Un altro risveglio drammatico, tragico, doloroso, sconcertante. All’una della notte scorsa Rosario Di Palma, 51 anni, residente a Vasto e originario di Torrebruna, è morto alla Prima Eastern a Torino di Sangro. Di Palma è morto schiacciato da un sacco di juta contenente una tonnellata di polimeri di scarto. Giunti sul posto i sanitari del 118 hanno potuto solo constatarne il decesso.
È la seconda “morte bianca” in pochi giorni in Abruzzo: dieci giorni fa un operaio è morto cadendo da un ponteggio a Vittorito in provincia dell’Aquila.
È questa la cronaca, la cruda e lineare cronaca in questo lembo d’Italia, tra il Tronto e il Trigno, tra gli Appennini e il Mar Adriatico. Una regione considerata, dati aggiornati al 30 giugno, ancora una volta “zona rossa” dall’Osservatorio Sicurezza sul lavoro e Ambiente di Vega Engineering. Come accadde due anni fa nel periodo della morte di 3 operai (6 in meno di tre anni) alla Esplodenti Sabino di Casalbordino.
Questi i numeri, i freddi numeri della quotidianità. Ma non basta, non può bastare. Accontentarsi di piangere vite spezzate, famiglie distrutte, persone che non ci sono più e che sono state strappate dagli affetti più cari non può bastare. È un retorico esercizio che rifiuterebbe persino un moderno Ponzio Pilato. «L’ennesima tragedia sul lavoro ci impone a fare molto di più per la tutela della salute e l’incolumità dei lavoratori – dichiarò due anni fa Daniela Torto, deputata del Movimento 5 Stelle – è evidente che qualsiasi siano le cause dell’incidente che emergeranno dagli accertamenti degli organi preposti, la politica ha il dovere di trovare soluzioni concrete e immediate». «La magistratura farà il suo corso, ma la vita di quei lavoratori è stata spezzata per sempre, così come è stata distrutta quella delle loro famiglie, a cui va tutta la mia vicinanza e solidarietà» ed «è davvero l’ora di dire basta: non si può, non di deve, continuare a morire sul lavoro» fu il grido di dolore, rabbia e indignazione della deputata abruzzese esattamente due anni fa. Sono parole di ventiquattro mesi fa, sono parole valide e scuotono le coscienze ancora ventiquattro mesi dopo.
È una Spoon River continua, ogni anno più vasta, ad ogni giro di giostra più drammatico, in una Gotham City di sopravvivenza e lavoro, numeri e statistiche. A Gotham City si muovere, Gotham City ammazza. Non ci sono Batman e Joker, non ci sono buoni e cattivi, non c’è il bianco e il nero, si è numeri, cifre, merci, turni frenetici di fredde statistiche. E ogni giorno si può finire «nella parte sbagliata di una triste statistica, dicono che capita». Fatalismo, indifferenza, incapacità di andare oltre la rassegnazione. Come fosse un cataclisma naturale, un destino ineluttabile. Ad ogni occasione ci si indigna, si piange, ci si sconvolge. I figli cadono sul calendario e, dopo pochi giorni, si gireranno le pagine del libro della vita (per chi vive ancora) e si andrà oltre. Fino alla prossima occasione, fino al prossimo morto che finirà sulle prime pagine. Ma i figli cadono sul calendario ogni giorno e molti sono avvolti non solo dal bianco lenzuolo ma anche dalla cappa del silenzio.
Rosario Di Palma non può essere solo l’ultimo numero di una fredda statistica in cui “capita” di finire nella “parte sbagliata”. «Un’altra morte sul lavoro, un martirio senza fine, in Abruzzo» denunciano in queste ore Daniele Licheri, segretario regionale di Sinistra Italiana, e Michele Marino, segretario provinciale dello stesso partito. «Una scia di sangue, che denuncia un peggioramento in Abruzzo, una situazione allarmante» denunciano Licheri e Marino ricordando gli ultimi dati dell’Osservatorio di Vega Engineering.
«E’ un trend preoccupante, su cui bisogna intervenire subito con tutti gli strumenti normativi possibili e con coperture finanziarie per un’opera massiccia di prevenzione e controlli – la richiesta dei due esponenti politici abruzzesi – La Regione, dal canto suo, costituisca una cabina di regia per interventi mirati, su base territoriale e di settore lavorativo, a partire da una mappatura delle attività più a rischio. Secondo il report nazionale, del resto, in Italia le denunce di infortunio con esito mortale restano alte, raffrontando il 2022 con il 2025, nelle categorie delle costruzioni, nel trasporto e magazzinaggio, in aumento nel settore manifatturiero».