«410 neonati tra fine luglio e inizio ottobre. Solo in una chat attiva e pubblica. Abusati, esposti come trofei conquistati. Qualcuno con il ciuccio, altri con i pannolini accanto, nudi, vessati, inconsapevoli di ciò che perversi – donne e uomini- compiono sui loro corpicini. Una violenza inaudita. Spaventosa». Questa è solo una delle ultime denunce di don Fortunato Di Noto e Meter, datata 9 ottobre scorso.
Sul dark web i video più trafficati sono quelli di abusi di minori aveva sottolineato in una precedente denuncia don Fortunato. «Un traffico criminale che deve essere combattuto come mafia, droga e terrorismo» sottolineò il fondatore e presidente di Meter.
«La lotta alla pedocriminalità è un impegno che offre una possibilità di liberazione per chi vive queste ‘nuove forme di schiavitù sessuale’; le vittime sono ridotti a oggetti e a cose per la malvagia perversione di adulti. La pedocriminalità è un efferato crimine contro i piccoli indifesi, inermi e fragili. È un atto grave e devastante, è un ‘gravissimo peccato’ per chi crede. La pedocriminalità vive e si nutre di bambini abusati e sfruttati da organizzazioni criminale, ben organizzate e pericolose. La pedocriminalità non è un ‘gioco’ e fino a quando è trattata come tale, la sconfitta è scontata. Triste dire queste cose, ma è il tentativo di alzare la conoscenza su un fenomeno sotto gli occhi di tutti, ma forse non nel cuore di tutti. Una guerra dentro le altre forme di devastanti guerre e conflitti. Un dramma infinito che chiede un sussulto di coscienza collettiva».
Questa riflessione è stata pubblicata da don Fortunato in un post facebook del 23 settembre scorso. Parole che dovrebbero scuotere ogni coscienza, far male nel profondo di ogni essere umano. Alla luce delle costanti denunce dell’associazione e di tante, troppe notizie di cronaca. Invece cadono, quasi sempre, nel silenzio omertoso, nel girarsi dall’altra parte, nel disinteresse.
Anche la cronaca abruzzese, regione grande come alcuni quartieri di Roma ma con decine e decine di notizie di arresti, inchieste, operazioni delle forze dell’ordine, condanne, denunce di pedopornografia, ci ha restituito nelle ultime settimane notizie di pedopornografi individuati (in almeno un caso, avvenuto nel chietino, lo stesso magistrato ha sottolineato che il materiale sequestrato è ingente), di ragazzini che trafficano materiali pedopornografici (in un caso realizzati con l’ausilio dell’intelligenza artificiale) e notizie di abusi anche contro familiari minorenni. Ma, passato il clamore di un giorno, l’onda emotiva passa oltre. Soffermandosi sui giochetti di padrini e ras della piccola politica politicante (ovviamente solo e soltanto per portare acqua ai loro squallidi mulini), gossip e notizie buone solo per baloccarsi o rimanere a bearsi della propria imbelle vacuità.
Sono passati ormai oltre due mesi dalle prime denunce di Meter di un gruppo telegram pedopornografico, ispirato ad uno dei più squallidi e vergognosi personaggi dello star system italiota. Notizia passata sotto traccia, citata solo da pochissimi, a livello nazionale.
Nonostante in quelle settimane grande interesse c’è stato su portali e canali facebook di traffico di foto sessualizzate. Pochissimi a livello nazionale, unici finora (e questo lo scriviamo con profondo dolore e sconcerto) ad accendere i riflettori sul coinvolgimento dell’Abruzzo. Su quel gruppo c’è chi ha chiesto foto di ragazze di Pescara, Lanciano, Silvi e Miglianico (comuni di tre province diverse su quattro in totale), chi si vanta di continuare ad abusare la figlia di dieci anni nonostante le denunce di Meter e c’è chi “confessa” di fingersi babysitter per produrre video pedopornografici aggiungendo che paga bene.
