La crisi della democrazia è ormai sotto gli occhi di tutti. C’è una dissociazione profonda tra i popoli e le loro rappresentanze istituzionali, che si manifesta in modo sempre più evidente di fronte ai grandi drammi globali, come il genocidio palestinese e la spinta bellicista dei vertici politici.
Il popolo scende in piazza per la pace, ma chi governa parla di “difesa”, di “alleanze strategiche”, di “interessi nazionali” che sanno di subordinazione.
La domanda allora sorge spontanea: chi decide davvero la rappresentanza istituzionale? E, più ancora, a chi rispondono i governi eletti dal popolo?
Prendiamo l’Italia. Alle ultime elezioni politiche, Enrico Letta decise che il Partito Democratico non avrebbe dovuto allearsi con il Movimento 5 Stelle. Una scelta che ha spianato la strada alla vittoria delle destre estreme.
Fu una decisione autonoma o eterodiretta da poteri economici e finanziari? Difficile credere che fosse solo una strategia politica ingenua.
Del resto, la caduta del governo Conte II e la successiva ascesa di Mario Draghi, simbolo del potere bancario e finanziario globale, rappresentano un passaggio chiarissimo: la politica nazionale è diventata strumento dell’economia neoliberista.
Non è un caso che, nei mesi precedenti quella crisi, il sistema mediatico abbia vissuto movimenti sospetti, con il passaggio di giornali e televisioni in mani “giuste”, pronte a orientare l’opinione pubblica e a far accettare il nuovo ordine politico.
Il caso Fratelli d’Italia: dal populismo all’obbedienza
Anche Fratelli d’Italia, oggi al governo, ha dovuto piegarsi alla logica del potere.
Un tempo era un partito contro l’Europa delle banche, favorevole a rapporti più stretti con la Russia e solidale con la causa palestinese. Ora ha rinnegato tutto, diventando portavoce dei gruppi economico-finanziari internazionali.
Il cambiamento di linea non è ideologico: è la condizione necessaria per sedersi al tavolo del potere.
In queste condizioni, non stupisce che oltre il 60% degli italiani non voti più. Il popolo ha smesso di credere nella democrazia rappresentativa, perché non si sente più rappresentato.
Lo stesso accade in Francia, dove Emmanuel Macron sta portando al collasso l’istituzione repubblicana. Anche lì, la dissociazione tra i poteri economici che lo sostengono e la volontà popolare è ormai esplosiva.
Le piazze francesi — come quelle italiane e di molte altre capitali europee — si riempiono di manifestanti che chiedono pace, giustizia e libertà per la Palestina, mentre i governi continuano a parlare di armi e “difesa europea”.
Queste piazze rappresentano il vero volto della democrazia, quella che sopravvive solo nel popolo, non più nei palazzi.
Il neoliberismo contro la democrazia
Le democrazie occidentali non sono più funzionali al sistema che le ha generate.
Il neoliberismo decadente — imposto dall’economia globale e dai mercati finanziari — non ha più bisogno della volontà popolare, ma solo di governi obbedienti.
Ecco perché la politica si è piegata all’economia, e non il contrario. Le decisioni si prendono nei consigli d’amministrazione, non nei parlamenti.
Se la democrazia deve rinascere, deve farlo fuori dai circuiti del potere finanziario.
Deve tornare nelle strade, nelle scuole, nelle coscienze, dove ancora si può discutere, dissentire, immaginare un mondo in cui l’uomo valga più del profitto e la pace conti più del PIL.