Davanti alle porte del Viminale non c’è folla, non ci sono flash. C’è silenzio. Gennaro Ciliberto guarda il telefono, poi le mail. Nessuna convocazione.
La PEC è partita, i documenti sono lì, le date pure. L’art. 17 della legge 6/2018 non è un’opinione: “si procede entro 30 giorni”. Ma i giorni scorrono, la clessidra si svuota e lo Stato finge di non vederla.
Non è un caso isolato. Anche Luigi Coppola aspetta. Aspettano in molti. Aspettano tutti. E quando arriva qualcosa, è una telefonata su cellulare, non protetta, non protocollata. A voce alta, fuori dai binari. Con arroganza istituzionale.
La Commissione Antimafia dovrebbe essere il luogo dell’ascolto. Invece è un sipario calato. Nessun calendario di audizioni, nessun Comitato operativo per i testimoni, nessuna trasparenza.
Il resto è liturgia: commemorazioni, post celebrativi, frasi di circostanza. Falcone e Borsellino citati come mantra, i testimoni lasciati in sala d’attesa.
Perché la presidente Chiara Colosimo non convoca, non chiarisce, non risponde?
Chi è disposto ad assumersi la responsabilità politica e morale di questo abbandono?
Un testimone di giustizia non chiede favori. Pretende diritti. Sicurezza, dignità, lavoro, casa, cura. E ascolto: quello previsto dalla legge.
Ogni giorno di ritardo è umiliazione. Ogni telefonata “amichevole” è un precedente pericoloso.
Chi ha mandato in carcere camorristi non ha paura di un telefono che squilla. Ha paura del vuoto istituzionale: quel buco nero dove finisce la vita civile di chi ha denunciato.
Le opposizioni: la notte dei sordi
Qualcuno rompe il silenzio: Walter Verini (PD) chiede audizione in seduta segreta e sollecita Nicola Molteni. Bene. Ma dov’è il resto?
Dov’è chi siede in Commissione? Dov’è chi, a ogni anniversario, recita la parola legalità come fosse un rosario?
Il silenzio è una scelta. E quando riguarda i testimoni di giustizia, somiglia pericolosamente a una complicità morale.
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Art. 17, legge 6/2018: i testimoni hanno diritto all’audizione entro 30 giorni davanti alla Commissione centrale o al Servizio Centrale di Protezione.
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Richieste inviate: PEC protocollate, documenti depositati, nessun riscontro utile.
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Gestione dei contatti: telefonate dirette su linee non protette (se confermato, vulnus di metodo e sicurezza).
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Effetti: umiliazione, paura, logoramento; vita sospesa per chi ha scelto lo Stato contro le mafie.
Le nostre domande
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Perché la presidente Colosimo non ha ancora calendarizzato le audizioni richieste dai testimoni di giustizia?
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Chi controlla il rispetto dell’art. 17? Chi firma quando i 30 giorni scadono?
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Per quale ragione si usano canali informali con persone in protezione?
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Dov’è il governo quando la vita dei testimoni dipende dalle sue scelte?
Cosa occorre?
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Convocazione immediata in seduta segreta di Gennaro Ciliberto, Luigi Coppola e di tutti i testimoni con richiesta pendente.
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Attivazione e pubblicazione del calendario lavori del Comitato testimoni di giustizia.
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Protocollo scritto: stop ai contatti non tracciati; solo canali istituzionali e linee sicure.
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Relazione ufficiale della Commissione Antimafia sullo stato delle audizioni, i ritardi, le criticità del programma di protezione.
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Misure concrete: abitazione, lavoro, salute, mobilità—oggi, non a fine legislatura.
“La nostra vita è nelle mani del governo.” Non è retorica, è anatomia del potere. Chi siede sulla sedia dell’Antimafia decide se il coraggio dei testimoni sarà ricordato o sepolto.
O li ascoltate adesso – per legge, per decenza, per giustizia – oppure abbiate il coraggio di dirlo: che la parola “legalità” vi serve solo nei discorsi.
Noi continueremo a scriverlo, ripeterlo, sottolinearlo. Fino alla prima convocazione. Fino all’ultima scusa smontata.
Perché chi ha scelto lo Stato non può essere lasciato senza Stato.
Mafia, Verini (Pd): “Sostenere Gennaro Ciliberto e tutti i testimoni di giustizia”