«Vanno vengono, ogni tanto si fermano» canta De André riferendosi alle nuvole. E come le nuvole della canzone del poeta genovese arrivano bufere, scandali più o meno supposti, scontri, cicloni più o meno reali nei palazzi del Potere, delle istituzioni e della “politica” italiana. Ad ogni livello.
È quanto accaduto con il concorso “messi notificatori” indetto dal Comune di Vasto. Al centro dello scontro politico varie volte negli anni scorsi, al centro anche di un consiglio comunale straordinario, per poi scomparire dall’orizzonte del “dibattito” pubblico.
Nei mesi in cui abbiamo ripubblicato il verbale della seduta straordinaria del consiglio comunale i consiglieri comunali di Fratelli d’Italia Francesco Prospero, Vincenzo Suriani e Guido Giangiacomo hanno depositato un esposto in procura. Era il 28 settembre 2023, ormai due anni fa. Le cronache locali hanno riportato che ci sarebbe stato, dopo l’esposto, un indagato, che alcuni documenti sarebbero stati sequestrati ed è intervenuta anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione.
Ma, ventiquattro mesi dopo, mentre gli assunti (non solo al Comune di Vasto, uno anche nella provincia di Chieti) sono diventati venticinque non si hanno più notizie. E le ultime assunzioni, nel luglio scorso, sono passate sotto silenzio, nel disinteresse generale.
L’esposto dei consiglieri comunali di Fratelli d’Italia fu reso noto in una conferenza stampa. Tra i punti citati nella conferenza stampa la circostanza che, sui primi in graduatoria, «tre persone che erano nello staff del sindaco, una responsabile di partito che era sabato alla manifestazione a Roma con un assessore comunale, un’altra che è la sorella di un consigliere comunale e un’altra che è parente stretta di un funzionario del comune» e di cui sottolinea che non possono «ancora parlare».
Nel consiglio comunale straordinario (di cui abbiamo ripubblicato in sedici articoli il verbale) e in comunicati stampa, post social, dichiarazioni varie – una lunga successione andata avanti per mesi e mesi – frasi come quella appena riportata sono state all’ordine del giorno. Insinuazioni e voci correvano per la città e nei palazzi, abbiamo avuto anche un volantino anonimo (e anche qui, voci su voci su chi sia stata la mano anonima) con indicate persone che sarebbero state assunte e presunti padrini politici. Oltre varie offese volgari, sessiste e squallide che non riportiamo per l’infimo livello. Copione anche questo, con eloquenti silenzi istituzionali e para istituzionali, che si è ripetuto varie volte negli anni, anche negli ultimi mesi.
Cosa è rimasto di quelle accuse? Delle voci e delle insinuazioni, dell’esposto in procura e delle indagini? Dei parenti, sodali di partito, familiari, personaggi vicini a tizio o caio risuonate per mesi? Finora non ci risultano riscontri ufficiali, nomi, cognomi, atti e fatti conseguenti. Un concorso si vince dopo apposita procedura, con esami di vario tipo. Teoricamente se non si hanno qualità e non si risponde a esami scritti, orali, in alcuni casi anche altri, non si passa. Ma le cronache negli anni sappiamo cosa ci hanno consegnato: domande scritte fornite prima, orali muti, esami pilotati. Nulla di tutto questo è mai emerso pubblicamente a Vasto. Però polveroni e bufere, consigli comunali e dichiarazioni ovunque sono agli atti della storia recente di questa città. Cosa è accaduto? Cosa è rimasto di tutto quello che era stato detto? Conseguenze? Non certo conosciamo gli elenchi degli iscritti a tutti i partiti o gli alberi genealogici (altri si) e, quindi, ci saremmo aspettati che alle bufere seguissero parole, opere, atti e fatti conseguenti. Due anni dopo, invece, siamo al punto di partenza.
Il sindaco Francesco Menna ha ripetutamente replicato in quei mesi alle opposizioni che tutto è avvenuto nel perfetto rispetto della legalità, di non temere nessun controllo della magistratura e che le assunzioni sono necessarie per esigenze dell’organico comunale.
