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Emanuela e Blenda, ripetutamente assassinate

by Alessio Di Florio
2 Maggio 2022
in Approfondimenti
Reading Time: 7 mins read
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Il nostro viaggio nel passato che non passa, e non deve passare, e nella memoria che deve essere ancora oggi impegno civile reale e concreto è partito da Le Piagge e don Alessandro Santoro ricordando alcune pagine meschine e vergognose della storia d’Italia. Sandra Alvino e Piergiorgio Welby, così come Eluana Englaro.

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Ci sono altre due vicende, una mai finita sotto i riflettori e che mai ha visto giustizia e l’altra all’epoca trattata in maniera squallida e vergognosa e presto dimenticata, avvenute negli stessi anni.

Due persone – Emanuela Di Cesare e Blenda – assassinate ripetutamente: la prima da chi pose fine alla loro vita, successivamente da un’apparato mediatico che segue lo stesso “ordine logico” e le stesse dinamiche di potere (perché tali sono e null’altro) già denunciate nei precedenti articoli di quest’approfondimento, la terza da chi non certo per casualità e fatalità non ha mai dato giustizia ai loro assassini.

Era il 2009 quando l’allora presidente del Lazio Marrazzo fu travolto dallo scandalo: in una vicenda molto più ampia e complessa si scatenò quasi esclusivamente solo il pubblico disprezzo contro Blenda, tutto o quasi si ridusse alla “vergogna di aver frequentato una trans”. Alla fine della vicenda Blenda trovò la morte, probabilmente uccisa. Ma non lo sapremo mai con certezza. Perché verità e giustizia non sono mai arrivate. Come non sono mai arrivate per Emanuela Di Cesare, assassinata in casa a Pescara due anni prima, il 22 aprile 2007.

Emanuela aveva completato la transizione, era una donna. Ma negli anni l’hanno continuata a definire trans. O a declinarne il nome al maschile. Tra l’altro, prima di iniziare la transizione il nome era Marco, non Emanuele. Così come si sono accaniti in maniera morbosa sulla sua vita privata. Trans e prostituta. Cliché perfetto per l’Italia bigotta e perbenista. La sua laurea, i suoi studi, le sue intense letture, il suo attivismo sociale. Il suo essere, prima di tutto, una persona, tutto cancellato, tutto spazzato via dallo stigma e dal perbenismo. Emanuela era attivista di Crisalide AzioneTrans. La presidente Mirella Izzo denunciò su Liberazione che era stata uccisa tre volte. Da chi l’ha assassinata. Ma prima ancora “nella sua dignità che l'ha costretta a vivere di prostituzione quando non ne poteva più” in uno Stato latitante nella difesa delle pari opportunità, come stabilito dieci anni prima dalla Corte di Giustizia Europea. E la terza, appunto, dall’accanimento crudele, morboso e carico di disprezzo di larga parte della stampa. Nel silenzio di chi doveva difenderne la dignità. In quelle settimane i Garanti di Privacy e Comunicazioni intervennero ripetutamente. Per bloccare pubblicazioni sull’allora portavoce di Prodi, su Berlusconi e su Lapo Elkann. Ma neanche mezzo rigo per Emanuela.

Sono passati ormai quindici anni. Nessuna verità e giustizia è arrivata per lei. E, ancora oggi, se viene citata (come accaduto di recente dopo l’omicidio di un giovane a Pescara, come precedente caso di cronaca) declinano il nome in Emanuele. Ed è sempre terribilmente attuale la denuncia del 2013 di Leonardo Dongiovanni di Arcigay L’Aquila. “Di Emanuela sparse per l’Italia e per il mondo ce ne sono molte, troppe – e infatti solo tra il 2006 e i primi quattro mesi del 2007 furono, nel totale silenzio, almeno 33 – e nessuno parlandone si concentra sull’elemento fondamentale delle loro scelte di vita “oltre la transizione”: l’integrazione. Nessuno prenderebbe a lavorare nella sua boutique o nel suo salumificio una transessuale in quanto simbolo di perversione e di sessualità deviata irreversibilmente. Allora pur di tirare a campare una poveraccia qualsiasi sceglie il marciapiede, con tutti i rischi che ciò comporta. Lo Stato italiano è assente nella vita di queste persone, la società è assente, ed il circolo vizioso riprende la sua corsa inesorabile”.

Stralci della “lettera aperta a Blenda” pubblicata nel 2009

Carissima Blenda, è con amarezza e vergogna che scrivo queste righe. Amarezza per la tua tragica morte e per come nulla è stato fatto per difenderti. E vergogna per quest'Italia che ancora una volta si è mostrata ipocrita, violenta, intollerante, incapace di superare indifferenze, pregiudizi e squallidi giochi di potere.

