Professore Angelo d’Orsi. Lei è stato premiato, al primo posto, nella prima edizione del premio nazionale Pier Paolo Pasolini. Iniziamo proprio dalla figura di Pasolini. Quanto è importante oggi ricordarlo e quanto è attuale il suo pensiero?
Pasolini è stato un illuminante profeta, oltre che un acutissimo analista del presente. Nel cuore del suo pensiero c’è la ricerca inarrestabile quasi ossessiva della verità, anche le più indicibili verità, le più scottanti, quelle alle quali si arriva con l’intuizione del poeta, la magia dell’artista, più che con il rigore del ragionamento. In epoca di fake news, di soffocante mistificazione, di sistematica propaganda, di veli che impediscono la visione di ciò che è e ciò che è stato, è evidente l’importanza di richiamare Pasolini.
Ma c’è un’altra ragione di enorme attualità, in questo scrittore che sapeva lavorare in prosa e in versi, dietro la macchina da presa e nel dialogo diretto: Pasolini aveva quel retroterra contadino, semplice, che idealizza, ma solo per denunciare i guasti della modernità, di una certa modernità, cialtrona e forzata, pronta a liberarsi delle tradizioni, della lingua, dell’arte, dei costumi, di una moralità (religiosa, o no): un patrimonio che messo a confronto con il presente, emerge nella sua nobiltà, anche quando povero, “arretrato”.
Pasolini ci ha messo in guardia verso gli eccessi del brutalismo modernista, una macchina schiacciasassi che ci ha spinto verso la catastrofe. Ma c’è un altro avvertimento che giunge dall’insieme dell’opera di Pasolini (poesia, racconti, romanzi, giornalismo, cinema), e dalla sua vita stessa: una messa in guardia verso il potere, qualsiasi potere: egli ci fa scorgere gli arcana imperii et dominationis, ci fa capire che esiste sempre un volto oscuro del potere verso il quale ci invita a vigilare, o quanto meno ad assumere un’attitudine critica.
Lei, oltre ad essere un grande studioso di Pasolini, è tra i maggiori studiosi a livello internazionale di Gramsci. Nella sua “Lectio Magistralis” ha raccontato la figura di Pasolini intersecandola al pensiero di Gramsci. Quanto le due figure sono simili e quanto è stata importante l’influenza di Gramsci sulla formazione e pensiero di Pasolini?
Gramsci io l’ho definito, in altra occasione, il “Virgilio” di Pasolini, colui che lo guida al marxismo, ma anche colui che rappresenta la razionalità, il rigore, la logica, contro il libero corso delle pulsioni viscerali, colui che tiene a freno quelle pulsioni, della cui violenza egli è conscio, e vive un rapporto intensamente, drammaticamente dialettico con quella grande ombra. Pasolini trova poi in Gramsci una straordinaria vicinanza, nell’interesse “affettuoso”, empatico, per il popolo, per i subalterni, e il concetto gramsciano di “nazionale popolare” diventa uno dei nodi decisivi del rapporto di Pasolini con Gramsci, insieme all’attenzione alla lingua e alla linguistica, ossia lo studio della lingua, un terreno su cui ci sono stimolanti convergenze (per esempio nella difesa dei dialetti), tenendo conto naturalmente del divario temporale, e del fatto che Pasolini avrà un maestro d’eccezione, in questo specifico campo, Gianfranco Contini, tanto che si è usata l’espressione “gramsci-continismo”, per definire il retroterra teoretico di Pasolini sul piano linguistico.
Il suo libro, “Catastrofe neoliberista. Il regime che ha devastato le nostre vite”, è arrivato primo. Di cosa parla?
Si tratta di un’analisi concentrata sulle trasformazioni delle nostre società, e dell’intero mondo nell’età della globalizzazione, e specificamente dopo il cosiddetto “crollo”. Ma vi si delinea anche una succinta ricostruzione storica partendo dagli anni Settanta. Il neoliberismo è l’ombrello sotto cui prospera il turbocapitalismo, e la democrazia diventa “post-democrazia”, che, nella mia concezione, si sta ulteriormente modificando scivolando verso una forma di “totalitarismo morbido”.
Il corollario sul piano internazionale sono le guerre: il capitalismo (in quello che chiamiamo “Occidente esteso”) sta perdendo l’egemonia, ma cerca di sostituirla con il dominio, che vuol dire esercizio della forza, e forza significa uso di armi. Armi che diventano sempre più potenti, più distruggitrici, più devastanti, e rendono drammaticamente vera la tesi di chi teorizza, non come auspicio ma come situazione in atto, anzi in progress, della “guerra senza limiti”, che si fa beffe del diritto internazionale e di quella sua variante che è il diritto umanitario.
Quanto e come il neoliberismo ha influenzato le nostre vite?
Il neoliberismo con la corsa alla privatizzazione ha frantumato le nostre società, garantendo soltanto ai ceti abbienti la salute, i trasporti, le ferie, e in generale mezzi di sussistenza, tutto ciò che viene negato ai ceti subalterni, alle classi de-privilegiate.