I nomi dei 25 (da 3 iniziali) sono pubblici, le posizioni, le accuse e le difese sono emerse chiaramente nel consiglio comunale e rintracciabili nel verbale da noi ripubblicato in sedici articoli. Due anni fa l’esposto, due anni fa quanto riportato dalla stampa (noi compresi), cinque anni fa il nostro accesso civico sulla “gestione del personale”. Mancherebbero solo, in alcuni casi, nomi, cognomi e circostanze più precise.
In una città spesso allergica a nomi, atti e fatti, in cui tutti sanno tutto ma nessuno sa nulla, in cui tante sono le chiacchiere e poche le voci vere (come abbiamo scritto mesi fa), in cui è normale non fare e non dare nomi, in cui c’è chi è considerata da attaccare, additare, colpevolizzare anche considerando legittimo stravolgere la realtà e chi è innominabile qualsiasi cosa faccia o non faccia (alcune reazioni a nostri articoli di questi mesi sono emblematiche).
È possibile farli questi nomi e cognomi? Quali conseguenze hanno avuto i tanti capitoli di polveroni, bufere e ondate mediatiche? Perché un concorso contestato per lungo tempo, in cui si è fatto riferimento a familiari, parenti, sodali di partito, amici, ecc., pare sparito dall’orizzonte pubblico?
Ripercorrere tutti i capitoli emersi ormai due anni fa e oltre in un solo articolo, tra incompatibilità dirigenziali (qualcuno ricorda il perché? O meglio fu fatto mai emergere pubblicamente?), scorrimenti di graduatorie, rinunce, sodali, familiari e parenti evocati, è pressoché impossibile. Ma se all’epoca la stampa ha riportato tanto, quando il concorso prevedeva 3 assunzioni, ora che le assunzioni sono diventate oltre 8 volte in più ci saremmo aspettati ancor di più. Chi sarebbero gli evocati e perché evocati? E perché appare tutto un lontano e remoto passato anche se le ultime assunzioni sono del luglio scorso?
«Passano gli anni, i mesi e se li conti anche i minuti, è triste trovarsi adulti senza essere cresciuti» canta Fabrizio Dé Andre dal 1971. Passano i decenni, il mondo cambia e si stravolge innumerevoli volte, ma questo verso di Faber è la sensazione che fa venire questa città. «Il tempo scorre e va via, non sa dire nessuna bugia» cantano i Nomadi. Il tempo scorre e sembra di vivere un eterno presente. venti, trent’anni, non passano, rimangono gattopardescamente uguali, identici. Nelle dinamiche, nelle schermaglie più o meno dialettiche e in tanto altro, voci, sussurri, tutti conoscono ma nessuno sa, tutti sanno ma nessuno conosce. Si dice tanto, troppo, si parla e si sparla. Eppure c’è tanto di non detto. Sulla politica, o presunta tale, sui palazzi e sulle piazze, su alleanze e scontri, confronti e vicinanze. Il bambino della favola fece scandalo perché disse che il Re è nudo. Il detto e non detto, il parlare e non parlare, il definire con le parole (o con i silenzi) non avrebbe neanche bisogno del bambino scandaloso. Eppure l’eterno presente non muta mai. Questa vicenda, come è stata raccontata e quel che ne è (forse) rimasto lascia – comunque la si veda – un senso di amaro. Quanti giovani stanno abbandonando questa città? Quanti ogni volta che si ritrovano a scontrarsi con la realtà locale sentono ripetere sempre le stesse dinamiche e parole? Possibile che sono decenni che si sente sempre parlare di clientelismo, amicizie, parentele, insinuazioni, voci, schermaglie, scontri, che ci si ritrova a sbattere contro politiche al ribasso in cui tutto appare centrale tranne che il bene pubblico, comune? Possibile che negli anni venti del ventunesimo secolo ad un giovane che volesse interessarsi, impegnarsi, lavorare, in questa città deve sempre rimanere il timore che se non si è entra nell’eterno presente si rimane fuori, additati, disprezzati, senza speranza, e che ci sono intoccabili – qualsiasi cosa accada, facciano/non facciano – e frantumabili – solo perché non appartengono a certi meccanismi – anche solo perché respirano? E che, in questo eterno presente, si rimane più impiccati all’incerto della carta dei tarocchi?