È il 12 novembre, pochi giorni prima delle elezioni regionali e comunali che coinvolgeranno Veneto, Puglia, Campania e quattro comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. C’è un elenco che nessuno vorrebbe leggere e che tutti fingono di non conoscere fino all’ultimo minuto: quello delle candidature in violazione del Codice di autoregolamentazione. È uno di quei momenti in cui la politica viene spogliata di ogni retorica e messa davanti allo specchio. E lo specchio, stavolta, restituisce un’immagine impietosa.
La Puglia e la sfilata dei rinvii a giudizio
La prima regione che emerge nella lista è la Puglia. Qui spiccano tre candidati di una stessa lista, un tris che racconta bene quanto il Codice sia vissuto come un fastidio più che come un presidio di pulizia democratica.
Ci sono accuse di corruzione, di turbativa degli incanti, di autoriciclaggio. Procedimenti ancora in corso, rinvii a giudizio datati ma non ancora chiusi, sentenze di primo grado pendenti in appello. Un mosaico che mette insieme pratiche distorte, appalti pilotati, soldi che rimbalzano dove non dovrebbero. E soprattutto una domanda che resta sospesa: com’è possibile che queste persone siano state rimesse in lista? Chi ha deciso che andava bene così?
È la politica del “vediamo come va”, della firma messa sperando che non si veda, del disinteresse profondo verso la credibilità.
E non finisce qui: anche fuori dai grandi partiti, nelle liste civiche, si trovano candidati già condannati per accesso abusivo a sistemi informatici. Come se niente fosse. Come se la fiducia pubblica fosse un dettaglio secondario.
La Campania tra bancarotte, riciclaggio e sfruttamento del lavoro
Poi c’è la Campania, dove il documento elenca figure ancor più ingombranti. Qui le accuse si allargano: bancarotta fraudolenta, riciclaggio, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, fino alla tentata concussione.
Il quadro è feroce: storie giudiziarie stratificate, condanne già definitive e processi che proseguiranno per mesi. E tuttavia, queste persone si erano presentate alle elezioni come se nulla fosse.
È la conferma di una verità che conosciamo da anni: in alcune zone del Paese la politica non è un teatro di idee, ma un terreno di conquista, un’area grigia dove le regole esistono solo per essere aggirate.
E allora eccoli, questi nomi che il documento inchioda nero su bianco: soggetti già condannati o imputati in procedimenti pesanti, che riemergono ogni volta come se il passato non avesse alcun peso specifico, come se il Codice di autoregolamentazione non fosse altro che una promessa fatta per tenere buoni i giornalisti.
I comuni sciolti per mafia: il ritorno degli stessi volti
La parte più inquietante arriva però alla fine: quella dedicata ai comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Qui il Codice è chiarissimo: chi ha fatto parte della giunta che ha portato allo scioglimento non può ricandidarsi.
E invece? Invece il documento elenca nomi che tornano esattamente da lì.
In quattro comuni — Capistrano, Monteforte Irpino, Caivano e Acquaro — compaiono ex sindaci ed ex assessori ricandidati come se lo scioglimento non fosse stato uno spartiacque, ma semplicemente un incidente istituzionale.
È l’immagine perfetta di come la politica locale, in territori sensibili, sia incapace di rigenerarsi. Volti già visti, riciclati, riproposti, approvati da liste che si limitano a cambiare colore o slogan, ma non cambiano la sostanza.
È quasi un ritorno rituale: caduto un Comune, si torna a candidare chi c’era prima.
Una ripetizione che racconta la fragilità di certi territori, la mancanza di un ricambio credibile, e forse anche la paura di davvero tagliare i fili che legano politica e zone d’ombra.
Il documento è asciutto, burocratico, privo di enfasi. Ma nella sua freddezza c’è una forza dirompente. Dice una cosa semplice: ci sono candidati che secondo le regole non dovrebbero essere lì.
La Commissione li certifica. La legge lo prevede. Il Codice lo impone.
Eppure ogni anno ci ritroviamo allo stesso bivio: partiti che sbandierano “tolleranza zero” e poi consegnano liste piene di nomi improponibili. Come se il confine tra legalità e opportunismo fosse diventato una linea smussata, tracciata a matita, cancellabile a piacere.
Il paradosso del giorno dopo
Il 23 e 24 novembre gli elettori andranno alle urne. E come sempre, una parte di loro non avrà idea del percorso giudiziario dei candidati. Altri ignoreranno di aver votato persone coinvolte in vicende oscure. Altri ancora penseranno che “tanto sono tutti uguali”.
La verità, amara e semplice, è un’altra: la Commissione Antimafia ha fatto la sua parte, ha portato alla luce il quadro. Il resto spetta alla politica. Ma la politica, oggi come ieri, sembra preferire il silenzio.
Un silenzio compatto, imbarazzato, impenetrabile.