Nel pomeriggio del 12 ottobre, a quasi un mese dal precedente, abbiamo provato tramite una banale ricerca su Google, a monitorare la situazione. Tra diversi articoli e post sui social in cui è stata raccolta la denuncia di don Fortunato e di Meter sono sbucati anche questi risultati:
1 canale con un solo iscritto
1 canale, che si camuffa sotto un altro nome, porta ad un bot a cui risultano iscritti 1.287.777 “utenti mensili”
1 canale con 3120 iscritti rimanda ad un bot con 21.483 utenti mensili
1 canale ha 2421 iscritti
1 piattaforma pornografica ha undici pagine di video con tag il nome del canale
1 sito rimanda ad un canale con 943 membri, ingresso solo se approvato dagli admin che nella schermata introduttiva hanno scritto che non vogliono “spioni”
Su tiktok e youtube spuntano canali con lo stesso nome
Finirà mai l’indifferenza, il boicottaggio, il perseguitare chi denuncia e non gli abusanti? Come si fa, termine che da decenni scandalizza i benpensanti e gli imbelli, a non denunciare che questi silenzi sono frutto anche di lobby, interessi, spinte sociali e politiche? Sul web si trovano articoli, già di vent’anni fa o poco meno, che attaccano quelli che definiscono i professionisti dell’anti-pedofilia (perché secondo lor signori addirittura ci si lucra, la realtà dimostra che invece si ottengono isolamento, delegittimazione, minacce, insulti, ostacoli, di tutto e di più … contro), dossier contro chi denuncia e articoli che documentano le reazioni di ostilità e disprezzo contro chi denuncia. Nel 2000 ci furono persino attacchi ministeriali e dei massimi vertici della magistratura. L’allora ministro dell’interno attaccò don Fortunato affermando, nonostante le denunce documentate del fondatore e presidente di Meter, che non esisterebbero in tutta Italia server pedopornografici, che la pedopornografia in questo Paese non esisteva. Sei anni dopo in una denuncia raccolta dal Giornale si sottolineava che i traffici non solo esistevano già ma generavano 11 miliardi di euro solo in Italia.
Mentre un sito pornografico (una delle sconfinate praterie per la pedopornografia e il traffico di ogni materiale di stupri, violenze e abusi varie, abbiamo riportato decine di volte le denunce contro PornHub e altre piattaforme simili) fattura, sempre solo in Italia, oltre 90.000 euro al giorno. L’anno dopo una ricerca di Meter, riportata dal Corriere della Sera, denunciava gli atteggiamenti di omertà e ostracismo anche nella principale agenzia educativa. In un caso, denunciò don Fortunato, non solo non si presero provvedimenti nei confronti dell’abusante ma si chiese ai genitori della vittima di cambiare aria. «Solo la solerzia del magistrato inquirente ha fatto si che la rete omertosa impedisse di accertare la verità» sottolineò il fondatore e presidente di Meter. Se negli anni qualche passo in avanti è avvenuto e oggi c’è anche una forte sensibilità, nelle agenzie educative e in pezzi della società, di reti omertose, di ostacoli all’accertamento della verità, di silenzi ne siamo ancora sommersi.
«Per ricordare la lotta alla pedopornografia online e la prima condanna a Milano dopo una denuncia da me effettuata.
La scoperta del sito fu nel 1997, nel 2000 la prima condanna sulla pedopornografia online.
La prima condanna dopo la mia denuncia
Milano, denunciato da don Fortunato Di Noto ieri la prima condanna per un sito di pedofilia. (La Nuova Sardegna — 25 ottobre 2000)
MILANO. Il sito si chiamava “Ultimo impero” e diffondeva via Internet anche immagini pornografiche di bimbi, tra cui quella, come riportava un titolo, di una “bambina di 5-6 anni che si masturba”. Per questo ieri il giudice della nona sezione penale del tribunale di Milano, Carla Bianchini, ha condannato xxxxxxx, l’ex amministratore delegato della società intestataria del sito, a due mesi di reclusione (pena sospesa) e a duecento mila lire di multa, mentre ha assolto xxxxxx, il tecnico informatico. Una condanna lieve (la prima a Milano che riguarda la pedofilia sui siti Internet), quella inflitta ieri dal giudice milanese, che in un certo senso ha “graziato” l’imputato: il reato è stato commesso nel’97 e, quindi, e’ stato costretto a basarsi sulla vecchia norma che riguarda le pubblicazioni e gli spettacoli osceni, e non su quella più severa entrata in vigore nel’98.
Secondo la ricostruzione del Pm Adriana Cassano, xxxxxxx già prima del’95 aveva messo a punto una sorta di banca dati informatica amatoriale (tecnicamente chiamata BBC), contenente materiale pedofilo e intitolata”Ultimo Impero”. Tra il’95 e il’96 xxxxxxx aveva fatto il salto di qualità e aveva creato un vero e proprio sito Internet, “Ultimo impero II”, in cui aveva riversato centinaia di immagini hard tra cui alcune di bambini anche assieme ad adulti. Il sito, a cui ci si poteva collegare senza alcun tipo di password nel’97 era stato scoperto da don Fortunato Di Noto, il sacerdote di Avola (Siracusa).
Da qui la denuncia e poi le indagini che hanno portato ad individuare la società intestataria del sito, (…) Ieri la vicenda si è chiusa con una sentenza, la prima a Milano, che ha visto una condanna a due mesi e una assoluzione per non aver commesso il fatto».
(Don Fortunato Di Noto, 8 ottobre)





