MOLISE. Domenica 5 ottobre, A.D. 2025
Un’altra mattina di pioggia, di attese e di rabbia. Un’altra pagina di disservizi ferroviari scritta con l’inchiostro dell’indifferenza.
Alla stazione di Isernia, una trentina di viaggiatori aspettano il pullman sostitutivo Trenitalia per Vairano-Caianello, da dove dovranno prendere il treno per Napoli. Orario di partenza: ore 8:00.
Ma il pullman non arriva. Passano dieci, venti, trenta minuti. Dopo un’ora sotto l’acqua battente, la verità emerge: l’ordinanza comunale, che aveva regolarmente spostato la fermata in via XXIV Maggio, non è stata rispettata dal conducente del mezzo sostitutivo.
Il risultato? Viaggiatori abbandonati sotto la pioggia, coincidenze saltate, impegni rinviati, e un senso di impotenza che ormai accompagna ogni spostamento ferroviario nel Molise dimenticato.
L’ennesimo disastro annunciato
Non si tratta di un errore isolato. È l’ennesima prova del collasso di un sistema. Da anni il Molise è tagliato fuori dalle grandi linee ferroviarie.
Da Campobasso non passa più un treno: una condizione che non ha eguali in Italia, una capitale di regione esclusa dalla rete nazionale.
Chi deve raggiungere Roma o Napoli parte da Isernia, ma anche lì, come accaduto oggi, non trova treni, bensì pullman sostitutivi. Un paradosso che ha il sapore dell’abbandono, della resa, della fine di un diritto costituzionale: quello alla mobilità.
Politica regionale: il grande assente
La responsabilità non è solo del conducente distratto o di Trenitalia, che da anni gestisce il Molise come una colonia dimenticata. La colpa principale è della politica regionale, che da troppo tempo non alza la voce e non difende i propri cittadini.
Da Campobasso a Roma, da Isernia a Napoli, le promesse di “rilancio infrastrutturale” sono rimaste lettere vuote.
La Regione ha firmato accordi, annunciato piani di riammodernamento, ma sul campo non si vede nulla.
I treni restano un miraggio, le stazioni dei monumenti all’abbandono, e la parola “servizio pubblico” suona come un insulto.
Chi governa oggi il Molise e chi lo ha governato negli ultimi dieci anni ha sulla coscienza la morte del trasporto ferroviario regionale. E nessuno, né in Giunta né in Consiglio, sembra avere il coraggio di ammetterlo.
Il viaggio che non c’è più
Una volta si partiva da Campobasso o Isernia e si arrivava a Napoli o Roma su rotaie. Oggi si parte su asfalto bagnato, stipati su pullman sostitutivi, pregando che l’autista sappia dove fermarsi.
È questa la realtà del 2025, nell’Italia delle alte velocità e delle grandi opere miliardarie: una regione intera costretta a viaggiare come nel dopoguerra.
Il Molise è diventato il simbolo dell’Italia dimenticata, quella che non produce voti né consenso, quella che non interessa più a nessuno. Eppure qui vivono donne e uomini che ogni giorno cercano di lavorare, di studiare, di curarsi, di vivere.
Una richiesta di rispetto e verità
I cittadini molisani non chiedono miracoli, chiedono rispetto. Chiedono che la Regione Molise si assuma le proprie responsabilità e smetta di nascondersi dietro sigle e promesse.
Chiedono che Trenitalia garantisca un servizio dignitoso, che gli autisti rispettino le ordinanze, che le fermate siano segnalate, che le informazioni arrivino prima dei disastri.
Il Molise non chiede la luna. Chiede un treno. Chiede di non essere dimenticato, di non essere più umiliato dall’inerzia. Finché ciò non accadrà, ogni mattina come questa, tra pioggia, rabbia e silenzio, resterà la prova viva di una morte annunciata: quella della ferrovia molisana, e con essa, di un pezzo di dignità collettiva.
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