«Mi fanno ‘saltare la testa’ se mi occupo ancora delle cose che ‘loro fanno’. Questo il contenuto di una telefonata che mi ha raggiunto due giorni fa, da un numero che mi ha tempestato per oltre un mese».
È la denuncia pubblicata sui social lo scorso 25 luglio dal sociologo Leonardo Palmisano, attivista, editore, imprenditore sociale, scrittore e giornalista.
Una gravissima minaccia di morte, non la prima negli anni, per il suo impegno tenace, coraggioso e approfondito contro mafie, corruzione, ingiustizie.
Leonardo Palmisano è scomodo, sempre più scomodo, per la carica eversiva mafiosa di questo Paese, per i clan e non solo. È un punto di riferimento imprescindibile per raccontare, denunciare e documentare le mafie (e non solo) sin dalle prime settimane di attività del nostro giornale. Sul caporalato, le mafie nigeriane, la penetrazione delle mafie foggiane e della ‘ndrangheta in Abruzzo, sui clan autoctoni e le loro dinamiche. Se nel 2020, in pieno lockdown, abbiamo potuto per primi raccontare le dinamiche e i segnali mafiosi dietro i fuochi d’artificio da parte di certi soggetti è stato grazie a lui. Anni dopo, nell’inchiesta in cui per la prima volta a 20 soggetti di “Villa del fuoco” è stato contestato per la prima volta il 416bis, tutto quello che ci ha raccontato Leonardo Palmisano si è confermato.
A lui la solidarietà e la vicinanza della redazione di WordNews.it e dell’Associazione Dioghenes, editrice di questa testata giornalistica online.
Chi si trova sulle trincee dell’impegno sociale e civile, chi non china la testa e non tace, chi si schiera dalla parte delle vittime (l’unico filo della lettura del mondo possibile, come lo definì un indimenticato ed indimenticabile pugliese, Dino Frisullo) e contro ogni ingiustizia sa quanto questo può essere pericoloso, rischioso, le minacce anche le più gravi arrivano. Sono arrivate anche a noi in questi anni e in un incontro a Termoli anni fa Leonardo Palmisano denunciò quelle che aveva subito da appartenenti a confraternite delle mafie nigeriane.
Leonardo Palmisano in questi anni ha documentato, raccontato, analizzato, con sguardo da profondo sociologo quel che sono le mafie di questo Paese e la loro presenza nella società, scavando nel profondo, dando voce a quel che voce non ha. La “scuola”, mi sia permessa chiamarla così, di giornalismo, inchiesta, politica di Alessandro Leogrande, Luca Rastello, Goffredo Foti e tanti altri. Un impegno costruttivo, propositivo, di alternativa al “Paese orrendamente sporco”.
Qui la raccolta di articoli in cui abbiamo denunciato, documentato, approfondito il ventre oscuro violento, criminale e mafioso abruzzese, la penetrazione delle mafie nell’economia (anche legale) sulla costa adriatica abruzzese e non solo, le mafie dei pascoli, le mafie nigeriane, le mafie pugliesi e la loro ‘ndranghetizzazione, la carica eversiva che minaccia sempre più la democrazia in Italia, il caporalato e le odierne schiavitù: