Acceso botta e risposta tra Roberto Scarpinato e Massimo Giletti durante la trasmissione Lo Stato delle cose su Rai3. L’ex magistrato e senatore del Movimento 5 Stelle, oggi membro della Commissione parlamentare Antimafia, è tornato in tv dopo le polemiche seguite alla diffusione delle intercettazioni con l’ex magistrato Gioacchino Natoli, rese pubbliche proprio dallo stesso programma nei giorni scorsi.
Scarpinato ha esordito spiegando le ragioni della sua presenza:
“Sono venuto qui per la seconda volta perché non ho nulla da nascondere”.
Il senatore ha poi attaccato la maggioranza:
“Da due anni e mezzo la maggioranza governativa, che controlla la Commissione Antimafia, impedisce in tutti i modi e con tutti i mezzi di fare indagini conoscitive sui mandanti esterni e sui complici esterni delle stragi del ’92 e sui depistaggi.
Deve passare in tutti i modi la tesi che le stragi le hanno fatte solo i mafiosi per gli appalti”.
Parole forti, che hanno acceso il confronto con Giletti, il quale ha insistito sulla contestata telefonata con Natoli.
Il senatore ha ricostruito i fatti. A novembre, durante un’audizione della Commissione Antimafia, il magistrato Patronaggio aveva riferito di una riunione del 14 luglio 1992 in cui si parlò di mafia, appalti e di una richiesta di archiviazione per alcuni indagati.
Scarpinato ha raccontato che, dopo quell’audizione, Natoli lo contattò:
“Mi chiamò Natoli, che aveva seguito via web quella seduta, e mi disse: ‘Anche io ero presente a quella riunione e Patronaggio si ricorda bene’. Io gli ho detto che questa cosa doveva dirla alla Commissione Antimafia perché è importante”.
L’episodio mette ancora una volta in luce la tensione politica attorno alla Commissione parlamentare Antimafia, accusata da Scarpinato di essere bloccata da precise volontà della maggioranza. Il senatore punta il dito contro la narrazione che ridurrebbe le stragi del 1992 a unicamente atti mafiosi legati agli appalti, escludendo così il tema dei mandanti esterni e dei depistaggi di Stato.
E in questo quadro, a noi non è affatto piaciuta la difesa d’ufficio per la presidente Chiara Colosimo, che appare come l’ennesimo tentativo di coprire le responsabilità politiche e istituzionali dietro i silenzi e le omissioni della Commissione.
Lo scontro tra Roberto Scarpinato e Massimo Giletti conferma che il tema delle stragi del ’92, dei loro mandanti e dei depistaggi, resta ancora oggi una ferita aperta per la democrazia italiana. Una ferita che, a distanza di oltre trent’anni, continua a generare divisioni, silenzi e accuse.
Non è un dettaglio da poco che la presidente della Commissione Antimafia sia stata più volte contestata per le sue vicinanze con Luigi Ciavardini, ex terrorista dei Nar, condannato per la strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. Un legame imbarazzante che alimenta i dubbi sull’imparzialità della sua guida alla Commissione.
Per questo motivo, la difesa di Colosimo andata in onda a Lo Stato delle cose non solo non convince, ma appare come l’ennesimo tentativo di legittimare un ruolo istituzionale che, nei fatti, rischia di depotenziare le indagini sui mandanti esterni delle stragi e sui depistaggi di Stato.
E per coloro che fanno finta di non capire: da tempo abbiamo chiesto le dimissioni della Colosimo.
Scarpinato, intercettazioni e polemiche: il caso che scuote la Commissione Antimafia