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Un codice che legittima la schiavitù

Nei giorni della Pasqua chiodi per legge delle crocifissioni perpetue contro le donne stuprate a pagamento.

by Alessio Di Florio
17 Aprile 2025
in Attualità
Reading Time: 7 mins read
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Siamo nel pieno della settimana che i cattolici definiscono santa, nei giorni che conducono alla crocifissione che ha cambiato la Storia e alla cui Croce in milioni di italiani volgeranno lo sguardo. Una crocifissione che, dopo tre giorni, porterà alla Risurrezione, alla liberazione come accadde nella prima Pasqua della Storia, quella del popolo ebraico. Pasqua è parola che viene dall’ebraico, Pesah, a ricordo del passaggio del popolo d’Israele dalla schiavitù in Egitto alla biblica «terra promessa». Sono giorni di festa, di gioia, di condivisione umana in famiglia e con le persone più care.

Ci sono croci, invece, a cui non volgono mai lo sguardo la gran parte di milioni di italiani in festa in questi giorni. Crocifissioni che si perpetuano ogni notte, ogni giorno, ripetutamente, con chiodi che seguono altri chiodi senza sosta, senza pietà, senza nessuna umanità. Ogni giorno, a pochi passi da noi, mentre cala la sera e nella pace e nella serenità chiudiamo gli occhi c’è chi piomba nell’angoscia, nel terrore, viene dilaniato nelle maniere più orribili, violente, brutali e disumane, i cui occhi non si chiudono ma sono devastati dalle lacrime, dal pianto, esplodono per il dolore, la sofferenza, il terrore.

Ci sono persone per cui le notti (e non solo) sono sempre angoscia e calvario, crocifissione perpetua di violenze terribili e disumane. E che non conoscono nessuna felicità, nessuna gioia, lontane dalle persone care e incatenate ad un lager criminale e terribile, in cui sono violentate e stuprate dalle peggiori perversioni e in nome del profitto di clan e mafiosi. Migliaia di donne che non hanno sogni e bellezza della vita da consegnare al nuovo e vedono la notte come un incubo perpetuo, un calvario che si ripete ad ogni calar del sole.

Il trascorrere delle giornate e delle notti per loro è solo e soltanto sofferenza, dolore, violenze, abusi, lacrime, atrocità a non finire. Cercando di sopravvivere ad ore ed ore in cui viene violentata l’umanità, il corpo e l’anima nei lager della schiavitù, del loro perpetuo stupro. Sono migliaia e migliaia, anche poco più che bambine, di cui abbiamo solo stime approssimative. Ma i numeri sono freddi e non raccontano tutta la realtà. Perché dietro ogni numero c’è una persona, una donna, una ragazzina, spesso anche minorenne, una vita distrutta e devastata dalle mafie e da chi le alimenta. 

Lilian Solomon è stata, in quest’Abruzzo che l’ha completamente rimossa e dimenticata, una testimonianza vivente di tutto ciò. Soffriva sempre più, la malattia che avanza la devastava dentro. Eppure nessun stupratore pagante si è fermata, nessuno si è mai neanche accorto che la ragazza nigeriana era distrutta dal dolore, soffriva sempre più. Ore ed ore violentata, abusata, brutalizzata, stuprata per alimentare la peggiore delle schiavitù moderne e arricchire le mafie. Nessuna propaganda, nessuna chiacchiera morta, nessuna menzogna può assolvere nessuno, moderni Ponzio Pilato (non sapevo, non so, non conosco, tutte squallide menzogne) e contemporaneamente centurioni del calvario.

L’indifferenza è complicità, chiudere gli occhi è criminale tanto quanto i mafiosi. Sex industry is violence lo ha documentato ripetutamente in questi anni: gli stupratori paganti sanno benissimo cosa alimentano e perpetrano un dominio maschile che definirlo disumano è dir poco. È l’idea alla base di ogni ideologia patriarcale, di ogni dominio maschile. Eppure avanzano (Adelina fu censurata da chi doveva schierarsi con lei, combattere la stessa battaglia) propagande a favore della prostituzione, della schiavitù sessuale, della pretesa maschile che ogni donna deve essere a disposizione dei loro appetiti sessuali, del loro dominio sessuale.

Nel cuore di quell’Italia che ha abbandonato Adelina, che chiude gli occhi sulle migliaia di Adelina a cui lei disperatamente chiese nell’ultimo video prima del suicidio di dare voce, a dieci giorni dalla Pasqua è giunta una sconcertante legittimazione di tutto questo, di ogni chiodo: l’introduzione dei codici Ateco per quel che è lo sfruttamento della prostituzione, le organizzazioni prostituenti. Sarebbe, tra l’altro, illegale in Italia ma da anni le spinte pro stupro a pagamento sono sempre più grandi.

C’è un ministro di questa repubblica che ha definito l’introduzione del codice Ateco «buon senso» nel silenzio totale di chi, in ogni occasione (alcune anche puerili e che si potrebbero evitare tranquillamente), fa dell’anti a tal esponente politico la propria ragione di vita. «La decisione di introdurre un codice Ateco per la prostituzione rischia di fornire un’ulteriore opportunità alla criminalità attraverso la creazione di zone grigie in cui possono proliferare forme di sfruttamento “codificate”, come è successo nei paesi in cui la prostituzione è stata legalizzata – denuncia la Comunità Papa Giovanni XXIII, promotrice da anni della campagna “Questo è il mio corpo” – La cultura dello sfruttamento del corpo della donna, contro cui tanto ha lottato anche don Oreste Benzi, va contrastata. Auspichiamo che ogni istituzione scelga sempre di stare dalla parte delle donne. E non dalla parte di quanti lucrano sul loro corpo e ne calpestano la dignità».

«In Italia esiste un problema di evasione fiscale enorme ma c’è un’attenzione ricorrente alle tasse che “dovrebbero” pagare le donne in prostituzione» ha sottolineato a WordNews.it Michelangela Barba, presidente di Ebano onlus. 

«La tratta ha interrotto la mia vita di persona normale, non so dire cosa sarei diventata se non ne fossi finita dentro…. ma so che così sono diventata una merce disponibile su chiamata, infatti il cliente ordinava pagava e venivo inviata a casa sua…. speravo sempre che entrando in queste case trovassi qualcuno che avendo pietà di me mi aiutasse invece le parole che mi venivano sempre dette “sei un essere spregevole che nessuno vuole e poi chi vorrà una cagna negra schifosa (sputandomi addosso per disprezzarmi ancor di più) dai apri le gambe o succhia qua questo solo a questo servi!”. La tratta uccide. La tratta ruba i tuoi sogni. La tratta ti condanna»

«Ho 42 anni sono una donna tutta rotta dentro e libera di corpo, ma non di mente. Ci provo ogni giorno: quell’esperienza mi ha distrutta e faccio le cose con fatica. Loro, papponi e clienti, hanno fatto il lavoro così bene che a volte quando trovi qualcuno che ti maltratta, la tua carne dice, eccoci qua, riconosce quel dolore e quasi lo sente come familiare. Avete già vissuto una sbornia, di quelle che hai bevuto fino a vomitare l’anima?

E quando corri in bagno e vomiti tutto? Immagini che schifo!?? Quello schifo e molto, sì, molto, molto di più è quello che proviamo quando un cliente gode dentro di te, quello schifo e lì, ti dice che sei una merda e vivi così ogni volta che un cliente gode. Per questo e per tutto il dramma che c’è dietro, come si fa a dire che è un lavoro come un altro???»

(Liliam Altuntas)

«Mary, diciotto anni, era una ex bambina soldato. Una giovane martire della mafia nigeriana venduta come una bestia, violentata e costretta più volte ad abortire. Nel viaggio della tratta degli esseri umani, in piena traversata del deserto, è costretta persino a bere le proprie urine. Quante sono le Mary che popolano ogni giorno le nostre strade? Quali sono le storie drammatiche che si celano dietro questa moderna tratta delle schiave (e degli schiavi) che è la prostituzione e che spesso fingiamo di non conoscere? Quali sono le responsabilità di quelli che definiamo “clienti”?».

Questa la drammatica testimonianza e denuncia della presentazione del libro di don Aldo Bonaiuto, Comunità Papa Giovanni XXIII, sulla «vergogna della tratta raccontata dalla strada». Donne crocifisse le definisce già nel titolo del libro don Aldo. Crocifisse dalle mafie che le sfruttano, dagli stupratori a pagamento che sfogano contro i loro corpi le depravazioni più immonde, i desideri più perversi, che le utilizzano come fossero un oggetto. In alcuni forum online ci sono stupratori a pagamento che si vantano della brutalità, della violenza, di come considerano le donne vittime della tratta passatempi, sfogatoi anti stress. Frasi nauseanti, che fanno stare male al solo leggerle, devastanti. Abusi disumanizzanti, che devastano e cancellano la vita delle donne sfruttate.

«La mia iniziazione alla prostituzione fu uno stupro di gruppo da parte di cinque uomini…Sono stata trattata come una bambola gonfiabile di plastica, sollevata e portata avanti e indietro. Hanno allargato le mie gambe da un lato all’altro, spingendo le loro cose verso di me e dentro di me, stavano giocando a sedie musicali con parti del mio corpo»

(Linda Susan Boreman nota come Linda Lovelance)

«So semplicemente che la prostituzione è la cosa più malvagia e perversa che esista. Utilizza i corpi delle ragazze per il piacere degli uomini. Oltre 5.000 uomini mi hanno violentata»

(testimonianza di Emma, una sopravvissuta, raccolta da Nordic Model Now)

“[La prostituzione] non è come le cose vengono descritte dai media. Lungi da ciò. È una vita di sopravvivenza, droga, tortura e morte. Venivo picchiata e violentata quasi tutti i giorni e ho subito un degrado oltre ogni immaginazione. Ero costantemente spaventata per la mia vita, e desideravo che finisse. Tutt’ora delle volte mi sento ancora un po’ persa nell’oscurità, sì, sono sopravvissuta, ma a quale prezzo?”

(testimonianza di una sopravvissuta pubblicata da Nordic Model Now)

A differenza della lobby pro-prostituzione, i cui membri parlano di “sesso sicuro” e non parlano del sesso che concretamente viene messo in atto, le donne sopravvissute o ancora in prostituzione che ho intervistato raccontano i dettagli. Parlano dell’odore tremendo dei compratori, del dolore di una vagina disidratata e ulcerata che viene penetrata da una molteplicità di uomini.

L’orrore di avere lo sperma o altri fluidi corporali vicino alla faccia. La barba che sfrega sulla guancia fino a farla sanguinare, il collo dolorante a forza di girare la testa di colpo per allontanarla dalla lingua che cerca di entrare in bocca. O di non riuscire a mangiare, a bere o a baciare i figli per via di quello che hanno dovuto fare con la bocca. Di come il braccio e i gomiti fanno male per avere disperatamente cercato di farlo venire per non essere penetrata un’altra volta.

(Julie Bindel – Il mito Pretty woman)

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Alessio Di Florio

Vicedirettore WordNews.it - È nato ad Atessa (Chieti), nel 1984. Attivista e volontario di varie associazioni e movimenti culturali, ambientalisti, pacifisti e di lotta alle mafie. Collaboratore della redazione abruzzese di Pressenza e di TeleJato.it. Ha collaborato con Adista, Primadanoi, Terre di Frontiera, Unimondo, Libera Informazione, Popoff Quotidiano e SocialPress. Ha curato, per oltre dieci anni, il sito personale del giornalista e regista RAI Stefano Mencherini, dove è stata curata la diffusione e la pubblicizzazione del documentario d’inchiesta «Schiavi. Le rotte di nuove forme di sfruttamento», con il quale è stata portata avanti la “Campagna di sensibilizzazione per l’informazione sociale”, in collaborazione con MeltingPot e Articolo21, e per la creazione di un Laboratorio permanente di inchiesta e documentari sociali in RAI, nata per rompere la censura televisiva del documentario d’inchiesta “Mare Nostrum”. Articoli su tematiche sociali e culturali sono stati pubblicati dal mensile Vasto Domani. Per contatti: redazione@wordnews.it

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