La triste vicenda dei 4 ragazzini italiani di etnia rom, dagli 11 ai 13 anni, che si sono messi alla guida di una macchina e poi hanno investito mortalmente una Signora di 71 anni, ripropone la grave questione dei tanti minori che vivono nelle numerose periferie del nostro Paese.
Lasciati soli prima dalle famiglie e poi dalle istituzioni. Il tema è ampio e complesso, così come lo sono le responsabilità. Mi soffermo su un dato: la dispersione scolastica e la conseguente povertà educativa. Uno Stato serio, che abbia a cuore il futuro delle nuove generazioni, dovrebbe impegnarsi allo spasimo per garantire a tutti una scuola che realizzi i seguenti obiettivi.
– Promuovere la cultura quale indispensabile strumento di crescita e di valorizzazione di ogni studente, in particolare dei più deboli e fragili.
– Non indottrinare, ma formare persone libere e autonome, in grado di pensare criticamente e capaci di produrre nuove idee.
– Denunciare le diverse violenze che devastano il mondo, contrastare le ingiustizie sociali e affermare l’eguaglianza e la dignità di tutti.
– Alimentare le speranze dei e nei poveri, cogliere e conferire dignità alle differenze culturali offrendo loro pari opportunità.
– Contribuire alla formazione di cittadini veramente sovrani.
– Essere inclusiva, che rifiuti il metodo del giudizio e della punizione.
– Chiedere impegno, operosità e vitalità, e al contempo rafforzare l’identità di ciascun allievo. Per realizzare tali obiettivi occorre una scuola a tempo pieno, con insegnanti motivati e di elevata professionalità. Occorrono strutture moderne e adeguate, occorrono maggiori risorse economiche.
Uno Stato serio toglie i miliardi alle armi e li destina alla scuola. Ma non siamo uno Stato serio perché abbiamo una classe politica ignorante e in malafede. Un ceto dirigente da operetta, interprete del peggiore avanspettacolo che si possa immaginare.