Ottant’anni dopo, la guerra continua a spegnere le vite più fragili, sotto lo sguardo indifferente del mondo. A Gaza non è caduta una bomba atomica, ma agisce la stessa logica disumana: quella che divide il mondo in vite degne e vite sacrificabili.
Il 6 agosto 1945, alle 8:15 del mattino, una bomba atomica sganciata dagli Stati Uniti distrusse in un istante la città giapponese di Hiroshima, uccidendo decine di migliaia di persone.
A ottant’anni di distanza, nel 2025, mentre il mondo commemora quella tragedia incisa nella coscienza collettiva, altre immagini, non archiviate, ma vive, ci arrivano da Gaza, dove la popolazione civile viene bombardata ogni giorno, nella quasi totale indifferenza della comunità internazionale.
Cambiano i nomi, cambiano le armi, ma la logica è la stessa: fare della guerra un diritto, e dell’altro un bersaglio.
A Gaza, come a Hiroshima, si perpetua una violenza che considera alcune vite sacrificabili, alcuni popoli cancellabili. È una logica di annientamento che si ripresenta travestita da legittima difesa, da necessità strategica, da guerra “giusta”. Quindi tutto diventa consentito, anche massacrare e far morire di fame i bambini.
Come nel capolavoro nipponico Una tomba per le lucciole (Hotaru no Haka, 火垂るの墓, 1988) di Isao Takahata, oggi assistiamo al ritorno della stessa, tragica attesa della morte. Il film racconta la storia di due fratelli, Seita e Setsuko, che, dopo aver perso la madre durante un bombardamento aereo, cercano di sopravvivere da soli tra le rovine del Giappone devastato dalla guerra. Abbandonati dal mondo degli “adulti”, senza cibo né rifugio, i due bambini si spengono lentamente, come le lucciole che osservano brillare nella notte.
Come i fratelli del film, che vagano tra le macerie fino a seppellire la madre e ad arrendersi alla morte, oggi anche a Gaza si consumano gli stessi gesti e la stessa disperata attesa della fine. Solo che questa non è una storia animata. È la realtà.
In questo dramma, non è solo la morte a fare orrore, ma l’attesa e la vigliaccheria colpevole del resto del mondo. E dove non arriva la realtà, c’è la cinematografia a tentare di far capire, seppur solo immaginandolo, il linguaggio della guerra: ossia città rase al suolo, corpi bruciati, bambini strappati alla vita, madri che piangono i figli esanimi.
E oggi, nel giorno in cui si ricorda Hiroshima, quel nome non dovrebbe essere solo un ricordo scolastico, né una commemorazione rituale social.
Dovrebbe, piuttosto, essere una ferita ancora aperta e un monito inciso nella pietra della storia.
Perché la memoria, se non scuote e non sveglia le coscienze, serve solo a dimenticare meglio.
Infatti, sul Memoriale della Pace a Hiroshima si legge:
過ちは 繰返しませぬから
“Non ripeteremo l’errore.”
Eppure, ogni volta che un popolo viene massacrato sotto gli occhi del mondo, quell’errore si ripete e si ripeterà ancora.
“Perché le lucciole muoiono così presto?” si chiedeva la piccola Setsuko, guardandole spegnersi nella notte, mentre il mondo intorno a lei crollava.
A Gaza, oggi, la stessa domanda brucia nel cuore dei bambini. E il mondo, ancora una volta, rimane a guardare e aspetta che si spengano, poche centinaia al giorno…
Loris Veneziale