Il 29 settembre 1944 Casaglia, una frazione di Marzabotto, diventò un luogo simbolo della ferocia nazista.
Le truppe della 16ª Panzergrenadier Division “Reichsführer SS”, guidate dal capitano Friedrich Schmidtkunz, rastrellarono la popolazione civile. In chiesa si erano rifugiate intere famiglie: donne, bambini, anziani, e con loro don Ubaldo Marchioni, giovane parroco di S. Martino, che aveva deciso di rimanere accanto ai suoi parrocchiani.
I tedeschi li fecero uscire. Alcune testimonianze parlano di don Marchioni e di una giovane paralitica, Vittoria Nanni, uccisi direttamente in chiesa. Gli altri, circa un centinaio di persone, furono condotti verso il cimitero di Casaglia.
Qui i cancelli vennero forzati, il gruppo radunato davanti alla cappella, una mitragliatrice piazzata sul treppiede. In pochi minuti, 117 civili vennero falciati.
La strage fu parte del più ampio eccidio di Marzabotto, passato alla storia come una delle peggiori atrocità naziste commesse in Italia.
A Casaglia non c’erano soldati, non c’era battaglia: fu un massacro, contro civili indifesi. Un atto che ancora oggi rimane simbolo della brutalità della guerra e della logica dello sterminio.
L’elenco delle vittime
Le fonti ufficiali parlano di 93 vittime (9 riconosciute come partigiani). Altri studi, come quello di Dario Zanini, parlano di 85. L’elenco ricostruito riporta 117 nomi. Qui li riportiamo integralmente, perché la memoria non deve dimenticare nessuno:
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Amaroli Roberto
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Armaroli Quirico
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Baietti Amelia
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Barbari Alfredo
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Barbari Mario
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Barbari Rino
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Barbieri Arrigo
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Barbieri Luigi
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Bartolini Clara
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Benassi Germana
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Benini Giovanna
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Benini Maria
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Betti Bianca
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Betti Cleofe
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Betti Fulvio Giovanni
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Bonfiglioli Giuseppe
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Buganè Marisa o Maria
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Buganè Zaira
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Caduto ignoto (sei vittime non identificate)
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Camaggi Clelia
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Canè Giuseppe
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Cavallini Estiva
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Ceri Giovanni
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Ceri Giuseppina
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Chirici Ginetta
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Comellini Angelo
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Dainesi Albertino o Alberto
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Dani Alfonso
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Ecchia Erminia
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Fabbri Maria
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Fantazzini Vittoria
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Fanti Armando
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Fanti Claudia
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Fantini Augusto
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Fortuzzi Iolanda
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Fortuzzi Luigi
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Frontini Giuseppe
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Gherardi Clelia
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Gherardi Tina
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Grilli Eleonora
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Laffi Arrigo
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Laffi Francesco
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Laffi Franco
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Laffi Giorgio
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Laffi Lea
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Laffi Mirella
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Landini Elvira
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Lava Ilia
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Lava Paolo
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Marchioni don Ubaldo
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Marescalchi Enrica
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Mascagni Caterina
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Massa Anna
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Massa Mario
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Mattioli Augusto
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Mazzanti Angiolina
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Mazzanti Giuseppina
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Mazzei Bianca
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Migliori Norina
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Monari Vittorio
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Monti Clelia
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Nadalini Natalia
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Nanni Augusto
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Nanni Augusto Giovanni
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Nanni Nerina
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Nanni Vittoria
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Opali Nazzarena
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Paselli Cecilia
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Paselli Claudio
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Paselli Luigi
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Paselli Luigia
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Paselli Maria
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Pedriali Amilcare
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Pedriali Franca
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Pedriali Gabriele
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Pedriali Luigi
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Piretti Domenico
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Piretti Enzo
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Piretti Riccardo
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Pirini Giorgio
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Quadri Luigia
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Rocca Luigia
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Rocca Maria Assunta
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Rossi Callisto
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Ruggeri Augusto
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Ruggeri Lina
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Ruggeri Maria
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Sabbioni Adriana
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Sabbioni Bruna
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Sabbioni Giovanna
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Sabbioni Irene
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Sabbioni Otello
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Soldati Franca
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Soldati Vincenzo
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Stanzani Antonio
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Tedeschi Adalgisa
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Tedeschi Antonina
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Tedeschi Paolo
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Tedeschi Zeno
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Tonelli Alberto
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Tonelli Argentina
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Tonelli Bruno
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Tonelli Giovanni
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Tonelli Maria
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Vannini Vito
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Vegetti Imelde
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Ventura Anna
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Ventura Argia
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Ventura Armando
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Vetri Ada
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Zazzaroni Ersilia
La memoria e la responsabilità
Il cimitero e la chiesa di Casaglia oggi conservano lapidi e monumenti che ricordano le vittime. Qui riposa anche don Giuseppe Dossetti, fondatore della Piccola Famiglia dell’Annunziata, che scelse Monte Sole come luogo di preghiera e memoria.
Dal 1998 è in corso il processo di beatificazione di don Ubaldo Marchioni, che rimase accanto alla sua comunità fino alla fine.
La strage di Casaglia non è solo un episodio locale: è un simbolo universale della crudeltà della guerra e della necessità di ricordare, affinché simili atrocità non abbiano più spazio.
Il 29 settembre 1944 non appartiene solo al passato. È un monito per il presente. Quei nomi, quell’elenco interminabile di vite spezzate, gridano ancora oggi contro ogni forma di violenza, guerra, sopraffazione.
Ricordare Casaglia significa ricordare Marzabotto, Monte Sole, la Resistenza, e la fragilità della pace.
Perché la memoria non è mai un esercizio sterile, ma un impegno quotidiano.