Un bambino su quindici in Europa è stato vittima di pedocrimini, almeno cinque milioni in 33 Stati europei. È la denuncia documentata da un report commissionato dall’organizzazione Childlight (Global Child Safety Institute). Solo nel 2023 sono state oltre 33mila le denunce di abusi e sfruttamento pedofili, tra il 2023 e il 2024 il 20% dei bambini ha visualizzato online materiale pornografico.
«I paesi europei agiscano nell’interesse dei bambini, in particolare nelle piattaforme online: questa è una vera e propria pandemia, bisogna agire al più presto» è l’allarme rilanciato in un articolo del 16 ottobre da Il Messaggero.
Una pandemia che, al contrario del coronavirus cinque anni fa, avanza indisturbata, nel silenzio omertoso, vigliacco e complice. L’Olanda, in cui negli anni varie volte si è tentato di creare partiti a favore dei pedocriminali, è tra gli Stati in cui questa pandemia è più radicata e la pedopornografia è più strutturata. Questo report conferma quanto, ormai, l’Europa sia sempre più un hub della pedopornografia e dei traffici pedofili. Ma tutto questo, nonostante denunce, inchieste, orrori sempre più disumani documentati, non sembra interessare. Mentre le spinte delle lobby pro pedofilia ottengono risultati e avanzano. Sul web negli anni sono stati pubblicati manuali a difesa dei pedofili, altri su come stuprare bambini e aggirare i controlli delle forze dell’ordine, in Germania si è portata in Parlamento una legge che abbassa alcune pene, in sede di Nazioni Unite l’Unione Europea ha assunto posizioni sconcertanti, in Italia la Cassazione ha addirittura scritto in una sentenza che può esistere una pedofilia di «minore entità», Meter continua a documentare e denunciare il proliferare dei traffici pedofili online, numeri vertiginosamente in aumento e con vittime sempre più anche neonati di pochi giorni.
Sono tutti fatti riportati nei nostri articoli, in pochi secondi rintracciabili nel nostro archivio. Tra questi il gruppo pedopornografico su Telegram denunciato dall’associazione fondata e presieduta da don Fortunato Di Noto ad agosto scorso. Un gruppo, come abbiamo documentato grazie all’associazione, attivo anche sull’Abruzzo. Regione grande come alcuni quartieri di Roma ma con decine e decine di notizie di arresti, inchieste, operazioni delle forze dell’ordine, condanne, denunce di pedopornografia, ci ha restituito nelle ultime settimane notizie di pedopornografi individuati (in almeno un caso, avvenuto nel chietino, lo stesso magistrato ha sottolineato che il materiale sequestrato è ingente), di ragazzini che trafficano materiali pedopornografici (in un caso realizzati con l’ausilio dell’intelligenza artificiale) e notizie di abusi anche contro familiari minorenni. Ma, passato il clamore di un giorno, l’onda emotiva passa oltre. Soffermandosi sui giochetti di padrini e ras della piccola politica politicante (ovviamente solo e soltanto per portare acqua ai loro squallidi mulini), gossip e notizie buone solo per baloccarsi o rimanere a bearsi della propria imbelle vacuità.
Il gruppo telegram pedopornografico, ispirato ad uno dei più squallidi e vergognosi personaggi dello star system italiota è notizia passata sotto traccia, citata solo da pochissimi, a livello nazionale. Unici finora (e questo lo scriviamo con profondo dolore e sconcerto) ad accendere i riflettori sul coinvolgimento dell’Abruzzo noi.
