Trent’anni fa la stretta di mano Rabin–Arafat (accordi di Oslo, settembre 1993) sembrava aprire la strada a due popoli, due Stati. Poi, novembre 1995: Yitzhak Rabin viene assassinato da un estremista di destra. “Un delitto che uccise la pace.” Le sue ultime parole: “La via della pace è preferibile alla via della guerra” oggi suonano come un testamento civile.
Intanto, le cronache mostrano Gaza sotto “violenze mirate e indiscriminate” (denuncia Medici Senza Frontiere), mentre il Presidente Sergio Mattarella parla di “ostinazione a uccidere indiscriminatamente.” Non bastano i comunicati: servono scelte, anche dure (embargo sulle armi, boicottaggi di chi lucra sul conflitto). E sì, un’ampia maggioranza di israeliani—secondo sondaggi citati dalla stampa economica italiana—chiede la fine della guerra in cambio della liberazione degli ostaggi. Un dato che racconta l’urgenza di un varco.
Ospiti e voci
L’incontro è coordinato da Maurizio Varriano (giornalista, presidente della rete tra le Sartorie sociali) e vedrà gli interventi di:
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Khader Tamimi, coordinatore nazionale delle Comunità Palestinesi in Italia;
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Nino Ponte, sindaco di Montorio dei Frentani;
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Giorgio Gagliardi, presidente ARCI “Francesco Jovine”;
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rappresentanti del mondo politico e sociale impegnati sul tema.
Cuore pulsante del titolo sono i versi di Refat Alareer, poeta e docente palestinese ucciso a Gaza nella notte tra il 6 e 7 dicembre 2023:
“Se dovessi morire, tu devi vivere per raccontare la mia storia”.
È un mandato morale: vivere per raccontare, come ci ha insegnato anche Primo Levi.
Due mostre per non voltarsi dall’altra parte
Accanto al dibattito, tornano due percorsi espositivi che sono memoria attiva:
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Mostra biografica su Primo Levi: 30 tavole disegnate da Alessandro Raghiasci con testi di Matteo Mastragostino, collocate all’ingresso dell’ex Scuola di Musica nella Villa “Castellara”. Un linguaggio semplice e diretto per avvicinare la vergogna dei campi e delle leggi razziali alle coscienze di tutti.
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“Al Nakba – alle radici della tragedia Palestinese”: il percorso ideato dallo storico Gilberto Gilberti, tra i maggiori conoscitori della questione palestinese, che racconta l’esodo di 700.000 palestinesi dopo la prima guerra arabo-israeliana (stima ONU).
Aperture straordinarie: le mostre resteranno visitabili anche 17, 18 e 19 agosto.
Cosa possiamo fare
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Istituzioni: tradurre le parole in atti (mozioni, delibere, adesioni a reti di boicottaggio mirato dei soggetti che lucrano sul conflitto; impegni su trasparenza degli appalti e disinvestimento da filiere belliche).
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Comunità: costruire spazi di educazione civica, storia pubblica, scambi culturali e accoglienza.
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Cittadini/consumatori: praticare scelte di acquisto consapevoli, sostenere organizzazioni umanitarie credibili, pretendere informazione verificata.
Non basta empatizzare: serve operare.