Ho espresso alcune riflessioni sulla condizione di vita dei minori in Italia ( https://wordnews.it/2025/08/07/italia-in-crisi-di-futuro/). A ridosso del 12 agosto, giornata internazionale della gioventù, ritorno sull’argomento a lume di un’interessante ricerca condotta dagli esperti della Lancet Commission on adolescent health and wellbeing, pubblicata sulla rivista The Lancet.
Lo studio offre spunti ulteriori in una prospettiva, spaziale e temporale, di più ampio raggio evidenziando i rischi a venire per benessere giovanile.
L’elemento principale che emerge dalla ricerca pubblicata su Lancet è che i progressi in termini di salute degli adolescenti, a livello globale, sono rimasti ben al di sotto dei miglioramenti compiuti agli inizi del XXI secolo. Si tratta anche delle conseguenze di uno scenario internazionale mutato. La ricerca evidenzia come il crescente carico di morbilità (la frequenza a contrarre malattie) e mortalità tra gli adolescenti nel mondo — caratterizzato da un rapido aumento di malattie non trasmissibili e disturbi mentali — stia compromettendo le prospettive delle future generazioni. A questo si aggiungono le minacce derivanti da tendenze complesse e interconnesse, come il cambiamento climatico, il degrado ambientale, i conflitti, gli sfollamenti, la rapida urbanizzazione e le conseguenze delle pandemie attuali e future, inclusa quella da Covid-19.
Per questo, nonostante la maggior parte degli indicatori relativi alla salute continui a registrare progressi, dopo il 2015 si è osservato un significativo rallentamento. Un rallentamento che compromette la possibilità di raggiungere gli obiettivi Onu per il 2030.
Secondo la ricerca pubblicata su Lancet, entro quella data, 464 milioni di adolescenti a livello globale saranno sovrappeso oppure obesi (143 milioni in più rispetto al 2015) e 42 milioni di anni di vita in salute potrebbero essere persi a causa di disturbi mentali o suicidio (2 milioni in più rispetto al 2015) (cfr: A call to action: the second Lancet Commission on adolescent health and wellbeing: https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(25)00503-3/).
Si tratta di stime a livello globale, su cui quindi l’influenza dei paesi extra-europei e di quelli in via di sviluppo è preponderante. Basti pensare che l’82% degli adolescenti del mondo vive in Africa e in Asia.
La situazione dei più giovani in Italia
Diversi segnali di peggioramento nella condizione di bambini e ragazzi sono stati registrati dopo la pandemia anche nei paesi europei, compreso il nostro.
Un disagio che ha diverse dimensioni, a partire da quella sociale ed economica. Nell’ottobre scorso Istat ha stimato come quasi il 14% dei minori ( ossia 1,3 milioni i bambini e ragazzi) si sia trovato in povertà assoluta nel 2023. Si tratta dell’incidenza più elevata della serie storica dal 2014.
Problemi socio-economici attraversano anche la vita dei giovani adulti. Il nostro paese – nonostante i miglioramenti rispetto al decennio scorso – resta infatti ai vertici in Europa per quota di neet, giovani tra 15 e 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono in formazione.
Questioni che non possono essere affrontate solo in termini di deprivazione materiale, trascurandone le radici educative, culturali, sociali, psicologiche che alimentano questo disagio.
In termini educativi, non va sottovalutato come negli anni della pandemia si sia registrato un calo netto negli apprendimenti degli studenti. In particolare tra chi veniva da famiglie più svantaggiate e probabilmente aveva anche meno strumenti durante la fase pandemica. La tendenza al peggioramento negli apprendimenti peraltro non si è invertita con la conclusione della pandemia. I recentissimi dati delle prove Invalsi mostrano come nel 2025 gli alunni che raggiungono i traguardi previsti al termine del primo ciclo d’istruzione siano scesi al 59% in italiano e si mantengano sul 56% in matematica. Nel 2019 queste percentuali erano rispettivamente al 65% e al 60%: al calo avvenuto nella pandemia non sono seguite inversioni di tendenza.
Questa crisi educativa talvolta può essere il sintomo di qualcosa di più profondo nel benessere sociale e psicologico di ragazze e ragazzi. Durante l’emergenza pandemica, complice la necessità di mantenere il distanziamento fisico, si è registrata una rarefazione nei rapporti sociali, anche e soprattutto tra i giovani, acuendo un trend in realtà in corso da oltre un decennio.
Così come si continuano a intravedere, anche a pandemia terminata, segnali di recupero non completo nell’indice di salute mentale degli e delle adolescenti. Si tratta di uno degli aspetti su cui il rapporto insiste maggiormente. I ricercatori di Lancet sottolineano come i disturbi mentali e le espressioni di disagio siano la principale causa di carico di malattia tra gli adolescenti in tutti i paesi. L’insorgenza di sintomi di disagio emotivo, come ansia e umore basso, è più comune durante l’adolescenza che in qualsiasi altro momento del corso della vita.
Allo stesso tempo, la letteratura internazionale conferma una tendenza positiva nel rilancio dell’attivismo dei più giovani negli ultimi 10-15 anni e del loro impegno per il cambiamento.
Si tratta di dinamiche in parte visibili anche per il nostro paese in cui è sempre più rilevante la preoccupazione della popolazione giovanile verso il cambiamento climatico rispetto alla media. Altra dinamica di rilievo è quella della mobilitazione attiva. La quota di 18-19enni che hanno preso parte ad associazioni ecologiche, per i diritti civili e per la pace è stata pari al 3,3% nel 2024 (2,4% nel 2023) e risulta molto superiore rispetto al resto della popolazione (1,6%).
In questo segmento di età è interessante osservare anche un ritorno alla partecipazione in associazioni di volontariato. (cfr. Elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(consultati: martedì 10 Giugno 2025)
Investire su giovani e adolescenti
I dati precedenti mostrano quanto sia fuorviante una narrazione tesa a descrivere giovani e adolescenti come indolenti e ripiegati su sé stessi. Già oggi ragazze e ragazzi sono agenti di cambiamento per le loro comunità; sviluppare e incoraggiare questa propensione deve essere un obiettivo delle politiche pubbliche in materia.
In questo senso, le politiche sociali non possono disconoscere l’importanza dell’investimento su questa fascia d’età. Gli investimenti durante l’adolescenza, e in generale su bambini e ragazzi tra i 10 e i 24 anni, possano produrre un triplice vantaggio: per i giovani di oggi, per gli adulti che diventeranno e per la prossima generazione di bambini di cui saranno genitori. Quindi in generale per l’assetto attuale della società e per quello degli anni a venire.
Questo potenziale però si scontra con la dinamica demografica in corso nei paesi avanzati, e in particolare in Italia. Con la progressiva, prevista diminuzione dei giovani in termini demografici, il rischio concreto è che diminuisca anche la loro centralità nel dibattito pubblico e il loro peso nella società con la possibile conseguenza che si riduca l’attenzione verso la condizione delle giovani generazioni e gli spazi di intervento in questo senso.
Analizzando le statistiche sperimentali di Istat è possibile prevedere che i giovani residenti tra 10 e 24 anni potrebbero passare dagli attuali 8,6 milioni a 8,2 milioni nel 2030.
Un calo vicino al 5%, che sfiora il 10% se si considerano i soli residenti tra 10 e 19 anni. In questa fascia d’età infatti si potrebbe passare dai quasi 5,7 milioni attuali a circa 5,1 milioni nel 2030.
Sebbene le proporzioni della dinamica siano differenti lungo la penisola è evidente che a fronte di un calo medio del 9,5%, tutte le province mostrano una variazione percentuale negativa, anche se con ritmi di decrescita previsti eterogenei: le province con le diminuzioni percentuali meno accentuate, sono Parma (-1,1%), Bolzano (-1,2%) e Piacenza (-1,6%). Seguono Bologna (-3,4%), Pavia (-3,9%) e Ragusa (-4,3%).
I dati mostrano una maggiore resilienza demografica nelle aree del nord Italia (in particolare in Emilia-Romagna) mentre nel resto d’Italia emergono scenari decisamente più critici: le province per cui si prevede la contrazione più severa nella popolazione 10-19 anni sono Caltanissetta (-18,6%), Enna (-18,1%), Nuoro (-17,2%), Barletta-Andria-Trani (-17,0%) e Taranto (-15,8%). Seguono una serie di province quasi interamente situate nel sud Italia e nelle isole.
Quale futuro per i giovani?
Papa Francesco ha sempre puntato l’indice sulle responsabilità di chi non deve restare insensibile nei loro confronti. “Non possiamo deluderli… prendiamoci cura dele nuove generazioni (Spes non confundit, 12). Il futuro dei giovani è, dunque, responsabilità degli adulti. Se il mondo del lavoro e la politica persistono nel dimensionare i loro interventi solo nel presente o su obiettivi di breve periodo, i giovani continueranno ad essere privati della loro dignità e, con essa, derubati del diritto di avere un futuro.
Fonti
https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(25)00503-3/) .
https://unric.org/it/agenda-2030/
https://www.openpolis.it/wp-content/uploads/2024/11/Report_nonsonoemergenza_desktop.pdf