Dopo il grave episodio di violenza avvenuto nei giorni scorsi contro un gruppo di cacciatori, colpiti da un attacco armato da parte di uomini incappucciati e armati con kalashnikov, la tensione resta alta in Calabria.
L’episodio, avvenuto sulla SP52 (Rosarno-Laureana di Borrello), ha sollevato interrogativi sulla sicurezza del territorio e sul rischio di nuove faide o di azioni malavitose.
Abbiamo raccolto la testimonianza di Stefano Princi, vice coordinatore di Fratelli d’Italia a Reggio Calabria, che nei giorni scorsi ha espresso pubblicamente la propria solidarietà ai cacciatori vittime dell’aggressione.
Calabria, assalto sulla SP 52: cacciatori rapinati dei fucili per alimentare una faida?
«La Calabria deve essere una terra sicura, rispettosa delle regole e della libertà di ciascuno».
Dottor Princi, nel suo intervento pubblicato dal Reggino.it ha parlato di una Calabria che deve tornare a essere una terra sicura. Cosa intendeva con questa affermazione?
«Vede, il mio era un messaggio di solidarietà verso chi, esercitando una passione venatoria, si è trovato improvvisamente in pericolo di vita. Parliamo di persone che, nel loro tempo libero, investono risorse e passione in un’attività lecita. Se arriviamo al punto in cui anche un hobby diventa rischioso, allora dobbiamo interrogarci seriamente. Non si può uscire di casa per andare a caccia e ritrovarsi sotto tiro. È questo il senso della mia riflessione: la Calabria deve essere un luogo dove ciascuno possa sentirsi libero e sicuro».
«Non ho detto che la Calabria non è sicura, ma servono più controlli».
Le sue parole sono state lette come una critica alla mancanza di sicurezza nella regione. È così?
«Assolutamente no. Io non ho voluto dire che la Calabria non è sicura. Anzi, riconosco che oggi le forze dell’ordine lavorano molto meglio rispetto al passato, grazie a strumenti e mezzi che consentono un controllo più capillare. Tuttavia, esistono ancora episodi spiacevoli, dovuti a pochi individui – li definisco “sciacalli” – che mettono a rischio la tranquillità dei cittadini».
Sull’attacco armato: «Non posso dire se c’entra la ‘ndrangheta».
L’episodio in questione è stato compiuto da uomini armati con kalashnikov e pistole. Pensa che dietro ci sia la ‘ndrangheta?
«Guardi, non ho elementi per dirlo. Non posso esprimermi su fatti che non conosco nel dettaglio. Io mi limito a commentare la notizia per come è stata resa pubblica. Qualunque sia la matrice, si tratta comunque di un gesto gravissimo, di una violenza che traumatizza persone che non stavano facendo nulla di illegale. Ribadisco la mia solidarietà alle vittime, che esercitano una propria passione, e il mio pieno sostegno a chi lavora per la sicurezza del territorio. Poi come sono intervenuti e quanti erano non mi è dato sapere…».
Erano diversi soggetti, con viso coperto, e con pistole e Ak-47.
«Il mio messaggio voleva essere quello, sono solidaristico».
«Ogni criminalità va condannata, ovunque si trovi».
Lei ha anche una funzione politica sul territorio. Quindi se le sente di condannare politicamente la criminalità organizzata?
«Ogni forma di criminalità organizzata va condannata, ovunque si trovi: a Reggio Calabria, a Milano o in Giappone. Non va tollerata né alimentata e va soppressa. Sono solidale con le forze dell’ordine che ogni giorno, spesso a rischio della propria vita, garantiscono la nostra sicurezza. Nel momento in cui succedono eventi di questa portata, non ti senti tanto al sicuro, e tu esprimi la piena solidarietà per delle persone che, appunto, stanno andando, per passione e per attuare una propria passione, e si ritrovano ad essere oggetto di stress soprattutto psicologico. In questo caso, mi pare, non sia stata fisica. Per fortuna».
«Il problema delle infiltrazioni nella politica? Non riguarda solo un partito».
Negli ultimi anni diversi esponenti politici calabresi – anche di Fratelli d’Italia – sono finiti sotto inchiesta (anche arrestati) per rapporti con la ‘ndrangheta. Volevo un suo parere.
«Mi sta portando su un terreno che non mi compete direttamente. Gli atti parlano da soli. Lei mi chiama per avere…».
Ma l’argomento è legato. L’azione è stata fatta da professionisti, non da delinquenti da quattro soldi. Il problema esiste sul territorio, insieme alla presenza asfissiante della ‘ndrangheta.
«Fatta da professioni, ma a mio avviso, non ha nulla a che vedere con la domanda che mi fa».
Le chiedevo un parere. Poi se non me lo vuole dare… non è un problema.
«Non ho un parere. Io sostengo che ci sono altri partiti, purtroppo situazioni che sono legate al resto d’Italia. Non solo Fratelli d’Italia».
Lei vuole dire che l’infiltrazione della ‘ndrangheta nella politica è un problema diffuso?
«No, no. Non sto dicendo questo, nella maniera più assoluta».
Allora non ho capito.
«Mi sono espresso male io. Mi riferivo al discorso che lei mi ha fatto, perchè ho voluto essere solidale. L’ho spiegato, penso che sono stato chiaro. Sull’evento antipatico, di qualche giorno fa, posso ancora dire… Anche se penso di aver, diciamo, detto tutto».
«Dico che la Calabria non ha un cancro, ha una realtà, come già nel resto d’Italia che, a volte, da noi viene enfatizzata per una serie di motivi. La criminalità è diffusa in tutto il mondo, purtroppo. Cioè però, ripeto, andiamo ad allargare il discorso… ad entrare in un discorso dove non mi va neanche di parlarne al telefono. Non voglio essere neanche frainteso. Preferisco che questa nostra conversazione deve rimanere sul tema della caccia, dei cacciatori che hanno subito, che può essere una cosa antipatica».
«La criminalità in Calabria viene spesso enfatizzata».
Lei ha parlato di un problema “enfatizzato”. Cosa intende?
«In che senso?».
«Non ricordo nemmeno quello che ho detto che ero in corsa, stavo uscendo dalla macchina. Il concetto è questo… , voglio essere così cordiale come lei è con me. Lei le sta facendo il suo lavoro che io apprezzo tantissimo. Lei ha avuto la bontà, ecco di chiamarmi, io l’ho richiamata perché ho notato che dall’altra parte sto parlando con una persona perbene e seria. Io, ripeto, mi piace rimanere circoscritto all’evento. Scusi che lo ripeto e lo rimarco e dico che sono solidale nei confronti di chi ha subito un atto che noi e che io, come dire, lo reputo, diciamo così, un po’ brutto, che non si deve fare».
Ribadiamo il nostro punto di vista: esistono collegamenti diretti tra l’agguato e la ‘ndrangheta. L’attacco armato, con armi da guerra e modalità paramilitari, riporta in primo piano una verità scomoda: quella di una regione che ancora oggi vive il difficile equilibrio tra normalità e paura, legalità e omertà, passione e pericolo.
Calabria, assalto sulla SP 52: cacciatori rapinati dei fucili per alimentare una faida?