E ha accresciuto enormemente il divario tra ricchi e poveri, ceti cui si offre istruzione cultura e godimento dell’arte e della cultura e le classi alle quali tutto questo non è concesso. Un indicatore è dato dai livelli di scolarizzazione, dall’attesa di vita, dalle professioni consentite agli uni e agli altri. Quanti sono i laureati e i dottori di ricercnetanyahu, a negli strati inferiori della piramide sociale?
Andiamo a ciò che sta succedendo adesso a livello internazionale. Guerra Russa-Ucraina. Quali sono gli sviluppi e qual è l’impegno attuale e la volontà di agire di Europa e Stati Uniti?
Questa guerra è un esempio paradigmatico della “trappola di Tucidide”: quando una potenza egemone si accorge della crescita (economica, demografica, politica, militare…) di un’altra potenza, cerca di fermarla prima che riesca a scavalcarla. Ma lo fa in modo astuto e sottile, ossia costruendo una situazione nella quale a un certo punto la potenza rivale aggredisce la potenza egemone. Ma si tratta soltanto di un’aggressione operativa, perché l’aggressore strategico è proprio la potenza formalmente attaccata. La cosiddetta aggressione russa all’Ucraina è venuta dopo decenni di provocazioni e di un tentativo di schiacciare la consistente minoranza russa nel paese, presenza largamente maggioritaria nelle regioni del Donbass.
E con atti gravissimi quali la proibizione della lingua russa, l’eliminazione dei partiti non di governo, il silenzio (anche mortale) imposto alla stampa critica. Eppure questa avrebbe potuto essere una grande occasione per l’Unione Europea di svolgere un ruolo di intermediazione, di essere un ponte di pace. Invece la UE si è del tutto appiattita sulle posizioni di Washington, e ha sfoderato un virulento odio per la Russia, dimenticando la natura e la quantità di legami che univano la parte occidentale del Vecchio Continente alla parte orientale, al mondo slavo e russo in specie. Così facendo la UE ha certificato la propria fine politica. Gli USA sono la potenza imperiale ma al tramonto e si barcamenano incerti sulla strada da prendere. Certo Trump ha mostrato più intraprendenza e coraggio di Biden, ci piaccia o no. Se la pace è incerta con lui con il suo predecessore era impossibile
Poi abbiamo un Genocidio che si sta consumando sotto gli occhi di tutti in Palestina. Pochi giorni fa è iniziata l’invasione totale di terra da parte del governo Netanyahu. Qual è la situazione attuale?
Israele, o come dovremmo chiamarla “l’entità sionista” sta procedendo verso la “soluzione finale” della questione palestinese. Ma la sua azione genocidaria, senza remore di alcun genere, ha suscitato due flussi opposti: da un lato una corrente pro-Palestina che sta guadagnando la stragrande maggioranza dell’umanità, dall’altro lato una corrente di odio verso Israele. Anche se dovesse “vincere” (ma i Palestinesi in realtà stanno resistendo) Israele ha segnato il suo destino e nell’arco di non troppi anni sarà cancellato dalla mappa mediorientale. O quanto meno fortemente ridimensionato in tutti i sensi.
Come mai Europa e Stati Uniti sembrano essere sotto scacco dal governo israeliano?
Israele è nato come entità coloniale, emanazione dell’Occidente in un contesto geografico estraneo e per forza di cose ostile: Con Netanyahu è diventato “lo Stato di tutti gli ebrei”, una preoccupante idea tribale di uno Stato, fondata su un tessuto ideologico razzista, a partire dal principio forgiato in Occidente nella “cultura bianca”, che l’umanità sia divisa in “razze”, in gruppi umani di serie A, serie B, e via seguitando, fino a quella fetta di umanità alla quale appunto vengono negati i requisiti dell’umanità e perciò possono esser trattati come si trattano gli scarafaggi (questo peraltro è l’epiteto che da sempre i sionisti di Israele usano per indicare i Palestinesi). Quindi Israele in tal senso rappresenta largamente l’ideologia occidentale.
Si aggiunga il senso di colpa degli europei verso gli ebrei per la Shoah, le cui colpe vengono fatte pagare agli arabi, mentre siamo stati noi europei a teorizzare ed applicare ad Auschwitz la fabbrica della morte. Si aggiunga la debolezza delle leadership politiche di USA e UE, e il fatto fondamentale ossia che esse sono strettamente embricate con gruppi sionisti anche quando non ne facciano parte. E la gran parte di loro sono tutti dentro quello che io chiamo “il sistema guerra”.
Abbiamo visto dall’ultimo rapporto di Francesca Albanese gli interessi economici di potentati e lobby dietro questo Genocidio. Qualcuno riuscirà a fare qualcosa? Magari a fermarlo?
È il mostro dalle mille teste. Il nemico più difficile, perché è nel cuore stesso del neoliberismo
Tornando al premio Pasolini. Quali sono le sue sensazioni e quanto pensa sia importante continuare a svolgerlo?
Beh, avendo vinto non posso che esprimere gratitudine e soddisfazione. Mi piace pensare che sia itinerante, e magari scelga ogni volta una città minore, di provincia meglio se in zone considerate depresse, in territori rurali, nel Sud nelle Isole nel Centro e nel Nord (magari in Friuli..). Sarebbe consono con la ideologia e la poetica dell’amato PPP.