Su quel gruppo c’è chi ha chiesto foto di ragazze di Pescara, Lanciano, Silvi e Miglianico (comuni di tre province diverse su quattro in totale), chi si vanta di continuare ad abusare la figlia di dieci anni nonostante le denunce di Meter e c’è chi “confessa” di fingersi babysitter per produrre video pedopornografici aggiungendo che paga bene. Nel pomeriggio del 12 ottobre, a quasi un mese dalla precedente rilevazione, abbiamo provato tramite una banale ricerca su Google a monitorare la situazione. Tra diversi articoli e post sui social in cui è stata raccolta la denuncia di don Fortunato e di Meter sono sbucati anche questi risultati:
1 canale con un solo iscritto
1 canale, che si camuffa sotto un altro nome, porta ad un bot a cui risultano iscritti 1.287.777 “utenti mensili”
1 canale con 3120 iscritti rimanda ad un bot con 21.483 utenti mensili
1 canale ha 2421 iscritti
1 piattaforma pornografica ha undici pagine di video con tag il nome del canale
1 sito rimanda ad un canale con 943 membri, ingresso solo se approvato dagli admin che nella schermata introduttiva hanno scritto che non vogliono “spioni”
Su tiktok e youtube spuntano canali con lo stesso nome
Finirà mai l’indifferenza, il boicottaggio, il perseguitare chi denuncia e non gli abusanti? Come si fa, termine che da decenni scandalizza i benpensanti e gli imbelli, a non denunciare che questi silenzi sono frutto anche di lobby, interessi, spinte sociali e politiche? Sul web si trovano articoli, già di vent’anni fa o poco meno, che attaccano quelli che definiscono i professionisti dell’anti-pedofilia (perché secondo lor signori addirittura ci si lucra, la realtà dimostra che invece si ottengono isolamento, delegittimazione, minacce, insulti, ostacoli, di tutto e di più … contro), dossier contro chi denuncia e articoli che documentano le reazioni di ostilità e disprezzo contro chi denuncia. Nel 2000 ci furono persino attacchi ministeriali e dei massimi vertici della magistratura. L’allora ministro dell’interno attaccò don Fortunato affermando, nonostante le denunce documentate del fondatore e presidente di Meter, che non esisterebbero in tutta Italia server pedopornografici, che la pedopornografia in questo Paese non esisteva. Sei anni dopo in una denuncia raccolta dal Giornale si sottolineava che i traffici non solo esistevano già ma generavano 11 miliardi di euro solo in Italia.
Mentre un sito pornografico (una delle sconfinate praterie per la pedopornografia e il traffico di ogni materiale di stupri, violenze e abusi varie, abbiamo riportato decine di volte le denunce contro PornHub e altre piattaforme simili) fattura, sempre solo in Italia, oltre 90.000 euro al giorno. L’anno dopo una ricerca di Meter, riportata dal Corriere della Sera, denunciava gli atteggiamenti di omertà e ostracismo anche nella principale agenzia educativa. In un caso, denunciò don Fortunato, non solo non si presero provvedimenti nei confronti dell’abusante ma si chiese ai genitori della vittima di cambiare aria. «Solo la solerzia del magistrato inquirente ha fatto si che la rete omertosa impedisse di accertare la verità» sottolineò il fondatore e presidente di Meter. Se negli anni qualche passo in avanti è avvenuto e oggi c’è anche una forte sensibilità, nelle agenzie educative e in pezzi della società, di reti omertose, di ostacoli all’accertamento della verità, di silenzi ne siamo ancora sommersi.
«Per ricordare la lotta alla pedopornografia online e la prima condanna a Milano dopo una denuncia da me effettuata.
La scoperta del sito fu nel 1997, nel 2000 la prima condanna sulla pedopornografia online.
La prima condanna dopo la mia denuncia
Milano, denunciato da don Fortunato Di Noto ieri la prima condanna per un sito di pedofilia. (La Nuova Sardegna — 25 ottobre 2000)
MILANO. Il sito si chiamava “Ultimo impero” e diffondeva via Internet anche immagini pornografiche di bimbi, tra cui quella, come riportava un titolo, di una “bambina di 5-6 anni che si masturba”. Per questo ieri il giudice della nona sezione penale del tribunale di Milano, Carla Bianchini, ha condannato xxxxxxx, l’ex amministratore delegato della società intestataria del sito, a due mesi di reclusione (pena sospesa) e a duecento mila lire di multa, mentre ha assolto xxxxxx, il tecnico informatico. Una condanna lieve (la prima a Milano che riguarda la pedofilia sui siti Internet), quella inflitta ieri dal giudice milanese, che in un certo senso ha “graziato” l’imputato: il reato è stato commesso nel’97 e, quindi, e’ stato costretto a basarsi sulla vecchia norma che riguarda le pubblicazioni e gli spettacoli osceni, e non su quella più severa entrata in vigore nel’98.
Secondo la ricostruzione del Pm Adriana Cassano, xxxxxxx già prima del’95 aveva messo a punto una sorta di banca dati informatica amatoriale (tecnicamente chiamata BBC), contenente materiale pedofilo e intitolata”Ultimo Impero”. Tra il’95 e il’96 xxxxxxx aveva fatto il salto di qualità e aveva creato un vero e proprio sito Internet, “Ultimo impero II”, in cui aveva riversato centinaia di immagini hard tra cui alcune di bambini anche assieme ad adulti. Il sito, a cui ci si poteva collegare senza alcun tipo di password nel’97 era stato scoperto da don Fortunato Di Noto, il sacerdote di Avola (Siracusa).
Da qui la denuncia e poi le indagini che hanno portato ad individuare la società intestataria del sito, (…) Ieri la vicenda si è chiusa con una sentenza, la prima a Milano, che ha visto una condanna a due mesi e una assoluzione per non aver commesso il fatto».
(Don Fortunato Di Noto, 8 ottobre)

















