Paolo De Chiara giornalista, scrittore e presidente dell’associazione Dioghenes APS. Giovedì 11 settembre si è svolta la Prima Edizione del Premio Pier Paolo Pasolini. Come è andata e perché è importante oggi la figura di Pasolini?
La prima edizione è andata oltre ogni aspettativa. Abbiamo avuto un grande riscontro di pubblico, la partecipazione delle istituzioni, delle forze dell’ordine, di esponenti della magistratura, del giornalismo e della società civile. Questo dimostra che c’era un bisogno reale di un Premio intitolato a Pier Paolo Pasolini.
Pasolini è ancora oggi il nostro intellettuale più scomodo e pericoloso non perché avesse previsto il futuro, ma perché aveva la lucidità di leggere il presente con occhi liberi, fuori dagli schemi, capace di denunciare le contraddizioni della società. A quasi cinquant’anni dalla sua barbara uccisione, la sua voce resta attuale e necessaria: è un invito a non abbassare lo sguardo, a continuare a denunciare le ingiustizie e a raccontare la verità.
Una menzione speciale è stata dedicata ad Allende. L’11 settembre, tra l’altro, è stato l’anniversario del colpo di stato in Cile del 1973 e l’anniversario della morte di Allende. Perché è importante ricordare queste figure?
Abbiamo voluto collegare due storie apparentemente lontane ma profondamente vicine. Pasolini e Allende rappresentano due figure simbolo della libertà e della resistenza contro il potere. Allende è stato abbattuto con la forza delle armi, Pasolini con la violenza e il silenzio di un Paese che non ha mai voluto davvero fare luce sul suo assassinio.
Ricordarli entrambi l’11 settembre ha significato restituire dignità alla memoria e ribadire che la cultura, la parola e l’impegno civile sono strumenti di liberazione. Non a caso la giuria ha voluto conferire delle Menzioni Speciali Allende, proprio per mantenere viva questa eredità.
Si è voluto concentrare questo premio a giornalisti e scrittori. Siamo in un periodo in cui si legge sempre di meno e l’informazione mainstream è sempre più controllata. Come mai questa scelta?
Abbiamo voluto premiare giornalisti e scrittori perché sono loro oggi a portare avanti, spesso con grande fatica, quel compito che Pasolini aveva assunto: denunciare, raccontare, provocare riflessione. In un’epoca in cui la lettura è in crisi e l’informazione è sempre più piegata agli interessi economici e politici, il Premio vuole difendere uno spazio libero.
Chi scrive un libro, chi realizza un’inchiesta, chi mette nero su bianco un’analisi non si limita a produrre contenuti: contribuisce a formare coscienze, a stimolare pensiero critico. È un atto di resistenza culturale che oggi diventa rivoluzionario.
Ci sarà una seconda edizione?
Sì, assolutamente. Il successo della prima edizione ci ha dato la conferma che il Premio deve avere continuità. Stiamo già lavorando alla seconda edizione, con l’obiettivo di renderlo un appuntamento annuale di rilevanza nazionale. L’intento è quello di costruire una rete sempre più ampia attorno alla memoria di Pasolini e a chi, come lui, sceglie la verità, anche quando è scomoda. Voglio concludere ringraziando di cuore la presidente di giuria, l’On. Angela Napoli, i componenti della giuria, i soci di Dioghenes APS, quelli presenti (Veronica Conti, Antonino Schilirò e Leo Di Filippo), WordNews.it, le istituzioni locali, le associazioni e tutti coloro che hanno collaborato alla buona riuscita di questa prima edizione. E naturalmente grazie agli autori, ai giornalisti e a tutti i partecipanti che con le loro opere hanno reso vivo e concreto il senso di questo Premio.