Se Gesù si incarnasse oggi, non si comporterebbe come un capo di Stato. Non si preoccuperebbe degli equilibri di potere, dei protocolli diplomatici o delle alleanze. La sua sarebbe una leadership basata unicamente sulla giustizia e sulla compassione.
Una crociata per la pace, non per la politica
Gesù non si limiterebbe a chiedere la pace; la esigerebbe. Si recherebbe personalmente a Gaza e in Israele, senza guardie del corpo. Non si schiererebbe con un lato o l’altro, ma starebbe con i sofferenti: con i bambini palestinesi, le cui vite sono state distrutte, e con le famiglie israeliane che hanno perso i loro cari. Chiamerebbe per nome i responsabili della guerra, senza paura, e li esorterebbe a mettere da parte le armi e a cercare la pace. La sua presenza sarebbe un atto di testimonianza e di denuncia contro la violenza.
Il Tempio purificato: il Vaticano per gli ultimi
Gesù, proprio come ha fatto nel Tempio, scaccerebbe i mercanti anche dal Vaticano. Non parlerebbe solo di carità, ma agirebbe in modo radicale. Aprirebbe le porte delle basiliche per accogliere i rifugiati e i poveri. I tesori della Chiesa non sarebbero più solo opere d’arte o ricchezze da ammirare, ma beni da vendere per nutrire gli affamati e curare i malati in ogni parte del mondo.
Un Vangelo senza filtri
Gesù non sarebbe diplomatico. Le sue omelie sarebbero schiette e dirette. Non parlerebbe di “problematiche complesse”, ma di bene e male. Condannerebbe apertamente l’ingiustizia, il razzismo e la violenza, senza nascondersi dietro formule ambigue. Insegnerebbe la verità ai potenti, e direbbe loro che se non si convertono, non possono dirsi cristiani.
In sintesi, un pontificato di Gesù non si misurerebbe sulla base del prestigio, dei numeri o della capacità di negoziazione. Si misurerebbe sulla base della sua coerenza con il Vangelo. Il suo papato sarebbe un monito e un invito a tutti noi, a guardare al di là della politica e a mettere al centro di ogni azione la dignità della persona umana.