Dopo le parole di Antonio Tajani, Barbara Berlusconi e Maurizio Gasparri, che hanno celebrato come una “riabilitazione morale” la recente decisione della Corte di Cassazione sul ricorso di Marcello Dell’Utri, si è scatenato un coro mediatico pronto a parlare di “fine della persecuzione” e “teoremi smontati”.
Gran parte della stampa, con titoli trionfali e commenti superficiali, ha fatto da megafono alla propaganda, cancellando decenni di verità giudiziaria.
Ma c’è chi non dimentica. A partire da chi la giustizia l’ha fatta davvero, da dentro.
Luigi de Magistris, ex magistrato, già sindaco di Napoli ed europarlamentare, risponde alle domande di WordNews.it e riporta il dibattito là dove deve stare: sui fatti accertati, sulle sentenze, sulla memoria giudiziaria.
“La Cassazione è intervenuta su un tema tecnico, non sui rapporti mafia–politica”
“La Corte di Cassazione – spiega de Magistris – è intervenuta su un tema specifico, riguardante l’applicazione delle misure di prevenzione antimafia. Ma la storia giudiziaria non va cancellata.
Il senatore Marcello Dell’Utri, fondatore unitamente al presidente Silvio Berlusconi del partito di Forza Italia, è stato condannato con sentenza definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa.
E più sentenze hanno evidenziato rapporti di natura assolutamente non occasionale e accidentale tra Silvio Berlusconi e Cosa Nostra, soprattutto tramite Vittorio Mangano”.
Parole nette, che rimettono al loro posto la verità processuale: Dell’Utri è stato condannato definitivamente nel 2014, e la stessa Cassazione del 2021 (Sezioni Unite) ha confermato l’esistenza di “relazioni stabili e durature con Cosa Nostra”, come documentato anche nel recente approfondimento di WordNews.it “Berlusconi, Dell’Utri e la verità che non si cancella”.
“I fatti sono incontrovertibili”
Alla domanda su come valuti le dichiarazioni dei leader forzisti alla luce delle sentenze della Cassazione del 2014 e del 2021, de Magistris è chiaro:
“Le decisioni della Corte di Cassazione sono definitive e i fatti accertati sono incontrovertibili”.
Quelle decisioni, Spiega, non lasciano margini interpretativi:
Dell’Utri fu riconosciuto come “intermediario fiduciario tra i vertici di Cosa Nostra e l’imprenditore Berlusconi”
Berlusconi, beneficiario di protezione e influenza, ebbe rapporti di natura non episodica con il sistema mafioso, anche attraverso Vittorio Mangano, lo “stalliere” di Arcore indicato da più collaboratori di giustizia come referente di Cosa Nostra.
“Vogliono falsificare la realtà e riscrivere la memoria collettiva”
Alla terza domanda, quella sul ruolo della politica e dei media, l’ex sindaco di Napoli alza il tono:
“Vogliono falsificare la realtà e modificare la memoria del nostro Paese su un tema esplosivo come quello della lotta alla mafia”.
È un’accusa diretta alla politica e alla comunicazione compiacente che, secondo de Magistris, sta costruendo una nuova narrazione revisionista: un’Italia che assolve, che dimentica, che riabilita chi la storia giudiziaria ha già smascherato.
Le tre verità giudiziarie che la propaganda ignora
Le parole di de Magistris si innestano su un quadro ormai chiaro e consolidato, già raccontato nei precedenti articoli pubblicati su WordNews.it
La Cassazione del 2014 ha condannato Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa, certificando vent’anni di rapporti diretti e consapevoli con i boss di Palermo.
La Cassazione del 2021 (Sezioni Unite) ha confermato la “stabilità e durata” di tali relazioni, definendo l’ex senatore socialmente pericoloso per i legami mafiosi accertati.
La Cassazione del 2021 (Civile) ha respinto la causa intentata da Fininvest contro i giornalisti Ferruccio Pinotti e Luca Tescaroli, riconoscendo che i riferimenti ai versamenti di denaro del gruppo Fininvest a Cosa Nostra sono fondati su atti processuali reali.
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Dopo Di Matteo, la voce di De Magistris
Le parole dell’ex magistrato arrivano pochi giorni dopo quelle dell’ex consigliere togato del CSM Nino Di Matteo, che in un’altra intervista a WordNews.it aveva ricordato:
“Berlusconi ha versato centinaia di milioni di lire nelle casse di Cosa Nostra. Lo dicono le sentenze, ma nessuno lo racconta più”.
Due voci, due storie diverse, un’unica memoria condivisa: quella di chi ha servito lo Stato e oggi guarda con sgomento al tentativo di riscrivere la verità giudiziaria e storica del rapporto tra mafia, economia e politica.
Mentre il racconto politico si fa sempre più autoassolutorio, le carte della Cassazione restano lì, a ricordare che la giustizia non è un’opinione.
Le parole di de Magistris non sono uno sfogo, ma un richiamo civile:
“Chi tenta di cancellare quella storia tradisce la memoria del Paese. La verità giudiziaria è parte della nostra Costituzione antifascista e antimafiosa.
Negarla significa negare noi stessi”.
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