Chi controlla la comunicazione, oggi, decide priorità, narrativa, scelte. La sanità molisana è l’esempio più lampante di questa dinamica. Da anni, per scelte politiche trasversali a livello regionale e nazionale, si è accumulato un debito enorme nella gestione del servizio sanitario. Il risultato è stato il commissariamento, che ha progressivamente destrutturato la sanità pubblica, favorendo lo sviluppo del privato convenzionato senza una reale giustificazione trasparente.
Eppure, se si volesse davvero riorganizzare la sanità in Molise, la prima operazione sarebbe comprendere l’origine del debito per capire dove agire e come evitare nuovi sprechi. La seconda sarebbe partire dai reali bisogni della popolazione, per organizzare i servizi sul territorio in maniera coerente e universalistica.
Ma tutto questo non accade.
Non è possibile conoscere l’origine del debito perché emergerebbe un “mare di melma istituzionale” che coinvolgerebbe tutte le formazioni politiche. Non si parte dai bisogni reali della popolazione perché ciò interferirebbe con interessi economici e clientelari consolidati.
E così, media e politica alimentano solo dibattiti parziali e contrapposti, concentrandosi su singole specialità tempo-dipendenti – che interessano potentati contrapposti – mentre il sistema sanitario nel suo complesso resta un colabrodo senza prospettive di gestione universalistica del bene comune.
In Molise non esiste oggi un partito, un sindacato, un movimento che proponga un modello alternativo, fondato sulla soddisfazione dei reali bisogni della popolazione. Si continua a fare ammuina, mentre la Regione declina sotto il peso del clientelismo e delle formazioni politiche autoreferenziali, più impegnate a mantenere potere e privilegi che a cambiare davvero.
La domanda resta aperta: ci sarà un momento in cui nuove generazioni e cittadini si ribelleranno a questo stato di cose? O il Molise – e con esso la sua sanità – è destinato a morire per consunzione, come sta già avvenendo?
Il Molise che non esiste più: senza treni, senza sanità, senza futuro