Un silenzio che pesa più delle accuse. E che racconta il vero problema: non gli incandidabili, ma i candidabili che li accolgono.

ELENCO COMPLETO DEGLI “INCANDIDABILI” CON LE MOTIVAZIONI
REGIONE PUGLIA
Antonio Ruggiero – candidato Consiglio regionale per Forza Italia-Berlusconi-Partito Popolare Europeo-Lobuono Presidente
Accusa: corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio.
Stato del procedimento: rinvio a giudizio disposto nel 2022 dal GUP di Bari; processo in corso.
Violazione: candidatura incompatibile con il Codice di autoregolamentazione.
Paride Mazzotta – candidato Consiglio regionale per Forza Italia-Berlusconi-Partito Popolare Europeo-Lobuono Presidente
Accuse: turbata libertà degli incanti e autoriciclaggio.
Stato del procedimento: rinvio a giudizio disposto dal GIP di Lecce nel 2022; processo in corso con udienza già fissata per giugno 2026.
Violazione: doppia incompatibilità secondo il Codice.
Pasquale Luperti – candidato Consiglio regionale per Forza Italia-Berlusconi-Partito Popolare Europeo-Lobuono Presidente
Accusa: corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio.
Stato del procedimento: rinvio a giudizio disposto dal GIP di Brindisi nel 2024; processo in corso con udienza fissata a dicembre 2025.
Violazione: incompatibilità ai sensi del Codice.
Marcello Cocco – candidato Consiglio regionale per Alleanza Civica per la Puglia
Accusa: accesso abusivo a sistema informatico.
Stato del procedimento: condanna a 3 anni in primo grado nel 2021 dal Tribunale di Roma; processo d’appello ancora in corso.
Violazione: condanna non compatibile con il Codice.
REGIONE CAMPANIA
Davide Cesarini – candidato Consiglio regionale per Democrazia Cristiana con Rotondi Centro per la Libertà
Condanna definitiva: bancarotta fraudolenta (sentenza divenuta irrevocabile nel 2024).
Ulteriori accuse: rinvio a giudizio per riciclaggio nel 2024.
Stato: processo in corso con udienza fissata a febbraio 2026.
Violazione: gravi cause di incompatibilità previste dal Codice.
Luigi Pergamo – candidato Consiglio regionale per Pensionati Consumatori Cirielli Presidente
Accuse:
-
autoriciclaggio
-
trasferimento fraudolento di valori
-
intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro
Stato del procedimento: rinvio a giudizio disposto dal GIP di Firenze nel 2025; processo in corso con udienza fissata per gennaio 2026.
Violazione: incompatibilità multipla prevista dal Codice.
Maria Grazia Di Scala – candidato Consiglio regionale per Casa Riformista per la Campania
Accusa: tentata concussione.
Stato del procedimento: rinvio a giudizio disposto dal GUP di Napoli già nel 2016; processo ancora pendente con udienza fissata a gennaio 2026.
Violazione: incompatibilità prevista dal Codice.
Pierpaolo Capri – candidato Consiglio regionale per Unione di Centro
Accusa: riciclaggio.
Stato del procedimento: rinvio a giudizio nel 2023 da parte del GIP di Salerno; processo in corso con udienza fissata per novembre 2025.
Violazione: non conformità ai requisiti del Codice.
COMUNE DI CAIVANO – LISTE ORDINARIE
Giuseppe Gebiola – candidato al Conisglio comunale di Caivano per la lista Rinascita e Progresso Caivano 2.0
Accusa: false comunicazioni sociali.
Stato del procedimento: rinvio a giudizio disposto nel 2020; processo in corso con udienza fissata per gennaio 2026.
Violazione: incompatibilità secondo il Codice.
COMUNI SCIOLTI PER INFILTRAZIONI MAFIOSE
Il Codice vieta espressamente la candidatura di ex amministratori (sindaci, assessori) di comuni sciolti per mafia.
CAPISTRANO (Vibo Valentia)
Marco Pio Martino
Ruolo precedente: ex sindaco del comune sciolto per mafia.
Violazione: ricandidatura vietata.
Vito Pirruccio
Ruolo precedente: ex assessore del comune sciolto.
Violazione: ricandidatura vietata.
MONTEFORTE IRPINO (Avellino)
Giulia Valentino
Ruolo precedente: ex assessore di un comune sciolto.
Violazione: ricandidatura vietata.
Martino Santulli
Ruolo precedente: ex assessore del comune sciolto.
Violazione: ricandidatura vietata.
CAIVANO (Napoli)
Pierina Ariemma
Ruolo precedente: ex assessore del comune sciolto.
Violazione: ricandidatura vietata.
Antonio De Lucia
Ruolo precedente: ex assessore.
Violazione: ricandidatura vietata.
Pasquale Mennillo
Ruolo precedente: ex assessore.
Violazione: ricandidatura vietata.






