stragi, concentrandosi solo su via D’Amelio, come se Borsellino fosse un martire della destra. Ma Borsellino era un uomo dello Stato, non di una parte politica. E chi oggi tenta di appropriarsene, ne tradisce la memoria”.
Ingroia ha espresso forti dubbi sul tentativo di escludere dalla Commissione due ex magistrati oggi parlamentari, Scarpinato e De Raho, definendolo un “regolamento di conti mascherato”.
“Viviamo in un Paese alla rovescia”
La chiosa finale di Antonio Ingroia è un atto d’accusa lucido e spietato:
“Viviamo in un Paese alla rovescia, dove si boccia Rita Borsellino per far vincere Cuffaro, dove Dell’Utri fonda un partito che governa per decenni, dove si santifica Berlusconi, condannato per aver pagato Cosa Nostra. E allora chi ha tradito? Non solo lo Stato. Una parte del popolo italiano ha tradito la memoria di Falcone e Borsellino.”
Il format: “30 minuti con…” non fa sconti
La trasmissione, come ricordato dal conduttore Paolo De Chiara, si è posta fin dall’inizio l’obiettivo di “non fare sconti a nessuno”. Ospitando testimoni di giustizia, magistrati, giornalisti, attivisti e superstiti delle stragi, ha costruito un archivio vivo di memoria e denuncia.
In chiusura, Ingroia ha dato la sua disponibilità a tornare come ospite nei prossimi mesi, auspicando che l’Italia possa ancora “trovare la forza di guardare in faccia la verità”.
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