Sei stata uccisa nella giornata della memoria contro la transfobia, una delle peggiori intolleranze che infestano l'inciviltà italiana. E la tua tragica morte, il gioco al massacro di queste settimane contro te e le tue amiche mostrano ancora una volta questo terribile volto. […]col passare dei giorni alti sermoni moralisti si alzano. Per porre una fatwa vergognosa: non si deve mostrare il 'mostro' (perché tali, e non persone con dignità e diritti, sono considerati) in televisione perché potrebbe confondere i bambini spettatori ed è sconveniente. Carissima Blenda, sei stata assassinata nella giornata della memoria contro la transfobia e questi pensieri nulla sono se non l'emblema di questa intolleranza disumana. […] nessuno, in queste settimane, ha chiesto la tua protezione, di non lasciarti indifesa e sola a rischiare la vita.

Stralci della pubblicazione di PeaceLink, 30 aprile 2007

I giornali hanno sbattuto in prima pagina la sua vicenda personale con sufficienza e grave, gravissima mancanza di rispetto. Indifferenti alla realtà e alla dignità di Emanuela i giornali italiani hanno subito gridato titoli sulla "trans uccisa in casa" e giù inutili accanimenti sulla vita da prostituta di Emanuela e sul suo passato di trans. Perché, come Mirella Izzo ha scritto su Liberazione, Emanuela era una donna a tutti gli effetti, una donna e il suo non era stato solo un cambio di nome(da quello originale maschile a quello di Emanuela). Ma soprattutto era lei e solo lei che doveva stabilire quali dati personali rendere noti e quali no. E sui documenti era Emanuela, tutto il resto apparteneva soltanto a lei. Il garante sulla privacy questa volta non è intervenuto, neanche poche righe per restituire a Emanuela il rispetto violato. E dure, durissime le parole di Mirella: noi transgender non siamo cittadini italiani o voi applicate le leggi con un'intollerabile discriminazione.

Parole amarissime di chi ha visto uccisa una amica(socia tra l'altro di Crisalide) e ne ha visto la vita, la dignità calpestata e disintegrata. Emanuela uccisa dal killer ma anche dall'indifferenza e dallo stigma sociale. La morbosità dei media indifferenti al dramma di una donna costretta a vivere di prostituzione, calpestata nella propria dignità intima e personale da ciò che odiava. E con la quale l'hanno connotata, l'hanno segnata, dopo il suo brutale assassinio.
L'unica speranza è che ora l'urlo indignato di Mirella Izzo, presidente di Crisalide Transazione Onlus e di chi come lei si batte per la dignità e i diritti delle tante Emanuela per le quali potremmo ancora fare in tempo, non cada nel vuoto. Ma è una speranza debole e flebile.

Nessuno della "banda della morbosità" in questi giorni ha dato spazio alle parole di Mirella, nessuno ha avuto il coraggio di tornare sui propri passi. E nessun garante è intervenuto. I giorni sono passati e anche Emanuela viene consegnata all'oblio di una città "piatta come una sogliola" e dell'indifferenza ipocrita e perbenista della provincia abruzzese. Questa è la realtà dei fatti. La realtà di una provincia dove un esponente politico, per meri motivi di propaganda elettorale, lancia raccolte firme tra i fedeli, dopo la messa domenicale, apostrofandoli testualmente "firma contra li fruc"(firma contro i froci).

Il testo completo dell'articolo di Mirella Izzo pubblicato su Liberazione
Era una donna (ma ex-trans) e nessun garante ha difeso la sua dignità
Emanuela uccisa dallo stigma, dal killer
Emanuela uccisa dai giornali

http://www.crisalide-azionetrans.it/Liberazione_25_04_07.html

 

WORDNEWS.IT © Riproduzione vietata

 

 

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Alessio Di Florio

Vicedirettore WordNews.it - È nato ad Atessa (Chieti), nel 1984. Attivista e volontario di varie associazioni e movimenti culturali, ambientalisti, pacifisti e di lotta alle mafie. Collaboratore della redazione abruzzese di Pressenza e di TeleJato.it. Ha collaborato con Adista, Primadanoi, Terre di Frontiera, Unimondo, Libera Informazione, Popoff Quotidiano e SocialPress. Ha curato, per oltre dieci anni, il sito personale del giornalista e regista RAI Stefano Mencherini, dove è stata curata la diffusione e la pubblicizzazione del documentario d’inchiesta «Schiavi. Le rotte di nuove forme di sfruttamento», con il quale è stata portata avanti la “Campagna di sensibilizzazione per l’informazione sociale”, in collaborazione con MeltingPot e Articolo21, e per la creazione di un Laboratorio permanente di inchiesta e documentari sociali in RAI, nata per rompere la censura televisiva del documentario d’inchiesta “Mare Nostrum”. Articoli su tematiche sociali e culturali sono stati pubblicati dal mensile Vasto Domani. Per contatti: redazione@wordnews.it

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