Le piazze d’Italia si sono rimesse in moto. Migliaia di volti, giovani e anziani, studenti e lavoratori, hanno sfilato gridando “Stop al genocidio in Gaza”. Ma chi guarda bene, sa che dietro quel grido c’è molto di più: c’è il rifiuto di un potere che ha perso ogni contatto con la realtà, una classe dirigente inetta, cieca, senza visione né vergogna.
Chi ci governa parla di patria e valori, ma intanto smantella la sanità pubblica, affama la scuola, umilia il lavoro.
Predicano libertà, ma sostengono governi che bombardano bambini. Sbandierano sovranità, ma obbediscono a logiche di potere economico e geopolitico che ci rendono servi.
Il popolo è stanco.
Stanco dei teatrini, delle passerelle, delle promesse da campagna elettorale permanente.
Stanco di chi gioca a fare il patriota con il microfono in mano e il portafoglio pieno di appalti.
Stanco di una politica che si è fatta ufficio stampa del potere, che tace davanti al sangue innocente di Gaza come davanti alle bare che escono dagli ospedali italiani per mancanza di personale.
In piazza non c’erano solo bandiere palestinesi: c’era l’Italia vera, quella che non arriva a fine mese, quella che cura i malati, insegna ai figli degli altri, e ancora trova il coraggio di scendere per strada.
E questa Italia oggi dice basta.
Basta con un governo che chiama “riforme” i tagli alla sanità.
Basta con ministri che definiscono “meritocrazia” lo sfruttamento.
Basta con premier che parlano di Dio e Patria, ma non vedono né l’Uomo né la Giustizia.
C’è un’Italia che non si riconosce più nei suoi rappresentanti, che non si inginocchia davanti ai mercati, che non accetta di essere spettatrice di un mondo in rovina.
È l’Italia che oggi sta nelle piazze per Gaza, domani per il lavoro, dopodomani per la scuola e la sanità.
È l’Italia che ha capito che la libertà non si chiede, si prende.
E allora sì, la protesta deve continuare.
Deve travolgere l’ipocrisia, scardinare la paura, riportare dignità a una parola dimenticata: popolo.
Perché non si può restare neutrali tra chi bombarda e chi muore.
E non si può restare neutrali tra chi comanda e chi soffre.
La Storia, quella vera, non la scrivono i ministri.
La scrivono quelli che scendono in piazza, mentre il potere trema dietro i vetri blindati dei palazzi.