Nel cuore più tormentato dello Stato italiano arriva una lettera che non lascia scampo.
Non è uno sfogo, non è una supplica: è una testimonianza diretta e devastante di cosa significhi oggi essere un Testimone di Giustizia in Italia.Una denuncia che punta dritto alle istituzioni, a partire dalla Presidente della Commissione Antimafia Chiara Colosimo, chiamata in causa dal silenzio che avvolge chi ha denunciato le mafie.
39 articoli, zero risposte: Colosimo celebra, i Testimoni di Giustizia aspettano
Lettera di un Testimone di Giustizia: L’Esilio e la Solitudine
«Presidente Colosimo la realtà è questa e lei resta in silenzio»
Scrivo non come una persona in cerca di compassione, ma come un Testimone di Giustizia, la cui esperienza è la prova inconfutabile che questa società non è per gli uomini onesti. La verità è amara: chi ha denunciato viene punito, restiamo isolati, dimenticati e persino sanzionati da un sistema che, con cinica indifferenza, sembra osannare e adulare i farabutti.
Non c’è spazio, né c’è vita, per chi ha avuto il coraggio di opporsi alle mafie.
Se per camorristi e mafiosi siamo degli infami, per la società civile siamo semplicemente un problema da evitare, da isolare.

Un Testimone di Giustizia è, nella prassi, una figura scomoda: scomodo nel territorio di origine, scomodo nel mondo del lavoro, un peso per la Prefettura e per le Forze territoriali. Siamo stati usati da una parte della Magistratura che, dopo il primo grado, si libera del fardello con la fredda formula: “ora siete di competenza del Ministero dell’Interno“. Ma quale competenza? La nostra vita è intrappolata in un continuo e disarmante scaricabarile tra le varie articolazioni dello Stato. Siamo stati usati, e poi buttati via, come un limone spremuto.
Un tempo, la politica si spendeva a parlare della nostra figura; venivano auditi in commissione antimafia, ed oggi? nemmeno una frase solo silenzio.
Siamo sepolti nel dimenticatoio dei fascicoli dei tribunali, mentre assistiamo a un paradosso intollerabile: le condanne dei criminali terminano, ed essi escono dalle galere trovando all’esterno il loro impero economico intatto. Sono accolti da una società come se fossero cittadini esemplari, supportati da un vero e proprio esercito criminale compatto fatto di collusi e connivenze: avvocati, commercialisti, medici, politici e infedeli delle forze dell’ordine.
Capaci di gestire il consenso dei voti e rilasciare interviste.
A noi testimoni di Giustizia anche esercitare il diritto al voto è difficile e troppo spesso ci viene impedito di poter esercitare diritti sanciti dalla costituzione.
Noi Testimoni di Giustizia siamo lasciati soli in una continua sofferenza, esiliati e nascosti per l’incapacità di uno Stato debole che non riesce a difendere i propri figli onesti.
Diciamocela tutta: se in trent’anni le verità sulle stragi non emergono, è la prova lampante che parte dello Stato non è a favore della legalità, che non vogliono la verità e la verità è libertà, quella parte di stato connivente con le mafie. Il nostro è un sacrificio inutile. Inutile quello di tutti coloro che hanno perso la vita, e inutile quello di chi, come me, ha denunciato le mafie, se non siamo serviti che a essere strumentalizzati da chi, sulla pelle delle vittime, ha costruito carriere e ha fatto della legalità uno slogan vuoto.
Interi apparati dello Stato che esistono solo perché ci sono i testimoni di Giustizia e che dovrebbero proteggere i testimoni di Giustizia e i familiari ma invece nulla solo carte e burocrazia che nasconde una continua incapacità che non permette l’attuazione della legge.
Una legge che dovrebbe aiutare chi denuncia ma invece diventa un inferno.
“Siamo morti che camminano,” ci fu detto, e lo confermo. “Siete dei rompicoglioni,” ci fu detto, siete solo un problema.
E, se pur solo dopo le testimonianze decisive in tribunale, ci hanno detto anche siete “dei pazzi“.
Distruggere un Testimone di Giustizia vuol dire distruggere la legalità. E forse, in troppi, è proprio questo che vogliono.
Si esige una revisione immediata del sistema di protezione e reinserimento, per trasformare l’esilio in una nuova vita dignitosa, e non in una condanna all’oblio.
Con profonda amarezza e dignità,
Un Testimone di Giustizia
Presidente Colosimo ma Lei la farebbe una foto con il sottoscritto?
Ciliberto Gennaro





